IL SEGNALE ERA INEQUIVOCABILE E NON RIGUARDAVA GLI IMPEGNI DELL’ITALIA NEI CONFRONTI DELL’UCRAINA. L’ASSENZA DI MINISTRI DELLA LEGA AL TAVOLO DEL GOVERNO ERA UN SEGNALE PRECISO E RIGUARDA LE NOMINE DI COMPETENZA DEL GOVERNO AI VERTICI DEGLI ENTI ISTITUZIONALI. SALVINI CHIEDE PIÙ DI QUANTO LA MELONI È DISPOSTA A CONCEDERE E FA DIRE AI SUOI CHE SENZA LA LEGA LA MAGGIORANZA NON ESISTE. IN GIOCO C’E’ IL VERO POTERE CHE CONTA E CHE DECIDE, QUELLO DEI PALAZZI ROMANI. FORZA ITALIA NON PARLA E NON MANDA SEGNALI. PENSA A TUTTO GIANNI LETTA SEDUTO AL TAVOLO DELLE TRATTATIVE.
DAGOREPORT
Il doppio schiaffo che Matteo Salvini ha stampato sul volto di Giorgia Meloni è solo l’inizio di una partita di poker dove, chi ha più sangue freddo, vince. I banchi vuoti dei leghisti che hanno indebolito il discorso sull’Ucraina della Ducetta (in partenza per il Consiglio europeo), fino al colpo fatale sparato con l’intervento in modalità 5stelle del capogruppo della Lega in Senato Massimiliano Romeo contro “la tirannia del pensiero dominante” rappresentano un rombante altolà di Salvini alla strategia piglio-tutto-io sulle nomine delle Partecipate. Che l’accordo sia lontano lo si è capito nella prima riunione di lunedì dove ha trionfato il bla-bla perculante. Meloni ha parlato di una scelta di “persone capaci”, “possibilmente donne”, che “bisogna tenere presente le rose dei nomi dei “cacciatori di teste” messi in moto dal Mef, bla-bla. Salvini, capita l’antifona, è stato al gioco e ha detto che Giorgia ha sempre ragione. Ma ovviamente nessuno ha tirato fuori un nome per evitare di bruciarlo col gioco dei veti. La strategia della Ducetta ormai è chiara: allungare il brodo del bla-bla fino all’ultimo giorno possibile e poi, sul filo di lana, fare il colpaccio con la sua lista di potere. Così è partito il salviniano “avviso di crisi” a un premier che va ripetendo ai suoi: “io ho preso il 26% contro l’8,7 della Lega: che cazzo pretende Salvini?”. E dall’entourage meloniano si viene a sapere che la sua reazione al doppio schiaffo ‘’sarà durissima”. Il boss leghista fa spallucce: “Siamo indispensabili: senza di noi non esiste il governo”. In tale clima, oggi sono decollati un paio di siluri carichi di veleni per far fuori l’arrivo di Stefano Donnarumma all’Enel, super-candidato numero due della Meloni, l’altro è l’inamovibile Claudio Descalzi. Intanto, è da registrare sul fronte Poste l’incontro Meloni-Del Fante-Lasco, cosa che ha fatto imbufalire il neo-salviniano Flavio Cattaneo. Che ogni giorno vede chiudersi le porte della sua ambizione espansa: dall’Enel alle Poste, passando per Leonardo. Anche perché i dioscuri di Giorgia, ideologi di Fratelli d’Italia, Fazzolari e Mantovano, sono due tipi tostissimi che sono d’accordo solo su ciò che non vogliono. Ad esempio: non vogliono avere tra i piedi il mondo trasversale di Scaroni e Cattaneo, detestano Bisignani, per non parlare dell’odio verso il “rito romano del potere” gestito dal resuscitato Gianni Letta.