IL FALLIMENTO DELLE REGIONI…

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IL FALLIMENTO DELLE REGIONI

Alla fine della dolorosa giostra della pandemia, che al momento accelera e non rallenta, una riflessione critica sulle Regioni per come si sono rivelate inadempienti in relazione alle misure da programmare e alle iniziative da prendere per contrastare il virus, andrà fatta.E non nei consigli regionali e nemmeno in parlamento così come oggi è composto per competenza, esperienza  e cultura  di governo.

Vi sono palazzi che contano e che agiscono al riparo delle incursioni mediatiche, dei retroscena il più delle volte inventati, con inquilini lontanissimi da apparizioni e ospitate nei talk show televisivi, occupati a governare il Sistema-Paese in tutte le sue componenti e con un occhio particolare agli interessi e alle relazioni internazionali.

Orbene è da ritenersi che in questi palazzi, dove si coltivano le relazioni istituzionali al più alto livello, è maturato l’incontestabile convincimento che i poteri e le competenze trasferiti alle Regioni con la riforma del titolo quinto della Costituzione costituisca il più devastante vulnus  al  sistema di garanzie e di servizi che lo Stato è chiamato a garantire ai suoi cittadini. La salute innanzitutto.

Le conferme del fallimento delle Regioni nel loro ruolo istituzionale di garantire determinati servizi fondamentali per la qualità della vita di una comunità vengono fuori in tutta la loro evidenza in questi giorni di pandemia galoppante che ha messo in ginocchio, da nord a sud, l’intera rete ospedaliera nazionale con situazioni di maggiore gravità in regioni fragili come la Calabria che, nonostante il contenuto livello dei contagi in valori assoluti, è fra le regioni a più alto rischio di clausura (lokdown) in dipendenza della carente,inadeguata e amministrativamente devastata organizzazione delle strutture sanitarie.

Ma se la Calabria rischia per una arretratezza che ha ragioni antiche , la ricca e progredita Lombardia,insieme a Piemonte,Toscana e in misura diversa le altre regioni pagano il prezzo della loro inefficienza e della loro incapacità a cogliere la gravità della pandemia e delle misure necessarie per contrastarla. Le direttive del governo nazionale ponevano alle regioni, in proporzione ai rispettivi territori e  popolazioni, l’obiettivo di 3.450 posti di terapia intensiva e 4.200 di sub-intensiva a fronte dei 1.300 realizzati.Dovevano essere assunti 81.000 fra medici,infermieri e operatori sanitari a fronte dei 33.800 assunti con contratti a termine. Dovevano essere formati per tempo gli addetti ai tamponi e alle USCA ,le unità di assistenza continuativa.Erano persino previsti gli infermieri di quartiere ma i finanziamenti, come denuncia in Calabria il consigliere regionale PD Carlo Guccione,restano inutilizzati.Stesso discorso per gli adempimenti previsti in relazione all’apertura delle scuole ed al servizio del trasporto pubblico.Un fallimento totale dove è difficile stabilire se ha giocato di più l’incapacità o l’irresponsabilità. E c’erano Regioni, come Lombardia, Veneto ed Emilia che volevano maggiore autonomia per potenziare, a loro dire, la qualità  dei servizi, in primis la sanità.

Ora, con la viltà tipica della politica senza vergogna, cercano di caricare al governo nazionale la decisione delle restrizioni , l’individuazione delle zone rosse e le chiusure da coprifuoco per le attività di maggior rischio. Non intendono cioè affrontare la reazione dei cittadini e le proteste di piazza pur nell’evidenza inconfutabile che in materia di sanità le Regioni hanno sempre rivendicato la piena competenza.

Ora siamo al gioco del cerino con il governo nazionale che affida alla responsabilità delle Regioni l’adozione di misure  più restrittive in base alla gravità delle situazioni mentre le Regioni, per non doverne rispondere, chiedono che sia il governo centrale a decretare e, quindi, a prendersi la responsabilità politica delle chiusure e dei provvedimenti di sbarramento al virus. Lontani i tempi in cui chiedevano più poteri decisionali perché a diretto contatto con i territori e i problemi da risolvere.Un opportunismo penoso e politicamente vile che rivela il profilo e lo spessore politico di chi governa le Regioni.

E’ una resa all’evidenza della loro incapacità a governare settori delicatissimi come sanità, scuola e trasporti . Se, alla fine della pandemia, la sanità tornerà nella competenza del governo nazionale troveremo una ragione di conforto ai disagi,  ai sacrifici, alle rinunce e alle paure che abbiamo dovuto affrontare.