I NIPOTINI DI STALIN PARAGONANO OLIVERIO A SOLGENITSIN E FANNO DI CALLIPO UN COLLUSO CON LA MAFIA
Chi l’avrebbe mai detto Gerardo Mario Oliverio come Aleksandr Solgenitsin, lo scrittore di “Arcipelago Gulag”, figura simbolo legata ai campi di concentramento inventati dalla giustizia politica del regime comunista ! Come dire San Giovanni in Fiore ridotto a “gulag” perchè domicilio obbligato di Gerardo Mario a seguito di misura cautelare della magistratura inquirente e Zingaretti reincarnazione di Giuseppe Stalin ? C’è un po’ di esagerazione comunque la si voglia vedere, con buona pace dell’affezionatissima deputata PD, Bruno Bossio.
Ci sembra di capire che se il PD e Zingaretti avessero ricandidato Oliverio i gulag e Solgenitsin non sarebbero stati scomodati. Ma può accadere che, nel fervore della lotta politica, si perda il senso della misura e del buon senso arrivando appunto a configurare scenari politicamente apocalittici.
Se di stalinismo si vuole parlare,restando nel campo di Oliverio e della Bruno Bossio e delle loro dichiarazioni, tipicamente da stalinisti è sporcare l’immagine del dissidente o dell’avversario politico per delegittimarlo ed eliminarlo dalla scena politica.Sia Oliverio che la Bruno Bossio, nipotini di Stalin, hanno fatto in tempo a vivere e ad essere protagonisti di “processi stalinisti” intentati a danno di chi manifestava dissenso o non sottostava, negli anni 70, alle indicazioni del partito.Se la memoria non inganna, a subire un processo stalinista fu Sergio De Iulio, docente universitario presidente del CRAI (Consorzio Regionale Attività Informatiche ) reo di non seguire le indicazioni del partito nella gestione del consorzio finito poi come sa bene la Bruno Bossio.
Ma c’è un episodio più recente di stalinismo “demolitorio” contro l’avversario politico ed è la macchina del fango messa su dalla consorteria di Oliverio nel momento in cui è stato messo sul tavolo delle candidature del centrosinistra l’imprenditore calabrese Pippo Callipo.Sia Oliverio che la Bruno Bossio hanno evocato la dichiarazione di un pentito che, secondo la loro interpretazione delle parole del pentito, faceva di Callipo un imprenditore colluso con una famiglia mafiosa del vibonese che “proteggeva” le sue aziende. Gli atti processuali chiariscono che la “vicinanza” alla cosca denunciata dal pentito era la “ vicinanza” della vittima al suo carnefice.
Ma c’è di più nelle carte processuali e nelle intercettazioni dei “pentiti” e cioè viene fuori che, ribaltatosi l’equilibrio fra le cosche vibonesi, la cosca vincente, per piegare Callipo a pagare il pizzo , dopo avere sparato alle porte delle sue aziende senza ottenere nulla, arriva a ipotizzare il rapimento del figlio che studia a Roma o ,in alternativa, spezzargli le gambe.Il “ pentito” Michienzi,dopo essersi accusato di intimidazione ai danni di Callipo,eseguita su indicazione di Domenico Bonavota per il tramite di Vincenzino Fruci, così si esprime in una intercettazione:”Questo qua (Callipo ndr) non si rivolge né niente….lui ai Mancuso li aiuta…potrebbe aiutare anche noi…per aiutare intendo ESTORSIONE va…!!”.Secondo Michienzi il ragionamento che facevano le cosche era questo:” Adesso facciamo qualche altro dispetto…Mo’ ci informiamo che ha un figlio all’università a Roma…ci informiamo dov’è…mandiamo qualcuno….saliamo…o gli SPEZZIAMO LE GAMBE oppure facciamo una telefonata al padre e gli diciamo:”Sappiamo l’indirizzo di tuo figlio…vedi che devi fare….” Però (precisa Michienzi) non so se questa cosa l’hanno fatta””.E ancora Michienzi così racconta quel che diceva di Callipo il boss Domenico Bonavota:””Questo (Callipo ndr) è uno tosto…che non molla…che non paga.Però noi sappiamo che ha un figlio a Roma che studia…dobbiamo vedere solo dov’è..che gli tocchiamo il filo e poi vediamo se capisce””.
Questa la “vicinanza” di Pippo Callipo alle cosche del vibonese dove opera con le sue aziende.
Tornando allo “stalinismo”, fra le grida di dolore che si alzano al cielo contro Zingaretti, in difesa di Oliverio-Solgenitsin, si distingue il segretario provinciale del PD di Cosenza, commissariato per le sue posizioni scissioniste in combutta con Oliverio-Solgenitsin. Ma qui Stalin non c’entra e va considerato un atto dovuto da parte del segretario di federazione, un atto di gratitudine e di riconoscenza,come per tanti altri con cariche di partito che, inquadrati nelle strutture di supporto alla giunta e al consiglio, hanno beneficiato economicamente della generosità di Oliverio-Solgenitsin .Bisogna umanamente capire e comprendere ma ,per decenza più che per pudore, lasciamo riposare in pace Solgenitsin.Il ridicolo, presidenza della giunta a parte, teniamolo alle nostre latitudini.