La nomina d’urgenza, avvenuta nel Consiglio dei Ministri di ieri sera, del dott. Zuccatelli come nuovo Commissario governativo alla sanità in Calabria, pur riconoscendo il tempestivo intervento del governo volto ad allontanare il precedente Commissario dopo la sua fallimentare gestione biennale e la sua inaccettabile intervista televisiva, non ci può tuttavia tranquillizzare e soddisfare né nel merito della scelta né, e ancor più, per la ripetizione di un metodo, cioè quello del commissariamento attraverso un plenipotenziario, che, come proverò a spiegare, per 10 e lunghi anni ha già ampiamente dimostrato i suoi insormontabili insuccessi e limiti. Avvertiamo questa preoccupazione come operatori sanitari, come rappresentanti ordinistici e come cittadini di questa regione e vogliamo, con questo appello, rendercene umilmente portavoce a nome di tutti, a maggior ragione per la nuova emergenza sanitaria, causata dalla ripresa minacciosa dell’epidemia, che unitamente alle croniche insufficienze del sistema sanitario calabrese sta mettendo in pericolo la salute e la vita della popolazione calabrese, anche per le gravi e negative ripercussioni sul mondo del lavoro, sulla vita quotidiana di giovani, adulti, anziani, sulle relazioni sociali.
Venendo al merito della scelta, senza nulla togliere ai meriti professionali e all’onestà personale dell’interessato: a) è davvero singolare la nomina, in una situazione di acuta emergenza che ha fatto dichiarare la Calabria come zona rossa, cioè a massimo rischio, di un soggetto contagiato che si trova in isolamento in un’altra regione (lunedì, come urgente e necessario, potrà raggiungere la sua postazione di lavoro?) b) perché scegliere una figura già coinvolta a livello provinciale nella gestione commissariale fallita e, soprattutto, un candidato (non eletto) alle politiche del 2018 nelle file di un partito di maggioranza , che garanzie di imparzialità egli può offrire in prossimità delle elezioni regionali che si terranno nei primi mesi del 2021 e che saranno fortemente influenzate dalle consistenti quote di voto collegate all’esercizio del potere nel sistema sanitario, che impegna i ¾ del bilancio regionale? c) pur riconoscendo, lo ribadiamo, il suo apprezzabile curriculum come manager in campo sanitario, come si fa a nominare come commissario, in tempi di lotta drammatica al Covid, in quanto esperto del settore della salute un uomo che, come certi sciagurati uomini politici e star dei massmedia, ha ironizzato volgarmente sulla necessità della mascherina? A che valgono ora le sue scuse, per un cittadino incompetente potrebbero bastare, mentre per un esperto non sono di certo sufficienti, tenendo conto che la virulenza della seconda ondata dell’epidemia è stata causata anche dai comportamenti scriteriati di tanti italiani, illusi e fuorviati da questo tipo di considerazioni del tutto gravi ed errate.
Venendo alla nostra insoddisfazione sul piano del metodo, occorre partire da un bilancio, quello che tutte le forze politiche si rifiutano di fare, che riguarda 10 e più anni di commissariamento della sanità a livello regionale. Da questo punto di vista, la gestione del generale dei Carabinieri ha forse toccato il punto più basso, eppure è suo merito, per quanto amaro sia dirlo, quello di aver portato sotto gli occhi dell’intero paese il fallimento della decennale gestione commissariale. L’elenco dei commissari è lungo…ricordiamo Spaziante,Pezzi,Scura ecc….. e non sarebbe neppure giusto equipararli in modo indifferenziato, fra di loro c’è chi ha fatto qualcosa di buono e chi meno, e chi quasi per nulla. Altrettanto lungo è l’elenco dei governi nazionali che li hanno nominati (Berlusconi-Monti-Letta-Renzi-Gentiloni-Conte 1, con5Stelle e Lega, Conte2, con 5 Stelle e PD), come pure diversi sono stati in questo stesso periodo le giunte regionali in carica (innanzitutto quelle a guida Scopelliti e poi Oliverio, il primo di centrodestra, il secondo di centrosinistra, con le parentesi Loiero e Santelli), che hanno dialogato o polemizzato con il sistema commissariale senza produrre alcun apprezzabile risultato. A quanto pare, i politici regionali erano soddisfatti degli spazi di manovra clientelare, sebbene ridotti, rimasti comunque nelle loro mani, mostrandosi per il resto del tutto privi di qualunque capacità di iniziativa, mobilitazione e proposta politica volta a risolvere i problemi della sanità regionale sul piano strutturale, organizzativo, gestionale, finanziario, lavorativo. Anche per gli assessori e presidenti della regione Calabria non sarebbe equo ritenere tutte le esperienze parimenti negative, come non sarebbe giusto rifiutare quanto di buono c’è stato nell’intenzione di vari governi italiani di contrastare la gravissima infiltrazione mafiosa nella sanità calabrese (soprattutto nel periodo successivo all’omicidio del consigliere regionale Fortugno del 2006, che mostrò tragicamente tutta l’aggressività della criminalità organizzata e la sua volontà di infiltrarsi nel mondo sanitario e nei suoi affari), come pure nel tentativo di contrastare l’eccessivo indebitamento del settore, puntando al suo risanamento economico. Tuttavia, alla prova dei fatti, la prospettiva antimafia e quella ragionieristica hanno entrambe fallito, come confermano le inchieste e i processi in corso e il bilancio sanitario ancora pesantemente in rosso.
