Partendo dalla impegnativa affermazione del commissario Longo e mettendo insieme quanto è stato scritto fino ad oggi, a partire dal libro-inchiesta di Badolati e Sabato, c’è abbastanza materiale per chiedersi cosa bisogna fare e da dove si deve cominciare per restituire ai calabresi il diritto alla salute e un servizio sanitario in linea con gli standard qualitativi delle strutture ospedaliere del centro-nord. Sappiamo che della spesa sanitaria corrente fanno parte circa 300 milioni di euro versati agli ospedali del nord per i calabresi che anche per piccoli interventi decidono di curarsi fuori regione nonostante i disagi impliciti e l’onere dei costi di trasferimento.
Badolati e Sabato dichiarano, presentando in tour il loro libro-inchiesta, la cui vendita è devoluta in beneficenza,di voler suscitare l’indignazione dei calabresi per avviare una protesta pacifica dal basso per mettere fine a sprechi, omissioni, ruberie , imbrogli e malaffare diffuso. Ed è a questo punto che viene spontanea la domanda come si fa a bonificare e “sanificare “la sanità se non si rimuovono e si neutralizzano gli artefici e i responsabili, ai vari livelli, del disastro sanitario.
Sappiamo i danni, sappiamo degli imbrogli, dei bilanci che non si possono approvare perchè manifestamente falsi, sappiamo che le ASP nascondono debiti fuori bilancio di svariati milioni, di contenziosi nati nella certezza di soccombere giudiziariamente e, una volta condannati al pagamento, non ottemperare facendo maturare interessi da capogiro.Sappiamo di milioni non spesi per fronteggiare la pandemia ma non sappiamo dove sono finiti e come sono stati utilizzati.Sappiamo che erano state stanziate le risorse per l’acquisto di ventilatori polmonari ma non sappiamo che fine hanno fatto i milioni di euro visto che i ventilatori non risultano acquistati.Peggio se acquistati e non utilizzati. Sappiamo che a fronte della riduzione del personale medico e paramedico andato in pensione andavano emessi i bandi per l’assunzione di nuovo personale ma i bandi non sono mai venuti fuori. Meno che mai l’aumento dei posti in terapia intensiva. E potremmo continuare attingendo al libro di Badolati e Sabato senza però poter arrivare ai responsabili, cioè nome e cognome, del disastro sanitario.Secondo un vecchio detto popolare sappiamo i peccati ( le malefatte) ma non i peccatori ( i responsabili delle malefatte).
E dire che in più di 10 anni la Regione ha pagato alla KPMG, che ha il compito di monitorare la spesa sanitaria, circa 11 milioni di euro ma non è dato sapere con quali risultati visto il disastro dei conti e dell’organizzazione sanitaria. Ma nomi e cognomi niente.Come per l’elisoccorso con base a Cosenza che costa alle casse regionali un milione di euro al mese e che veniva dato in manutenzione mentre è risultato attivo , non si sa come, nel Lazio ad effettuare interventi mentre Cosenza e provincia restavano scoperte. Anche qui nessun nome di chi ha gestito l’appalto, firmato il contratto e concesso le proroghe. E’ la “Calabria saudita “che i calabresi hanno imparato a conoscere a loro spese e che nuove formazioni politiche , espressione di una Calabria non rassegnata,si propongono di smantellare o almeno disarticolare col voto regionale di ottobre.
Eppure non dovrebbe essere difficile ad una squadra di tecnici competenti, guardia di finanza in primis, ricostruire la contabilità di 20 anni rilevando da ogni atto amministrativo la firma di chi lo ha convalidato dandogli o non dandogli esecuzione. Se sono state pagate le stesse fatture due o tre volte qualcuno deve aver firmato i mandati di pagamento.Se gli atti sono spariti alla Regione forse si trovano negli archivi delle banche. Se i bandi per assumere medici e paramedici non sono stati indetti qualcuno, con nome e cognome che doveva farlo, da solo o insieme ad altri, ci deve essere. Per dirla tutta se non vengono fuori i nomi non c’è possibilità di bonifica e di sconfitta del malaffare. Le denunce debbono avere un seguito, per accertare i profili di responsabilità e rimuovere il marcio dove c’è e, dove il marcio non c’è , ma negligenza, incompetenza ,inadeguatezza e sudditanza a poteri oscuri rimuovere i responsabili.
Questo forse doveva e poteva fare il supercommissario Longo da buon super-poliziotto ma non risultano iniziative in questa direzione se non la rassegnata e pilatesca affermazione all’antimafia che la sanità calabrese è infiltrata da mafia e massoneria deviata. E’ pur vero, come ha fatto rilevare la Corte Costituzionale, che al supercommissario andava dato anche il personale tecnicamente attrezzato per fare pulizia nella contabilità per il rientro dal debito e che primo requisito essenziale deve essere l’estraneità dei prescelti al contesto politico-burocratico calabrese. Prima di lui Nicola Gratteri, quando la Calabria si copriva di ridicolo e di vergogna nelle trasmissioni televisive dedicate all’emergenza sanitaria, ammoniva che non c’era commissario al mondo che poteva rimettere in sesto la sanità calabrese, liberandola dal malaffare ,dai debiti occulti,dalle rendite di posizione,dall’intreccio limaccioso con la politica se, ad affiancare il commissario non si chiamavano per lo staff operativo tecnici e manager provenienti minimo dal Trentino o dalla Val d’Aosta, essendo impensabile che possano risolvere il disastro sanitario gli stessi soggetti che l’hanno provocato e di cui sono responsabili.Nell’ ironia del monito di Gratteri c’è, per chi vuole capire, la diagnosi e la terapia del disastro sanitario.Debbono uscire fuori i nomi di chi, negli anni, ha prodotto il disastro e non per mandarli in galera o maledirli ma soltanto per renderli inoffensivi. Hanno anche dei morti sulla coscienza.