C’era veramente bisogno che qualcuno, neutrale e disinteressato come Luca Zaia, governatore del Veneto,spiegasse ai cittadini del Sud che l’autonomia fiscale richiesta dalle regioni economicamente forti del Nord, Lombardia,Veneto ed Emilia, non va considerata a danno delle regioni del Sud perché- è qui sta l’intuizione geniale di Zaia- il Sud sta male anche senza l’autonomia fiscale per via dell’incapacità e dell’inadeguatezza di chi l’ha governato e lo governa. A dire il vero tutti i capiscuola della battaglia meridionalista ci avevano spiegato che la selezione della classe dirigente al sud era e rimane un problema centrale ma non si sono mai spinti a una semplificazione da osteria come quella di cui ci fa dono il governatorere Zaia, di cui non conosciamo gli studi umanistici ,storici ,sociologici e, meno che mai, economici che lo fanno avventurare in argomentazioni così fuori dalla sua portata. Di lui sappiamo che ha fatto il meccanico specializzato in carburatori, l’animatore di notti in discoteca, che si è diplomato in enologia e poi in Scienze della produzione animale con specializzazione sull’impatto ambientale delle feci e delle urine delle vacche. Poi decolla politicamente muovendo dalla Liga Veneta,affianca Umberto Bossi, si dimostra abile e spregiudicato fino a diventare ministro dell’Agricoltura e, nel 2010, governatore del Veneto. Nato a Godega di Sant’Urbano, 6 mila anime, viene considerato, per la sua flessibilità e senso pratico, il più “democristiano” dei leghisti al potere. C’è stato un tempo in cui il Sud , in parlamento e ai tavoli del governo nazionale,è stato rappresentato da uomini politicamente formatisi nelle lotte del dopoguerra, che hanno saputo –nei limiti del possibile- far rispettare il sud nei suoi diritti fondamentali nella sanità , nei trasporti, nella scuola , nella formazione di un ceto imprenditoriale. Porti, aeroporti, università, ospedali , autostrade e superstrade appartengono a quella stagione. Furono conquiste non donazioni. Il governatore Zaia dimentica o disconosce quello che è stato il contributo di braccia,energie e intelligenze meridionali alla ricostruzione e allo sviluppo del Paese, alla crescita dell’industria automobilistica, all’esplosione dell’edilizia abitativa.Abbiamo dato braccia, energie e sangue anche alla ricostruzione dell’Europa disseminata delle macerie di una guerra che non ha risparmiato nessuno. Ma mentre in tutto il nord davamo braccia al boom economico e all’arricchimento dei ceti produttivi e privilegiati a Torino esponevano cartelli con su scritto “non si fitta ai meridionali” come oggi non si fitta ai migranti di colore. Non bisogna avere la memoria corta. E non per indulgere alle considerazioni storiche di Pino Aprile ma l’unità d’Italia al sud inizia col bottino del tesoro del Banco di Napoli servito a risanare le dissanguate finanze sabaude. Nello stesso filone si potrebbe considerare , circa centocinquantanni dopo, governando la Lega con Berlusconi, la sottrazione di risorse al Sud per destinarle alle quote latte degli agricoltori del nord che protestavano contro L’Europa lanciando merda animale dai loro trattori in corteo. Ora esce il governatore Zaia a spiegarci, a fronte di tutti gli indicatori economici e di tutte le classifiche , dal reddito ai consumi, agli investimenti, all’occupazione, alla qualità della sanità (il Nord con i suoi ospedali vanta nei confronti della sola Calabria una rendita di posizione di oltre 300 milioni), ai trasporti, alle infrastrutture, alla soglia di povertà che l’autonomia fiscale, richiesta dalle regioni ricche e politicamente “forti”, non penalizza le regioni meridionali che-invece-se venisse applicata anche al sud, costringerebbe i governanti del sud ad assumersi la responsabilità della loro incapacità e dei loro fallimenti. Il governatore Zaia sorvola sulle risorse che lo Stato, sotto varie forme, destina e assegna alle regioni del Nord e nulla dice del fondo perequativo nazionale dove affluisce il gettito fiscale di tutte le regioni per essere poi ripartito in rapporto ai bisogni e alle situazioni socio-economiche delle singole regioni quanto a sanità , istruzione, trasporti , asili nido e servizi sociali. Zaia fa il pesce in barile, come usa nelle osterie venete quando si gioca a tressette, ben sapendo che l’autonomia fiscale, detta anche “regionalismo differenziato”, è’ una secessione mascherata, socialmente pericolosa per la tenuta democratica dell’intero Paese, che ha messo da parte i carri armati di cartone in Piazza San Marco e i 100 mila fucili bossiani delle valli padane sostituendoli con gli strumenti che mette a disposizione il potere manovrando referendum farlocchi utilizzati per ottenere un tavolo di trattative col governo nazionale. Il momento del resto è propizio, vista l’irresistibile ascesa di Matteo Salvini, grazie alla coglionaggine e al vaniloquio inconcludente di Di Maio che al sud deve non solo le sue radici anagrafiche ma una grande quantità di voti che lo hanno portato al governo e che ora si appresta a tradire. Forse è il caso di cominciare a pensare a qualche sciopero “bianco”, buttando giù un primo elenco ,per esempio, di ciò che si produce al nord e si consuma al sud , scegliendo e decidendo di conseguenza. Certamente non rinunceremo ad andare a Venezia ma in qualche modo dovremo compensare ciò che il governatore Zaia, insieme ad altri, complice il governo nazionale,riuscirà a toglierci. La fantasia non ci manca. Il conto di quello che abbiamo dato e di quello che, fino ad oggi, non abbiamo avuto resta aperto.
PUBBLICATO IL 20/01/2019 su www.cosenzaoggi.net
Un’Italia disunita, con l’autonomia differenziata delle Regioni, è la prospettiva che si apre con il governo Meloni. Per fermarla, si può firmare per una legge d’iniziativa popolare che cambi gli articoli 116 e 117 della Costituzione. Il 10 novembre si è ufficialmente avviata la raccolta delle firme per una legge di iniziativa popolare di riforma degli articoli 116 e 117 della Costituzione. L’iniziativa è di un gruppo di cittadini che fanno riferimento al Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, con primo firmatario Massimo Villone; all’iniziativa hanno aderito i sindacati della scuola. Sarà necessario raccogliere 50.000 firme entro sei mesi affinché la proposta abbia validità e possa essere trasmessa al Parlamento per la discussione.I cittadini possono sottoscrivere la proposta anche telematicamente, grazie al possibile utilizzo della firma online, che si applica anche all’iniziativa legislativa popolare. Chi volesse firmare può agevolmente farlo tramite ilsito www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it.