L’effetto finale di queste inadempienze è sotto i nostri occhi: la salute dei cittadini, un bene primario costituzionalmente valorizzato e protetto, è tuttora una merce di scambio politico-economico; il sistema sanitario è gravemente deficitario e inadeguato, in quanto è inteso principalmente come strumento di consenso elettorale, di distribuzione di risorse finanziarie, di arricchimento privato, senza attenzione al bene pubblico (e, in questo quadro, anche alle finanze pubbliche, che ne costituiscono un aspetto dell’interesse generale e non il presupposto); la presenza mafiosa è tutt’altro che debellata. In questo clima, la stucchevole disputa sulla zona rossa si o no rischia, ancora una volta, di deformare il quadro generale dei problemi e di allontanarne la soluzione, producendo confusione, disinformazione, divisioni. E’ chiaro ad ogni osservatore informato, onesto e non di parte, che, sebbene l’indice dei contagi nella nostra regione non sia (per il momento e speriamo che tale resti) così elevato come in altre aree del paese, tuttavia il livello di precarietà, sottodotazione e disorganizzazione delle strutture sanitarie impone misure assai severe, per il bene della popolazione e in particolare dei più deboli.
Ma questi sacrifici necessari saranno vanificati senza un progetto complessivo e rigoroso di risanamento e rilancio dell’assistenza sanitaria in Calabria, altrimenti la condizione del sistema peggiorerà ulteriormente, i cittadini continueranno a soffrire ingiustamente e magari, una volta sconfitto il covid, faremo finta di dimenticarcene, salvo strapparci di nuovo i capelli alla prossima emergenza, e nel frattempo continueremo a sostituire commissari incapaci di raggiungere i traguardi sbandierati, come si fa con gli allenatori nelle squadre di calcio.
Ecco il punto decisivo sul piano del metodo: è inadatto l’approccio generale, che ha portato a elaborare e ripetere, senza mai confrontarsi con i riscontri negativi provenienti dalla realtà oggettiva, il metodo della nomina di un plenipotenziario del governo e del ministro della sanità di turno (e del suo partito), affidandogli un mandato ispirato da una visione unilaterale e comunque ristretta, rispetto alla complessità del problema. Il modello del commissario-uomo solo al comando è sbagliato (bel al di là del merito che ha portato alla nomina di Zuccatelli) perché non tiene nel debito conto gli aspetti e le conoscenze di natura costituzionale, organizzativa, strutturale, manageriale, professionale che, insieme alla rigorosa e intransigente applicazione dei principi di legalità e di trasparenza amministrativa, sono fondamentali per gestire, ripianare il deficit, rinnovare veramente e senza retorica il complesso mondo della sanità pubblica e privata in Calabria.
La via maestra sarà il ritorno della politica e amministrazione sanitarie nelle mani dei rappresentati eletti dal popolo sovrano nell’assemblea regionale, ma questa via non appare ancora matura, sia per la fase difficile di transizione che la regione sta vivendo dopo la prematura scomparsa della Governatrice eletta in gennaio, sia, e dispiace affermarlo, per la evidente inadeguatezza della classe politica regionale, e quindi il governo nazionale è chiamato ad assumersi fino in fondo la responsabilità di voltare pagina. E di farlo non tanto con un altro commissario o, per lo meno, non soltanto con lui, ma nominando al suo fianco una vera e propria taskforce, reclutata tra le migliori competenze disponibili nel paese, che agisca in fretta, in perfetta autonomia dai condizionamenti politici, che sia capace di svolgere la sua funzione unicamente per l’interesse comune, senza favorire nessuna delle parti che competeranno nella imminente contesa elettorale regionale. Un gruppo di lavoro dotato dell’autorevolezza e della capacità operativa necessaria, nei diversi campi del complesso mondo sanitario pubblico e privato, per avviare ed impostare finalmente un autentico risanamento, che passi poi la mano ai politici eletti sul territorio, affiancandoli magari per il tempo ancora necessario. E’ una soluzione di buon senso, che potrebbe mettere in moto una vera e propria rete di iniziative innovatrici, avvalendosi sia del contributo delle molte figure di qualità presenti in Calabria tra gli operatori sanitari, oggi sottovalutate o sottostimate, sia delle esperienze eccellenti nel mondo dell’associazionismo socio-sanitario calabrese, riconosciute e apprezzate anche fuori regione. Esistono soluzioni migliori? Ben vengano, ma basta con le soluzioni di comodo e di facciata che possono far pensare addirittura a volontà coloniali. Ma qualcuno ci ascolta? Chi ascolta il grido di dolore che sale dai cittadini spesso privi delle cure necessarie, sia per il Covid ma ancor più per tutti gli stati di malattia, e dai tanti medici ed operatori sanitari che lavorano con competenza e generosità anche oltre i loro doveri contrattuali?
Eugenio Corcioni
Presidente dell’Ordine dei Medici e degli
Odontoiatri della provincia di Cosenza