VOTO UTILE E VOTO SPRECATO….

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Partiamo da una premessa: si vota per far vincere la forza politica cui ci si sente più vicini, per programma e valori rappresentati, ma si vota anche per fare perdere chi si ritiene che non può migliorare le condizioni del Paese ma, anzi, può sprofondarlo in una situazione più penalizzante socialmente ed economicamente.

Ma il voto utile, se lo si vuole analizzare, va proiettato sul risultato possibile delle urne che sono cosa ben diversa dai sondaggi, considerato che viene accreditato un 38% per cento di elettori ancora indecisi. Il voto utile non può essere quello dell’appartenenza ma quello che contribuisce oggettivamente a non fare vincere lo schieramento che si considera antagonista. Non si tratta, quindi, soltanto di non votare l’avversario diretto ma di votare quella forza politica che può far saltare le previsioni , sulla base dei sondaggi, favorevoli allo schieramento antagonista .

Nelle previsioni si dà largamente per scontato che sarà il centrodestra a prevalere nelle urne : resta da stabilire con quali percentuali di consensi per le singole forze, cioè Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Se FdI cresce e aumenta i consensi a danno di Forza Italia e Lega realizza un risultato che allontana la possibilità di andare a Palazzo Chigi. Paradossalmente la Meloni dovrebbe auspicare e stimolare la tenuta, se non la crescita, di Forza Italia e Lega diversamente ,aritmeticamente, i numeri si sommano nello stesso schieramento complessivamente a crescita zero.

La vulnerabilità del centrodestra sta nella perdita di consensi da parte di Lega e Forza Italia che, a quanto è dato sapere, non vanno a gonfie vele se, per entrambe, si parla di consensi sotto le due cifre. E questo è il problema del voto utile nel centrodestra, per cui non avrà alcuna rilevanza se FdI crescerà di 10 punti se a perderli saranno Lega e Forza Italia e non andranno alle formazioni gregarie di Lupi e Toti.

E siccome una consultazione elettorale,alla fine, è fatta di numeri anche il centrosinistra e il Pd in particolare è con i numeri che debbono fare i conti. Ai blocchi di partenza abbiamo il PD con i suoi consapevoli satelliti e relative candidature blindate, +Europa di Emma Bonino , il Terzo Polo di Calenda e Renzi, il M5Stelle di Conte, Unione Popolare di De Magistris e Rifondazione comunista.

Si vedrà dopo il 26 Settembre se Enrico Letta ha sbagliato a perdere per strada prima il M5Stelle e poi Calenda, per imbarcare Bonelli e Fratoianni ,ma con i numeri si può ragionare senza aspettare le urne. Letta ha provato a polarizzare lo scontro elettorale fra lui e la Meloni, ovvero fra Pd e FdI, fra fascismo e antifascismo, fra tenuta della democrazia e rischi per la democrazia. Anche se fosse vero non è aumentando i consensi al PD che si sconfiggerebbe una tale prospettiva. Fare del PD il primo partito, superiore a Fratelli d’Italia, non avrebbe alcuna rilevanza ai fini dello schieramento prevalente. Anche al 30% il PD, sommando i propri voti a quelli della coalizione, resterebbe al di sotto del centrodestra. Il voto al PD, anche se non inutile, in termini di strategia elettorale sarebbe sprecato. Può sembrare un paradosso ma non lo è. Lo dicono i numeri se le urne confermeranno che i “satelliti” più che portare voti hanno incassato seggi.

Delle forze in campo restano i 5Stelle che marciano in solitaria e, a quanto pare, con buone prospettive, al punto che se al sud conquista al Senato 15 seggi, l’eventuale maggioranza del centrodestra sarebbe molto risicata. Il Terzo Polo rappresenta la novità e anche la mina vagante della consultazione elettorale. Se nel proporzionale M5Stelle e Terzo Polo realizzano i numeri che mancano nei sondaggi per prefigurare una maggioranza e, quindi, un possibile governo che non sia né di centrodestra né di centrosinistra, le previsioni della vigilia saltano.

E’ pur vero che, per le assurdità della legge elettorale, il rapporto fra percentuali di voto ottenute e assegnazione dei seggi può rivelarsi squilibrato, nel senso che i seggi potrebbero superare quelli riconducibili strettamente alle percentuali ottenute ma i numeri dicono che una buona affermazione dei 5Stelle e del Terzo Polo potrebbe costituire un cuneo all’annunciata scalata della Meloni e FdI. Per gli sfracelli autunnali che si annunciano sul piano economico e sociale, un governo di responsabilità o grande coalizione potrebbe essere una scelta obbligata.

Il Terzo Polo ,che si presenta come il nuovo “centro” del quadro politico nazionale, viene dato nei sondaggi sotto il 10 per cento mentre le performance in televisione e negli incontri pubblici accreditano la percezione di una crescita dei consensi tanto più se questa crescita, insieme a un risultato del M5Stelle sopra il 15%, può costituire la premessa per un governo “altro” rispetto a quello di centrodestra. E’ una possibilità ma è , numeri alla mano, è l’unica. Al Terzo Polo guardano con interesse liberali e repubblicani di vecchio conio, socialisti riformisti, moderati illuminati, europeisti convinti, gli imprenditori del fare, i sindaci alle prese con difficoltà di bilancio. Le posizioni sono chiare : il Terzo Polo dice si a tutto ciò che è necessario fare per affrontare la situazione difficile che il Paese ha davanti e, quindi, si ai rigassificatori, si agli incentivi al lavoro e no al reddito di cittadinanza così come è concepito, si al Ponte sullo Stretto, affrontare di petto il disastro sanitario ( 2 anni per una mammografia), restituire dignità alla scuola che nelle classifiche internazionali è decisamente squalificata.

Ma al di là del programma e degli obiettivi, per restare ai numeri, un’affermazione a due cifre del Terzo Polo costituisce l’opzione per prefigurare scenari diversi da un governo di centrodestra. La decisione ultima è nelle mani degli elettori che, al di là delle appartenenze, debbono guardare all’obiettivo finale rendendo possibile un governo alternativo rispetto alle previsioni.. Serve,insomma, un voto consapevole della posta in gioco. Mai come in questa campagna elettorale serve una riflessione responsabile su voto utile e voto sprecato.