REGIONALI:LE MEZZE CALZETTE DEL VOTO DI SCAMBIO…..

 

REGIONALI : LE MEZZE CALZETTE  DEL VOTO DI SCAMBIO….

Ci mancava la crisi di governo a livello nazionale per complicare ulteriormente le possibili alleanze per la campagna elettorale calabrese. Le complicazioni, in verità, c’erano già e  non ci sono stati passi avanti. Per di più, a peggiorare la situazione o almeno a ingarbugliarla ulteriormente,  è intervenuto il coinvolgimento di Riccardo Tucci,  coordinatore per il M5Stelle delle trattative elettorali, in una vicenda giudiziaria che lo ha costretto a lasciare il campo. La conduzione delle trattative è passata,quindi, a Giuseppe Giorno che ha subito lasciato cadere la candidatura di Massimo Misiti e si è fatto promotore di un incontro che dovrebbe vedere allo stesso tavolo Carlo Tansi e Luigi De Magistris, entrambi ritenuti espressione dei movimenti civici, in dichiarato antagonismo con i partiti tradizionali.

Il PD ,invece, resta incagliato  nei tatticismi del commissario Graziano al quale qualcuno dovrebbe spiegare che il Pd è così mal ridotto in Calabria che la presunzione di voler esercitare una leadership agli incontri sulle candidature si presenta quanto mai velleitaria. Graziano, e dietro di lui Oddati, ha avuto tutto il tempo di liberare il partito dai notabili che lo tengono in ostaggio da decenni e che, di sconfitta in sconfitta, lo hanno portato alla quasi irrilevanza politica. Tant’è che al botteghino delle scommesse danno il centrodestra vincente con ampio margine.

Da qui la considerazione che ,seguendo gli schemi della vecchia politica e di una leadership “piddina”, che non esiste più, né nei numeri né  nel giudizio dei calabresi, si va comunque a sbattere. Né il PD può pensare di assegnarsi una leadership  sparando scomuniche e anatemi a candidature che non siano espressione del suo tutoraggio.

Se con Carlo Tansi e il movimento civico “Tesoro Calabria” ci hanno provato nel tentativo di ingabbiarlo in un ruolo subalterno o comunque gregario, alla candidatura di Luigi De Magistris hanno subito reagito con preoccupazione e malanimo, trasferendo in Calabria le polemiche e gli attacchi portati dal PD di Napoli  a De Magistris,reo di aver conquistato la guida della città per due  mandati facendo a meno del PD. Non sia mai detto, la “ditta” è la “ditta” e non bisogna mai osare di poterne fare a meno anche se oggi nel PD prevalgono i democristiani di ieri. Oltre  che a richiamarsi agli odi di Napoli  i politici calabresi del PD, in primis il già democristiano Domenico Bevacqua oggi capogruppo alla Regione,  hanno impugnato l’arma etnica del candidato che deve essere calabrese ,come i fichi secchi e la ‘nduja, a conferma che deve essere espressione di quel sistema di potere, di notabilato, di apparati e di clientele che da decenni, a tutela delle rendite di posizione, tiene bloccata la Calabria al sottosviluppo e all’arretratezza.

Ora si dà il caso che questa competizione elettorale, determinata dalla scomparsa di Jole Santelli, cade in un momento particolarissimo in cui è in gioco non solo il futuro della Calabria ma di tutto il Mezzogiorno. L’Unione Europea, per sue autonome valutazioni innestate  al ruolo che l’Europa è chiamata  svolgere sullo scacchiere internazionale e nel Mediterraneo , sostenendo e potenziando la ripresa economica dopo i danni arrecati ai Paesi membri dalla pandemia, nel concedere consistenti finanziamenti all’Italia, compreso uno a fondo perduto di circa 70 miliardi, ha vincolato la concessione di queste risorse all’attuazione  di investimenti finalizzati  ad azzerare i differenziali  economici, sociali, reddituali, infrastrutturali e occupazionali  che dividono l’italia in due. C’è  un Nord produttivo, infrastrutturato con servizi efficienti e in un Sud  assistito, terziarizzato, senza apparato industriale, senza infrastrutture, con servizi di bassa efficienza e qualità , utilizzato pressocchè prevalentemente a sostegno della cosiddetta “domanda Interna”, ovvero area di consumo  delle produzioni della parte industrializzata  favorita dagli investimenti dei governi nazionali. Una vecchia storia che ci portiamo dietro da decenni e che ha dato vita all’irrisolta  “questione meridionale”.

La competizione elettorale non potrà pertanto non svolgersi che su questi temi e sull’obbligo del governo nazionale, quale che sia, di rispettare le indicazioni dell’Unione Europea circa l’area geografica in cui concentrare le risorse e cioè il Mezzogiorno.Una battaglia per la quale le mezze calzette del voto di scambio ed i notabili dalle rendite di posizione dovrebbero essere lasciati a casa. Almeno per un giro.