Referendum- ATTENZIONE A QUEL 41% DI “SI”
C’è una grande ressa per salire sul carro dei vincitori del “NO” ma non c’è da stupirsi.Accade in ogni campagna elettorale una volta avuto il responso delle urne.Si esalta la percentuale della partecipazione al voto e,sommandola alla valanga dei “NO”, se ne deduce che su Renzi,il suo governo e la sua riforma costituzionale si è abbattuta un’onda alta di cui non ha potuto che prendere atto.Sulla sconfitta,dunque, non ci sono dubbi e Renzi l’ha riconosciuta accettandone le conseguenze.Le dichiarazioni fatte a mezzanotte danno alla sconfitta una dignità che di solito è oscurata dal tripudio di chi ha vinto.Di fronte a numeri e percentuali, superata la fase emotiva, alcune considerazioni vanno fatte e scludendo quelle più ovvie.Intanto l’equivoco che oltre 19 milioni di elettori abbiano votato contro la modifica della Costituzione nella consapevolezza degli effetti e dei cambiamenti che comportava. Salvo la perdita del diritto di eleggere i senatori, che era di più facile e immediata comprensione, non era alla portata di tutti entrare nei tecnicismi della riforma. Ovviamente la considerazione vale per le fasce meno acculturate e ,quindi,meno documentate sugli organismi e sui meccanismi della nostra democrazia.C’è chi distingue fra un voto di “testa” e un voto di “pancia” e non vi è dubbio che in quel 60 per cento di NO ci sono i voti di testa e i voti di pancia,intendendo per questi ultimi il malessere sociale che il voto referendario ha intercettato.Del resto non si è fatto mistero che il voto sulla riforma costituzionale era anche un voto su Renzi e il suo governo e quanti non hanno visto risolti i loro problemi hanno riversato nell’urna il loro malessere e la loro sfiducia in chi governa. Nonostante i tentativi fatti, Renzi non è riuscito a tenere disgiunto il governo e la sua sorte dal voto sulla riforma costituzionale. Fatta questa premessa e, assumendo che il voto del 4 dicembre è stato anche un voto contro Renzi in quel 60 per cento,bisogna chiedersi cosa rappresenta il 41 per cento dei SI espressi nell’urna. Semplificando, bisogna chiedersi quanto di quel 41 per cento può essere attribuito a Renzi, al suo governo, al cambiamento da lui proposto.Se si tiene conto che quel 41 per cento equivale a oltre 13 milioni di elettori, quale può essere l’ammontare dei consensi su cui Renzi può fare affidamento una volta lasciato il governo e tornato alla lotta politica? Da escludere il ritiro a una sua “caprera” sulle colline toscane.Del resto Renzi è di fronte alla sua prima seria sconfitta se non si tiene conto delle primarie in cui fu battuto da Bersani. Come pure vanno interpretate le parole pronunciate, nell’immediatezza della sconfitta, dai suoi più stretti collaboratori e cioè l’intenzione di “ripartire” da quel 41 per cento o, se si preferisce, da quei 13 milioni di voti.Il ragionamento sottostante è che, se il 60 per cento ha votato contro Renzi, il restante 40 per cento ha comunque votato in suo favore.Bisogna attendere di vedere cosa accadrà nel PD, lacerato dalle divisioni e dai rancori, per capire come utilizzerà Renzi questo credito politico che nessuno può negargli. Gli abbracci, i salti di gioia,i sorrisi raggianti di D’Alema,Bersani,Speranza visti in TV non depongono al meglio.Una conferma la sia avrà nella direzione nazionale di mercoledi e si capirà come intende reagire Renzi.Ovviamente il credito “elettorale” su cui può fare potenzialmente affidamento non riguarda tutti e 13 milioni di voti per il SI ma certamente Renzi può contare su una quota consistente, sufficiente per dare battaglia nel PD e conservarne la guida oppure, indulgendo ancora una volta al suo amore per il rischio, andare in mare aperto e vedere se ci sono le condizioni per dare vita a quel partito nuovo,della nazione o di altro, al quale non ha mai rinunciato.Soprattutt dopo la sconfitta.