RASSEGNA STAMPA

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AFFRONTARE IL PROBLEMA DELLO SBARCO DEI MIGRANTI CON LA SPOCCHIA DECISIONISTA DI CHI VUOLE DETTARE LE REGOLE ALL’EUROPA NON AIUTA L’ITALIA AD OTTENERE CONSIDERAZIONE PER UN PROBLEMA CHE ESISTE E CHE L’UE AD OGGI HA ELUSO. APRIRE UNO SCONTRO POLITICO CON LA FRANCIA PER LO SBARCO DI UNA ONG NON METTE FINE ALLA “PACCHIA” MA METTE A RISCHIO LA ” GENEROSITÀ” E LA SOLIDARIETÀ DI BRUXELLES COL PNRR.

Articolo di Stefano Montefiori e Fiorenza Sarzanini per “www.corriere.it”

La tensione tra Roma e Parigi è salita con il trascorrere delle ore. E mentre la Ocean Viking della Sos Mediterranee, con a bordo 243 persone, vagava tra la Sicilia e la Corsica in attesa dell’indicazione di un porto dove approdare, si è arrivati allo scontro frontale. Tanto che lunedì prossimo, quando si riunirà a Bruxelles il consiglio per gli Affari Esteri, l’Italia chiederà di discutere la questione migranti pur consapevole che non si tratta di un punto all’ordine del giorno. L’obiettivo appare evidente: rivendicare la linea della fermezza, sfidando i partner europei a provvedere all’accoglienza delle navi che battono la loro bandiera. E intanto puntare direttamente ai responsabili delle Ong. Un’arma che però si sta rivelando spuntata. La denuncia contro i comandanti della Humanity 1 e della Geo Barents per non aver rispettato l’ordine di lasciare il porto dopo lo sbarco dei migranti non prevede infatti alcuna conseguenza penale, ma soltanto una multa. Il dialogo sembrava ben avviato martedì pomeriggio quando Ocean Viking comunica di fare rotta verso la Francia e si scopre che la decisione di Parigi è arrivata «dopo un colloquio a Sharm el Sheikh tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente francese Emmanuel Macron». La tifoseria italiana si scatena. «Bene così, l’aria è cambiata», commenta la Lega. «La fermezza del governo paga», fa eco Forza Italia. In realtà la telefonata tra il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi con il collega francese Gérald Darmanin non è servita a raggiungere un vero e proprio accordo, tanto che i migranti sono sbarcati a Catania per ordine dei medici. I politici del centrodestra rivendicano però la vittoria dell’Italia e ormai è sera quando una nota di Palazzo Chigi prova a smorzare l’esultanza manifestando «apprezzamento per la decisione della Francia di condividere la responsabilità dell’emergenza migratoria» e impegno «a trovare una soluzione condivisa nel pieno rispetto dei diritti umani e del principio di legalità». Evidentemente, però, è troppo tardi. Appena un’ora dopo il governo francese dirama un comunicato in cui definisce «inaccettabile il comportamento delle autorità italiane, ci aspettiamo altre cose da un Paese che oggi è il primo beneficiario del meccanismo di solidarietà europea». In realtà la linea della Francia è sempre stata questa. Il ministro dell’Interno, Darmanin, ha ripetuto nei giorni scorsi che secondo il diritto internazionale la Ocean Viking doveva attraccare in Italia e poi la Francia avrebbe fatto la sua parte prendendosi una parte dei passeggeri. E ieri questa tesi è stata ripetuta del portavoce del governo, Olivier Veran intervistato dalla radio del servizio pubblico France Info: «La verità è quel che è stato firmato dagli Stati europei, che impegna anche l’Italia, che riceve fondi per questo. È un meccanismo umanitario di solidarietà europea che è alla base del funzionamento dei Ventisette. Questa nave deve essere accolta in Italia». Veran è stato ministro della Sanità durante l’emergenza Covid e gli si prestano ambizioni per succedere a Macron nel 2027. Come portavoce del governo ieri è stato molto duro, e in Italia c’è il sospetto che i toni si siano inaspriti anche per rispondere agli esponenti della destra francese contrari a qualsiasi cedimento come ha chiarito Jordan Bardella il presidente del Rassemblement National che ha preso il posto di Marine Le Pen: «Con noi, l’Ocean Viking non sbarcherebbe mai sulle coste francesi». Ora c’è da trovare un accordo, se non si vuole correre il rischio di trasformare nuovamente la gestione dei flussi migratori in una sfida con le Ong che provochi una fibrillazione costante o peggio in una crisi a livello internazionale. Ci proverà la prossima settimana il ministro degli Esteri Antonio Tajani durante la riunione convocata a Bruxelles. Del resto le norme in vigore — archiviati dal precedente governo i decreti sicurezza — non offrono gli strumenti che qualcuno all’interno dell’esecutivo vorrebbe utilizzare. Il sequestro e la confisca dei mezzi non sono automatici e anche le denunce alla magistratura nei confronti dei responsabili delle Ong e dei comandanti delle navi possono trasformarsi in una semplice sanzione amministrativa. La strada da seguire passa dunque ancora una volta dalla trattativa con l’Unione europea ed è lì che l’Italia dovrà farsi valere per ottenere collaborazione per la ricollocazione degli stranieri.