DA ROMA ALLA CALABRIA L’AGONIA MASOCHISTA DEL PD…

DA ROMA ALLA CALABRIA L’AGONIA MASOCHISTA DEL PD…

L’’immagine che viene in mente è quella del pugile stretto nell’angolo a incassare , incapace di sottrarsi ai colpi e di tornare al centro del ring.

Il sit-in davanti Montecitorio per protestare sulla conduzione della legge finanziaria è stato un  flop ,vista la partecipazione veramente esigua.Il fatto poi che lo stesso Zingaretti, dato per favorito alle primarie, non si sia fatto vedere offre una chiave di lettura che conferma lo sbandamento del PD.

Le primarie e il congresso, a quanto pare, interessano soltanto i gruppi dirigenti ai vari livelli, cominciando da Roma fino alle periferie estreme.La base,dove c’è, non ha voce.

Qualche circolo,eroicamente, cerca di riprendere i contatti con la gente, con l’opinione pubblica, propone temi di attualità che però non fanno breccia.L’indifferenza colpisce più a fondo degli abbandoni.

Eppure il quadro politico offrirebbe infiniti spunti per tornare a parlare fra la gente, senza con ciò abbandonare i talk show televisivi  di cui non va sottovalutata l’influenza. Ma bisognerebbe  avere qualcosa da dire, da proporre  mentre il governo  in carica perde colpi e credibilità.

Non è dato sapere quanto alta sia la voce del PD sui social  a spiegare le ambiguità della legge finanziaria e le conseguenze che si avranno da qui al 2021 sempre che il governo Lega -5Stelle resti in carica. Ma i social non basterebbero comunque , come teatro di discussione e confronto, rispetto ai luoghi tradizionali ,mercatini o fabbriche, uffici o piazze, università o stadi , semafori o strade . Comunque luoghi dove si incontra la gente vera che, a parte l’incognita dell’algoritmo, le sue scelte politiche le fa sulla base delle informazioni che riceve  e sul giudizio che ne ricava.

E mentre Di Maio e Salvini-più di Maio di Salvini-cominciano a mostrare la corda della propaganda come arma impropria per coprire le difficoltà e le marce indietro del governo su obiettivi essenziali della loro campagna elettorale il  PD, a parte le schermaglie  in parlamento, non riesce a mobilitare quel che rimane delle articolazioni territoriali. Sia pure per provare a ricostruire un rapporto con i cittadini che da tempo non esiste più. Né un manifesto,né un volantino a spiegare la portata e gli effetti reali delle decisioni governative sia per quanto riguarda i conti in sospeso con l’Unione Europea, sia  per quanto riguarda le promesse fatte in campagna elettorale e che ora debbono misurarsi con la realtà , sia per quanto riguarda le regole della formazione delle leggi letteralmente travolte  dall’assenza  di dibattito parlamentare e dall’imposizione del voto di fiducia.

La fase di stallo del partito a Roma  si riflette sulle realtà locali ,tramortite più che dal voto del 4 marzo dalla inconsistenza e bassa qualità dei gruppi dirigenti locali formatisi intorno alle postazioni di potere che determinano le carriere e alimentano le clientele elettorali.

In Calabria il PD è in stato catatonico e non per la vicenda giudiziaria che ha coinvolto Oliverio al quale, per altro, è stata riservata una solidarietà di circostanza affidata a poche righe stucchevoli  della liturgia che segue quando  la magistratura mette sotto schiaffo la politica e i suoi maneggi.

Tacciono tutti , da Cosenza a Reggio, i feudatari che hanno tenuto in ostaggio il partito  in questi anni, passando da bersanian-dalemani a renziani di fede e di convenienza ,salvo i  frammenti sparsi riconducibili ai Franceschini, agliOrlando, ai Gentiloni e a  qualcun altro di minor peso .

Oliverio tace ora, con l’obbligo di dimora, ma taceva anche prima della tempesta giudiziaria che ha decapitato governo e alta dirigenza regionale.Tacciono i segretari provinciali , i presidenti di circolo, i sindaci eletti grazie ai voti del PD.Continuando così,  ai gazebo delle primarie si dovranno ingaggiare delle “comparse” per poter accreditare una partecipazione che non si vede da che cosa dovrebbe essere richiamata.

E’ pur vero che il partito resta ostaggio di Matteo Renzi, almeno per quanto attiene ai gruppi parlamentari, ma questo non giustifica l’ignavia  politica di chi  nel PD  ha nelle mani la possibilità di una rinascita  insieme al rischio reale della sua scomparsa.