QUEI VOTI A TALLINI CHE NON SORPRENDONO….
All’alba del 19 novembre a casa di Domenico Tallini, presidente del consiglio regionale e politico di lungo corso con ultimo approdo in Forza Italia, non ha suonato nè il lattaio, retaggio del passato rurale, né il ragazzo che lascia il giornale come si vede nei film americani. In Italia e soprattutto in Calabria, se all’alba suonano al citofono, è consigliabile pensare subito a una borsa e a cosa portarsi dietro di indispensabile.
A Tallini è stata opportunamente risparmiata la scena dell’arresto e della macchina della polizia che lo porta via ma gli arresti domiciliari non attenuano minimamente la gravità delle ipotesi di reato a suo carico: concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio sempre mafioso.Tallini non è il primo e purtroppo non sarà l’ultimo ma, al momento, deve valere anche per lui la presunzione di innocenza ed attendere che la magistratura dimostri la fondatezza delle accuse facendo verità e giustizia.
Può sembrare ipocrita richiamare la presunzione di innocenza, vista la considerazione pessima di cui gode la rappresentanza politica ma lo Stato di diritto vive di regole ed anche Domenico Tallini è cittadino del nostro Stato di diritto.
Fatta questa premessa bisogna avere la franchezza e l’onestà intellettuale di riconoscere che il caso Tallini non è che l’ulteriore conferma dell’influenza e del controllo politico-elettorale che l’antiStato esercita sulle istituzioni e sullo svolgimento delle consultazioni elettorali. Tallini è un politico navigato, siede nelle istituzioni elettive da quando militava nell’MSI, è stato consigliere comunale a Catanzaro per lunghi anni, costruendo la sua irresistibile ascesa verso la presidenza del consiglio regionale conquistata alla sua quarta legislatura. Nelle regionali del 2014, che sono lo scenario del voto di scambio, raccolse 11 mila preferenze e in quelle del gennaio 2020 oltre 8 mila. Circa la sua statura politica parlano per lui gli interventi in consiglio regionale, gli scivoloni iniziali della sua presidenza sulla reintroduzione dei vitalizi e la conduzione confusa dell’aula ,contestato dall’opposizione che nell’ultima seduta ha abbandonato l’aula per protesta.Quanto a stile politico, Tallini resterà nella storia del consiglio regionale per il suo eloquio fortemente connotato dallo slang popolaresco dei vicoli catanzaresi.
Ma nella vicenda della sua incriminazione più che sulla posizione personale penalmente rilevante che nella vicenda coinvolge anche il figlio, gli interrogativi vanno posti sul voto di scambio, sul meccanismo che consente di trasferire su un candidato una quantità tale di voti da farne il primo eletto in assoluto. La gente comune, lontana dalle logiche e dalle contrattazioni di una campagna elettorale, è portata a ritenere che l’influenza della criminalità sull’esito del voto viene esercitata attraverso l’intimidazione e la violenza. E’ anche possibile, in parte, ma il controllo in cabina elettorale è difficile anche per le cosche mafiose. Perchè poi ricorrere a intimidazioni e violenze ? I voti basta comprarli con i soldi che certamente alla mafia non mancano o con promesse ,certamente più credibili di quelle dei galoppini elettorali e degli stessi candidati.Per le famiglie mafiose una campagna elettorale è una questione di “affari”, di “business”, di interessi da difendere e profitti da realizzare. L’appartenenza politica dei candidati è relativa, a volte irrilevante, conta il potere di cui dispone o di cui può disporre.La tendenza delle famiglie mafiose è quella di avere candidati propri, se non “affiliati” o “pungiuti”, certamente contigui per amicizia e fiducia consolidata, comunque interessi comuni e convergenti.
Negli ambienti politici e dintorni a Catanzaro tutti sapevano che gli 11mila voti di preferenza non certo riconducibili alla sua figura di statista, al suo impegno politico,ai risultati del suo lavoro isituzionale di assessore, al suo profilo politico-culturale. E’ stato sempre un “politico da marciapiede”, specializzato nell’assistere i suoi elettori e affini alle prese con i problemi della quotidianità, dalla bolletta enel alla lista di attesa per una tac. E’ grazie a questo lavoro al servizio del cittadino comune che ha potuto pascolare per decenni nel consiglio comunale di Catanzaro.Poi è venuta la Regione e , con l’incarico di assessore, il salto di qualità. E’ passato alla caccia grossa, alla politica e al potere che “ paga” nel senso più limaccioso e compromettente del termine. Ora la caduta dagli altari della politica alla polvere degli arresti domiciliari. Un “dèjà vu “ nella Calabria “saudita”.