È STATA UNA SEDUTA MOLTO MOVIMENTATA QUELLA DEL CONSIGLIO EUROPEO CHIAMATO AD AFFRONTARE LE RIPERCUSSIONI DELLA CRISI ENERGETICA SUI PAESI DELL’UNIONE. ALLA FINE DRAGHI CONVINCE SCHOLZ AD APRIRE AL ” PRICE CUP” SIA PURE A CERTE CONDIZIONI. RISOLUTIVO IL MONITO DI DRAGHI SUL RISCHIO DI UNA FRAMMENTAZIONE DEI MERCATI INTERNI ALL’UE E TANTO È BASTATO A SUPERARE LE ULTIME RESISTENZE.
articolo di Marco Bresolin per “La Stampa”
«Il Consiglio europeo continuerà ad occuparsi della questione». È dietro a questa frase, apparentemente innocua, che si nasconde la vera svolta che nella notte tra giovedì e ieri, dopo più di dieci ore di negoziati, ha permesso ai 27 leader Ue di siglare l’intesa sul piano per l’energia. Una frase aggiunta all’ultima riga del testo, ma che in realtà è di primaria importanza perché introduce la cosiddetta “clausola di fiducia”. Uno strumento che in caso di necessità permetterà di riportare il pacchetto energia (“price cap” compreso) al tavolo del Consiglio europeo, togliendolo così dalle mani dei ministri. E la differenza è sostanziale: al Consiglio Energia il pacchetto segue l’iter previsto dall’articolo 122 del Trattato, che richiede decisioni a maggioranza qualificata, mentre al Consiglio europeo si decide all’unanimità. In pratica il diritto di veto, messo alla porta dal piano di Ursula von der Leyen, rientra dalla finestra. Chi ha seguito i negoziati racconta che è stato Charles Michel a estrarre dal cilindro questo stratagemma. Nella serata di giovedì, il presidente del Consiglio europeo ha iniziato a tastare il terreno tra le delegazioni con l’obiettivo di dare rassicurazioni alla Germania e all’Olanda, che non ne volevano sapere di includere nelle conclusioni il tetto dinamico al prezzo del gas. La speranza è che questa “clausola di fiducia” non venga mai attivata, ma il semplice fatto di averla prevista è servito a tranquillizzare i governi più scettici. Che hanno inoltre chiesto (e ottenuto) di mettere nero su bianco alcuni paletti per il «meccanismo di correzione dei prezzi», peraltro tutti già previsti dalla bozza di regolamento della Commissione: la necessità di non mettere a rischio le forniture di gas, di non portare a un aumento dei consumi e di garantire i flussi intra-Ue. L’Austria e l’Ungheria hanno invece fatto inserire una precisazione per specificare che l’eventuale limite ai prezzi non si applicherà ai contratti a lungo termine in essere. Poi Viktor Orban ha fatto licenziare il suo diplomatico che aveva seguito il dossier energia. Nonostante tutti questi “se” e questi “ma”, Ursula von der Leyen si è detta soddisfatta per aver ottenuto ciò che voleva: un indirizzo politico per andare avanti su questa strada. Ora spetterà alla Commissione definire i dettagli tecnico-giuridici che saranno poi negoziati dai ministri dell’Energia a partire dalla riunione prevista per martedì, con l’obiettivo di chiudere definitivamente l’intesa all’inizio di novembre (salvo eventuali “ricorsi” al Consiglio europeo). «Ho fiducia che non servirà un nuovo summit» ha assicurato Olaf Scholz, tra i più scettici. Il cancelliere ha insistito nel dire che quello concordato non è un vero e proprio “price cap”, ma soltanto «un meccanismo per limitare i picchi di prezzo». Mario Draghi – salutato dai colleghi con un video celebrativo – ha però rivendicato il risultato perché «questo piano accoglie tutte le nostre proposte» e ha minimizzato le divergenze con Scholz. «Per la prima volta il Consiglio europeo ha mostrato la disponibilità ad avere un tetto al prezzo del gas e questo non era affatto scontato. Grazie all’intesa il costo delle bollette presto scenderà». Quando? «Alcuni effetti di queste decisioni – ha spiegato Draghi – sono già visibili». Ieri il prezzo del gas al Ttf di Amsterdam ha perso un altro 9%, scendendo a 115 euro per Megawattora. Via libera anche alle altre misure energetiche, come l’obbligo di aggregare la domanda di gas per un volume pari al 15% degli stoccaggi: le società dovranno fare appalti congiunti, ma l’effettivo acquisto resterà su base volontaria. I leader hanno poi incaricato la Commissione di fare «un’analisi costi-benefici» sull’estensione a tutta l’Ue del modello iberico, che prevede un prezzo amministrato per il gas utilizzato nella produzione di energia elettrica. Per finanziarlo servirebbe un nuovo fondo Ue, ma le posizioni restano estremamente distanti. «Per uno strumento di debito comune ci vorrà ancora del tempo» ha ammesso Draghi. Se ne riparlerà al vertice di dicembre, quando a rappresentare l’Italia ci sarà Giorgia Meloni.