Nell’Italietta dei rancori, delle invidie , delle gelosie, del punto in più nei sondaggi, dei governi caduti e non rimpianti, un posto d’onore va agli inconsolabili vedovi dei governi Conte 1 e Conte 2, più del 2 che dell’1. E’ una comunità di vedovi non numerosa ma attrezzata ed ha il suo house organ ne “Il fatto quotidiano” ,magistralmente diretto dal malanimo di Marco Travaglio convinto che per essere erede di Montanelli sia sufficiente indossare giacche di velluto e maglioni a collo alto.
Quanto accaduto e scritto prima della partenza di Mario Draghi a Washington e le cose dette da Draghi, sin dal primo incontro, al presidente Biden ha del comico se non ci fosse dietro la stabilità del governo e le cose da fare per pagare il prezzo più basso possibile alle conseguenze della guerra scatenata da Putin con l’invasione dell’Ucraina ed alla esposizione nei confronti della Russia per la fornitura di gas.
Mentre l’aereo presidenziale decollava per gli States, veniva inseguito dagli anatemi dei “vedovi” che lo accusavano di andare a Washington a prendere ordini, a fomentare l’invio di armi a Zelensky e a fare il guerrafondaio sulla pelle del popolo ucraino. Intendiamoci: tutte le opinioni hanno diritto di tribuna, anche le critiche più dure e radicali nello scontro politico ma il malanimo no, perché è un sentimento e non una opinione.
Dal primo momento dell’incontro con Biden il presidente Draghi ha messo in evidenza come l’Europa e l’Italia avessero a cuore la pace e tutto ciò che alla pace può portare. Bisogna fare tutti i tentativi possibili e arrivare a un negoziato al cui tavolo debbono sedere Russia, Ucraina e Stati Uniti. Insomma una lezione di realismo politico a fronte dei pacifisti di casa nostra con il loro “né…né”, cioè né con la Russia nè con l’Ucraina, con l’immaginifica distinzione fra armi “offensive” e armi“difensive”, un filo di viltà della ragione abilmente mascherato e nessuna proposta concreta di come arrivare alla pace senza sostenere la “resistenza” del popolo ucraino, là dove la Russia vuole la resa senza condizioni del governo di Zelensky e quote di territorio inglobate.
Ma torniamo agli inconsolabili vedovi dei governi Conte e prendiamo in esame l’editoriale di Marco Travaglio e la vignetta riprodotta in alto che sono un concentrato non solo di malanimo incontenibile ma di faziosità ottusa. La vignetta, più che insolente, è volgare. A bassissimo contenuto politico, riflette semplicemente tutto l’astio nei confronti di Draghi al quale si cerca in tutti i modi di negare rilevanza e consenso negli incontri avuti a Washington. Draghi ha incontrato Biden, che non ha mancato di fare apprezzamenti sul ruolo di Draghi e dell’Italia, ma ha anche ricevuto l’omaggio del congresso, accolto da Nancy Pelosi, portavoce dei democratici per non dire del riconoscimento dell’Atlantic Council per la sua influenza a livello internazionale.
Comunque la si voglia pensare, non stiamo parlando di un villaggio africano ma degli USA, della prima potenza mondiale che si esprime positivamente ai massimi livelli nei confronti del capo del governo italiano. Eppure, nell’editoriale di Travaglio, Biden e Draghi diventano due macchiette, uno rincoglionito dall’età (Biden) e l’altro che non si rende conto di parlare a vuoto perché gli Stati Uniti hanno altri interessi e sono orientati a prolungare la guerra.
Si può essere di parte senza essere faziosi. Travaglio si deve rassegnare: non conta quello che pensa lui di Draghi ma quello che pensano di Draghi le cancellerie europee e le potenze mondiali. Mario Draghi non viene dal consiglio comunale di Abbiategrasso né da un consiglio comunale della Valbrembana. Viene dalla BCE e gli viene riconosciuto di aver salvato l’euro con l’assunto ormai famoso “ costi quel che costi”. Cercare di delegittimare la figura e il ruolo di Draghi argomentando che ha chiesto la pace ma non ha ottenuto nulla, che torna in Italia con un pugno di mosche, che Biden non ha tenuto la conferenza stampa congiunta come aveva fatto con il tedesco Scholz, che alla fine non l’hanno preso in considerazione con le sue proposte di pace, non fa il gioco di Conte che galleggia nel pantano delle divisioni grilline. Fosse anche vero, un minimo di eleganza intellettuale, di civiltà politica, di rispetto per l’istituzione che rappresenta, per il credito di cui gode a livello internazionale, Draghi lo meriterebbe. Se Travaglio pensa di negarglielo perde di dignità la sua battaglia politica al servizio di Conte. Montanelli, penna combattente dai fendenti micidiali, non avrebbe mai fatto ricorso ad una satira da caserma (la vignetta) e ad argomentazioni astiose prive di attendibilità rispetto al senso comune prevalente favorevole a Draghi. Ogni capo di governo camminerebbe sulle braci pur di avere un incontro nella” stanza ovale” della Casa Bianca che, chiunque la occupi, è la sede della maggiore potenza a livello mondiale. Draghi non è un capo-partito, non compete nei sondaggi, non ha scadenze elettorali. Cerca di fare al meglio quello che per le sue competenze, gli è stato chiesto di fare.
A voler seguire Travaglio, nel suo astio nei confronti di Draghi, gli potremmo fare lo sgarbo di riprendere come Roberto D’Agostino su “Dagospia” sbeffeggia Giuseppe Conte chiamandolo “Peppiniello appulo”, versione “dagospia” del trumpiano “Giuseppi”.Per concludere, si può fare lotta politica senza scadere nella volgarità e nella insolenza gratuita, negando o contestando per partito preso le valutazioni che in maniera convergente danno un giudizio ampiamente positivo sul viaggio di Draghi. Non è dato sapere da quali ascendenze storiche proviene il cognome che uno si trova all’anagrafe. Travaglio, in siciliano “travagghiu “, vuol dire dolore, sofferenza, doglie di partoriente.Se soffre perché al governo c’è Draghi, se ne faccia una ragione, è la politica, con i suoi imprevisti e le sue sorprese. Chi avrebbe mai immaginato che dall’anonimato di una vita accademica e professionale la politica ci avrebbe regalato un “avvocato del popolo” che avrebbe guidato due governi , con maggioranze diverse, e che era pronto a guidarne un terzo con un’altra maggioranza. Emergenza ha voluto che la guida passasse in mano più competenti e collaudate in materia economica. Nessun dramma, è la politica. Travaglio e gli altri vedovi se ne facciano una ragione. Passerà anche Draghi ma per ora lasciamolo lavorare rinunciando a trattarlo come un Salvini qualsiasi.( Nella foto la vignetta pubblicata su “Il Fatto quotidiano”).