REFERENDUM LOMBARDO-VENETO-SE IL SUD SI ROMPE I COGLIONI….
Poteva essere una cosa seria se, la rivendicazione di poter utilizzare con maggiore autonomia le risorse prodotte nelle due regioni, fosse stata incanalata lungo i percorsi tracciati dalla Costituzione. Ma quando si è visto che l’obiettivo è mettere le mani sul “residuo fiscale”, fra dato e avuto, si è capito che eravamo al solito teatrino della politica nella versione del duo Maroni-Zaia,rispettivamente governatori di Lombardia e Veneto. Un tocco caricaturale, per chi ha voluto vedere analogie, lo ha dato inaspettatamene la vicenda catalana dove un referendum simile a un sondaggio ha dato il via ad un conflitto delicato e serio col governo nazionale spagnolo. E così mentre ci si premurava di assicurare che il referendum padano si svolgeva nel quadro dell’assetto costituzionale,in effetti si alimentavano surrettiziamente pulsioni secessioniste. Riusciva simpatico Umberto Bossi, grande interprete del teatrino della politica,quando si appellava e minacciava 300 mila fucili reperibili in Val Brembana e valli circostanti bagnate dal Po, Zaia e Maroni no.Hanno voluto un referendum che non produce alcun effetto concreto e che risponde a soli fini di propaganda politica, considerato che in Lombardia Maroni va al voto l’anno prossimo.Per di più pare che sia costato fra i 50 e i 70 milioni e i milanesi,che col denaro sono seri e rigorosi,non hanno gradito e hanno disertato le urne.Comunque sia, l’occasione è buona per ricordare ai patiti della secessione che, se il sud si rompe i coglioni, le conseguenze per il sistema economico-produttivo lombardo-veneto, dall’alimentare all’industria, alla sanità non sarebbero di scarsa incidenza.Si ragiona per paradosso,ovviamente, richiamando un pamphlet di Salvatore Scarpino, penna combattente del giornalismo calabrese trapiantato a Milano, edito nel periodo più bellicoso del secessionismo padano in versione bossiana.Erano gli anni in cui a Venezia, con un trattore camuffato da carro armato, si metteva in scena una conquista “militare” dell’indipendenza.Salvatore Scarpino, con l’ironia sapida del meridionale trapiantato al nord, prefigurava scenari in cui i meridionali attuavano, come risposta alla secessione minacciata, una sorta di sciopero dei consumi di prodotti provenienti dal nord. Niente elettrodomestici,niente abbigliamento,calzature,strumentazioni,generi alimentari,cosmetica,concimi per l’agricoltura,accessori per l’auto,giardinaggio e tutto ciò che negli scaffali dei centri commerciali ha provenienza padana. Come risposta scendono in campo, in sostituzione, con i loro apparati produttivi, le città del sud( senza chiudere con Lazio,Toscana ed Emilia), come Napoli, Bari,Palermo, Catania. Una ondata altissima di consumi, la cosiddetta “domanda”, che incrementerebbe esponenzialmente le produzioni con grande indotto occupazionale.Insomma uno sciopero da mettere in tilt l’economia padana che oggi vive e produce grazie ai consumi del meridione che sono i veri mercati di sbocco delle produzioni padane. Il pamphlet di Scarpino è gustosamente più dettagliato perché tiene conto della vocazione dei territori e delle produzioni di riferimento.Un paradosso,certamente, ma non tanto.I milanesi più colti dovrebbero ricordare che al tempo dell’impero austro-ungarico lo sciopero del fumo a Milano, contro l’Austria, ottenne effetti inaspettati.Ma qui la storia non c’entra.Siamo al macchiettiamo della politica italiana e Maroni,col suo personale insuccesso,ha fatto la sua figura.Complimenti e ad maiora.