PERCHE’ LE CLINICHE PRIVATE ESCLUSE DALLA PANDEMIA…..
C’è un interrogativo che corre, senza risposta, dopo la denuncia fatta dal presidente dell’AIOP Calabria, avvocato Enzo Paolini, circa il mancato utilizzo delle strutture dell’ospedalità privata nel contrasto alla pandemia ed alla accelerazione dei contagi e dei decessi. Da premettere che si definisce “ospedalità privata”, in quanto a gestione imprenditoriale, ma è,a tutti gli effetti, l’altra componente del servizio sanitario nazionale. Opera in convenzione ,sulla base delle prestazioni che vengono concordate in appositi e predefiniti budget, ed è assoggettata a rigorosi controlli sulla qualità e appropriatezza delle prestazioni erogate.Le cosiddette “cliniche private “ assolvono quotidianamente alla domanda di cure da parte dei cittadini in assoluta parità di condizioni con gli ospedali “pubblici”, nel senso che i cittadini non debbono pagare di tasca propria le cure che ricevono poiché rientrano nel servizio sanitario inteso nella sua compiutezza, fatta di pubblico e di privato. Va da sé, ovviamente, che debbono intendersi a pagamento le prestazioni di quelle cliniche che non sono convenzionate ma si tratta di strutture che offrono prestazioni particolari ad alto tasso di comfort e di specializzazione e con alti costi gestionali .In condizioni normali, dunque, a tutte le latitudini del Paese “cliniche private” e ospedali pubblici assicurano insieme il servizio sanitario nazionale per gran parte delle patologie correnti pur riconoscendo agli ospedali pubblici, per le patologie gravi e complesse, una disponibilità sinergica di competenze e tecnologie di cui le cliniche private, salvo poche eccezioni, non dispongono. Valga,come esempio, il molto ristretto numero di cliniche private dotate di prontosoccorso.
Fatta questa doverosa premessa per inquadrare l’ospedalità privata rispetto a quella pubblica , non volendo nemmeno ignorare la contrastata tesi secondo cui la sanità privata sottrae risorse alla sanità pubblica, bisogna prendere atto che le cliniche private sono legittimate ad operare sulla base delle autorizzazioni ricevute e delle prestazioni concordate. A fronte della pandemia e della drammatica situazione in cui versano gli ospedali per mancanza di personale medico e paramedico accade che le cliniche private e il personale che vi opera non vengono coinvolte.Lo denuncia, nell’intervista riportata in basso, l’avvocato Enzo Paolini il quale afferma che le cliniche private hanno offerto la loro disponibilità e collaborazione ma la disastrosa gestione dei commissari, ai vari livelli, ha ritenuto di non prendere in considerazione l’offerta senza dare convincenti motivazioni ,considerato che consistenti risorse sono rimaste inutilizzate e quelle utilizzate sono state impiegate con finalità anomale, se non inattendibili, a vantaggio economico di soggetti che si muovono in quella “terra di mezzo”in cui è l’assalto alla spesa pubblica a tenere insieme malasanità, malapolitica, malaburocrazia , malaimprenditoria e malavita.
La denuncia del presidente dell’AIOP è esplicita e grave e non si sottrae a fornire dettagli se “qualcuno” vuole saperne di più. Può essere scontato che il presidente dell’AIOP tuteli e sostenga gli interessi delle strutture che rappresenta ma la denuncia va al di là del ruolo rappresentativo di interessi legittimi poiché denuncia una distorsione opaca e inquinata di risorse destinate a contrastare la pandemia. Anche concesso che il presidente dell’AIOP sia animato dalla difesa a oltranza della sanità privata che rappresenta, non è ammissibile che nessuno gli chieda conto degli sperperi che ha denunciato : “Se qualcuno me lo chiede dirò a beneficio di chi…”.
Il “ qualcuno” invocato non si fa avanti per verificare la fondatezza della sua denuncia, per chiedergli a chi e a che cosa si riferisce e in che misura ne sono responsabili le ASP. Tacciono i partiti, tutti, di destra e di sinistra, con i loro leader locali e rappresentanti elettivi, tacciono i sindacati che vogliono soltanto sedersi a tavoli concertativi, tacciono i movimenti di base che rivendicano il diritto alla salute né è dato sapere se nei palazzi di giustizia la denuncia dell’avvocato Paolini ha dato luogo all’apertura di un fascicolo.Non bisogna però disperare.
Non chiede chiarimenti nemmeno l’appena nominato responsabile PD della sanità per il Mezzogiorno, quel Carlo Guccione che, quotidianamente e meritoriamente, esterna in lungo e in largo sul disastro della sanità calabrese ma che, dopo la denuncia di Paolini, è diventato improvvisamente afono e preferisce fare il distratto insieme ai consiglieri regionali PD e alla mancata presidente di giunta Amalia Bruni che della sanità calabrese conosce tutti i misteri.Tacciono pure i due consiglieri eletti nelle liste di De Magistris che, se non debbono dare conto del loro silenzio, dovrebbero comunque dare conto a chi li ha eletti in consiglio regionale di che cosa si occupano. Delle due l’una: o l’avvocato Paolini esagera e sbaglia oppure parla di cose che conosce e inesorabilmente gli si è alzato contro il solito muro di gomma, trasversale e consociativo.