RASSEGNA STAMPA

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IL PASSATO CHE NON PASSA E LA SCELTA DI PERSONAGGI A RISCHIO. NAZIFASCISTI CON LA SVASTICA ENTRANO A FARE PARTE DEL GOVERNO DI GIORGIA MELONI. UN VIDEO DI ALCUNI ANNI FA RIVELA INEQUIVOCABILMENTE DA CHE PARTE STAVA IL NEONOMINATO VICE – MINISTRO ALLE INFRASTRUTTURE GALEAZZO BIGNAMI IN QUOTA FORZA ITALIA.

Articolo di Flavia Amabile per “La Stampa”

Il primo atto di Galeazzo Bignami, dopo la nomina a viceministro alle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili, è stato di prendere le distanze dall’immagine che gira da anni sui social dove è in camicia e cravatta nera e al braccio sinistro porta una fascia rossa con la svastica nazista. «Una goliardata», l’ha definita lui più volte, una foto scattata per scherzo durante un addio al celibato. È il 2005 quando Bignami si veste con i colori e i simboli delle SS. Ha trent’ anni suonati, l’età della goliardia dovrebbe essere superata da un pezzo e lui ha già collezionato i primi ruoli politici: consigliere comunale e presidente della commissione Bilancio del comune di Bologna – la sua città – e segretario regionale di Azione Giovani, il movimento dei giovani di An, una vita a destra, come il padre, un pilastro della destra bolognese. Ora Bignami si affaccia alla politica nazionale. È diventato il numero due del ministero guidato da Matteo Salvini, un premio per la costante opera di travaso di voti dalla Lega a Fratelli d’Italia che lo ha portato a diventare campione di preferenze della destra alle comunali e alle regionali. Giorgia Meloni lo considera uno dei suoi luogotenenti più fidati e gli ha affidato il compito di marcare proprio il segretario della Lega. La foto del 2005, però, torna alla ribalta e continua a creargli imbarazzo soprattutto nei rapporti con la comunità ebraica. Ieri Bignami ha sentito il dovere di prendere ancora una volta le distanze e ricordare la sua «ferma e totale condanna dell’antisemitismo». «Consegnare di me una rappresentazione grottesca, denigratoria, vergognosa è solo frutto di una strumentalizzazione politica che non accetto», dice. Ricorda di essersi già scusato in passato «per essermi prestato a immagini inaccettabili riferite ad una delle pagine più buie dell’umanità. Provo profonda vergogna per quelle immagini e, comprendendone da tempo la gravità, non posso che rinnovare quelle scuse». Nel curriculum di Bignami però non ci sono soltanto i simboli delle SS. Nel 2019 insieme a Marco Lisei – amico fraterno, quasi coetaneo, bolognese, una lunga carriera in Fratelli d’Italia che lo ha portato ora in Senato – pubblicò un video su Facebook mentre indicava sui campanelli i nomi degli stranieri che vivevano in una casa popolare, precisando che «non ce ne frega nulla» della privacy. Fu lo stesso denunciato al Garante della Privacy per aver esposto alla gogna social i residenti delle case popolari ma a lui non importa, combatte sempre le battaglie in cui crede. Un’altra causa che difende senza ambiguità è la denuncia dei crimini commessi dai partigiani. Ha sostenuto e difeso Gianfranco Stella nella presentazione di un libro che raccontava un’altra storia della Resistenza. «Revisionismo senza alcuna base storica», fu il giudizio dell’Anpi locale. E in tribunale Stella è stato condannato più volte per diffamazione senza prove. Ma non sono questi dettagli a fermare Bignami. Lui le sue battaglie le combatte comunque.