NOMINATI SOTTOSEGRETARI E VICE -MINISTRI PER GIORGIA MELONI E IL SUO GOVERNO INIZIA LA TRAVERSATA NEL MARE AGITATO DELLE MISURE DA VARARE A COMINCIARE DALLE BOLLETTE RITENUTE INSOSTENIBILI. NON SI VUOLE FARE DEBITO E MANCANO I MILIARDI NECESSARI PER CONTENERE E ABBASSARE GLI EFFETTI DEL CARO-BOLLETTE SU FAMIGLIE E IMPRESE. NELLA MAGGIORANZA NON C’È CONVERGENZA DI VEDUTE E SALVINI IN PARTICOLARE CERCA DI INTESTARSI LE DECISIONI CHE IL GOVERNO SI ACCINGE A PRENDERE. ANCHE BERLUSCONI FA PRESSIONI MA NON VUOLE INTESTARSI NULLA. A LUI INTERESSA LA SOSTANZA DEI PROVVEDIMENTI. INTANTO LA MELONI SI PREPARA AL SUO PRIMO CONTATTO CON BRUXELLES PRECEDUTA DALLE DICHIARAZIONI DEL MINISTRO DELLE FINANZE TEDESCO CHE SI DICHIARA CONTRARIO A UN DEBITO COMUNE PER FRONTEGGIARE I COSTI ENERGETICI E LE SUE RIPERCUSSIONI SU FAMIGLIE E IMPRESE.
(ANSA)
Non è ancora noto quando la manovra varcherà la soglia del Parlamento, lasciando presagire un dicembre al cardiopalma per l’ok finale prima dell’eventuale esercizio provvisorio. Il Governo, che lunedì si riunisce in un primo Cdm operativo, cerca intanto le risorse per dar seguito agli impegni assunti in campagna elettorale ma gli spazi, come noto, non consentiranno di accogliere tutti i desiderata. Anche perché l’impatto della manovra, per avviare i primi interventi, far fronte alle urgenze (bollette innanzitutto), finanziare le spese indifferibili, sfiora già una cifra di tutto rispetto: circa 20 miliardi, che salgono a 40 secondo alcuni calcoli tenendo conto di tutti desiderata. Probabile che molte misure siano quindi solo avviate, per proseguire poi con interventi successivi. Un dato è certo: “I costi delle bollette sono diventati insostenibili”, sottolinea la premier, Giorgia Meloni, “non c’è più tempo da perdere”. E mentre si guarda all’Istat che lunedì metterà nero su bianco il dato sul Pil del terzo trimestre, il governo ragiona sugli spazi di intervento sul deficit, che potrebbe essere fissato per il 2023 al 4,5%. Una ipotesi che il neo ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, sta valutando e che dovrà trovare posto nell’integrazione alla Nadef (in Cdm probabilmente verso la fine della settimana) che dovrà aggiornare il quadro programmatico lasciato in eredità da Mario Draghi. Compito non semplice perché il rientro dal deficit resta sempre all’attenzione di Bruxelles che, tra poco più di un anno, si appresta a modificare e a ‘ripiantare’ i paletti delle regole di bilancio interrotte per la pandemia. Ma proprio su questo arriva una doccia fredda da Berlino che, oltre a dire ‘no’ al debito comune per l’emergenza gas, puntualizza attraverso il ministro delle Finanze, Christian Lindner un altro “no” all’ipotesi del rientro del debito da negoziare bilateralmente, prevista dalla riforma del Patto. La credibilità del patto deriva dal fatto che “le regole devono essere applicate da tutti, allo stesso modo”. Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, cerca intanto di accelerare sui cantieri, a partire dal più discusso in questi anni: il Ponte sullo Stretto. Ne parlerà martedì 8 novembre con i governatori di Calabria e Sicilia, Roberto Occhiuto e Renato Schifani. Ma l’incontro servirà anche a fare il punto sulle “100 opere pubbliche commissariate in tutta Italia” per “accelerare” e partire con “nuovi progetti”. Sullo sfondo, come ricorda l’associazione magistrati della Corte dei Conti, resta la “paura della firma negli appalti” che è “infondata” ma per essere superata ha bisogno “con urgenza” di una “semplificazione delle procedure”. Molte, come in ogni manovra, le ipotesi che circolano, alcune di matrice politica, altre già visitate dall’esecutivo. Oltre alla rivisitazione del Reddito di cittadinanza (Salvini spiegava che poteva essere ”interrotto” per alcuni periodi per recuperare risorse per le pensioni) oggi un altro cavallo di battaglia dei 5S finisce nel mirino: il bonus del 110%. Per il sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano “merita una riconsiderazione di carattere generale”, soprattutto perché avrebbe prodotto effetti negativi (lo dice riferendosi a Norcia da dove parla) “distogliendo una parte dell’imprenditoria dall’essere attratta a questo tipo di lavoro”. Delicato e ancora aperto il capitolo Legge Fornero. Tra le ipotesi spunta anche quella di un bonus per rimanere al lavoro oltre 63 anni. Oltre a una riproposizione, cambiando i criteri, di quota 102, si parla anche di un bonus per chi invece rimane al lavoro dopo i 63 anni. Tra le mille ipotesi che vanno dai bonus, dalla flat tax agli incentivi verdi, anche un’altra sollecitazione arriva oggi: una super-deduzione per le aziende che assumono (fino al 150% in caso di persone fragili o che meritano tutela) mentre Luca Ciriani, ministro per i rapporti con il Parlamento assicura sui tempi e la presenza in bilancio della pace fiscale (non sarà “un condono”, assicura). Ciriani non fornisce ancora una data precisa per l’approdo in Parlamento della manovra (“dicembre sarà molto impegnativo”) ma ribadisce le priorità: flat tax incrementale e taglio del cuneo fiscale. E il limite al contante? Potrebbe essere, come da mediazione, 5000 euro.