Quando questa guerra, più sporca delle altre perché carente di oggettive motivazioni geopolitiche, sarà finita, nel senso che saranno cessati i bombardamenti sui palazzi condominiali, gli ospedali e le università, resteranno nelle coscienze del mondo libero le immagini di un popolo che ha affrontato col proprio corpo i cingolati e gli autocarri inviati da Putin e difeso con disperato coraggio la vita, la libertà, la sovranità e l’integrità territoriale del proprio Paese.
L’idea che una guerra fosse possibile 80 anni dopo la seconda guerra mondiale era lontanissima in Europa da ogni ipotesi di destabilizzazione dell’assetto geopolitico. Chi protesta in Russia grida che questa è la guerra di Putin contro l’Ucraina e non del popolo russo, che non vede interessi da dover difendere con l’invasione. E’ una guerra sporca perché c’è grande disparità di forze e di armamenti e, sul piano militare, è scontato che, alla fine, la coraggiosa Ucraina non potrà che soccombere.
Ma agli occhi del mondo ha già vinto anche se la violenza delle armi e la barbarie dei missili sulle città avranno lasciato macerie, morti e tanta sofferenza. Agli occhi del mondo e della storia avranno consegnato l’immagine di una guerra criminale voluta da Putin che, per un insano disegno di potere e di dominio, non ha esitato a trascinare la Russia in un bagno di sangue fra popoli considerati“fratelli”.
Vedere come gli Ucraini si preparano a fronteggiare gli invasori riflette un senso di appartenenza, di identità e di dignità che verosimilmente Putin non aveva messo in conto. Pensava addirittura di presentarsi come “liberatore” del popolo ucraino a suo dire oppresso da un gruppo di potere di corrotti, tossici e neonazisti. Le immagini e le testimonianze ci raccontano altro, a cominciare dal presidente Zelensky che interpreta in grande sintonia col suo popolo i sentimenti e la volontà di resistere.
Per cogliere la grandezza di questo popolo basterebbe soffermarsi sulle immagini della preparazione delle bombe molotov, sul loro percorso, sulla manualità del confezionamento. Svuotate le cucine di tutte le bottiglie disponibili e portate ai centri di raccolta, giovani, uomini e donne di ogni età si danno da fare per trasformare le bottiglie in armi di resistenza al nemico. Bottiglia contro missili, bottiglie contro carri armati, bottiglie e fucili per contrastare l’invasore. Da non credere.
Le ultime notizie dicono che ormai si va stringendo l’accerchiamento di Kiev , una manovra a tenaglia da nord a sud dal successo militare scontato. Se arrivano le armi antimissile e anticarro promesse dai Paesi schieratisi a sostegno dell’Ucraina può accadere che la resistenza dell’esercito ucraino duri qualche giorno di più, magari per favorire, insieme agli effetti delle sanzioni economiche e finanziarie, un negoziato che al momento non prende quota. Ma una sconfitta sul piamo militare non escluderebbe una resistenza dai tempi più lunghi di quelli previsti da Putin che deve già ammettere il fallimento della “guerra lampo” su cui aveva fatto affidamento.
Per tenere sotto controllo un territorio esteso quanto l’Ucraina, il doppio dell’Italia, risulterebbero insufficienti anche le 150 mila unità russe impegnate che dovrebbero, tra l’altro, sostenere costi altissimi. Per contro gli invasori dovrebbero fare i conti con la Resistenza ucraina che avrebbe un partigiano in ogni casa, ad ogni angolo di strada, perfettamente mimetizzato nella società civile che lo protegge e lo sostiene. Alla fine, per quanto determinanti possano risultare gli effetti dell’isolamento economico e finanziario della Russia, verosimilmente possibile innesco di un abbattimento del potere di Putin dall’interno delle gerarchie militari, resterà nella memoria di tutti il coraggio e la dignità del popolo ucraino. Oggi-direbbe il compianto presidente J. F. Kennedy- ci sentiamo tutti ucraini e, come sobriamente ma con determinazione ha affermato per noi il presidente Mario Draghi, gas o non gas, non possiamo guardare da un’altra parte.