SE CI AVEVANO PROVATO A VEDERE L’EFFETTO CHE FA TIRARE IN BALLO MARIO DRAGHI PER I RITARDI NEGLI ADEMPIMENTI CONNESSI AL PNRR, HANNO DOVUTO FARE MARCIA INDIETRO. PER PRIMO IL MINISTRO RAFFAELE FITTO CHE DA PLENIPOTENZIARIO PORTA AVANTI A BRUXELLES IL PIANO MILIARDARIO. HA PROVATO A SCARICARE I RITARDI SUI GOVERNI PRECEDENTI MA C’È VOLUTA UNA TELEFONATA DELLA MELONI A DRAGHI PER SPIEGARE CHE LA POLEMICA NON È CON LUI MA CON L’EUROPA. DRAGHI NON HA RILASCIATO DICHIARAZIONI IN MERITO MA TABACCI, POLITICO DI LUNGO CORSO E SOTTOSEGRETARIO NEL GOVERNO DRAGHI, HA AMMONITO CHE, SE DRAGHI SI SCOMODA A PARLARE, NE SENTIREMO DELLE BELLE. LA MELONI HA CAPITO E ANCHE FITTO. UNA VOLTA AL GOVERNO “LA MANO NON PASSA” E BISOGNA PRENDERSI LE RESPONSABILITÀ.
Estratto da open.online
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha telefonato pochi giorni fa a Mario Draghi. Il tema del colloquio è stato il Pnrr. E il discorso è stato temporalmente precedente al comunicato di Palazzo Chigi sul Recovery Plan in cui il governo Meloni ha accusato il suo predecessore per alcuni dei ritardi del piano. La premier ha spiegato all’ex Bce che non è lui il bersaglio dell’esecutivo, ma l’Europa. Che, secondo il suo punto di vista, è ostile ai sovranisti mentre era assai meno rigida con il governo precedente. Mentre non vuole concedere nulla su sbarchi e immigrazione. Non sono attacchi rivolti a te, ma un tentativo di far intendere all’Unione Europea che c’è bisogno di un atteggiamento meno rigido nei confronti del governo, è stato il senso della telefonata. Ma, scrive oggi Repubblica, a quanto pare l’ex banchiere non ci ha creduto più di tanto.
L’antefatto: l’invito in tv a Giavazzi
L’antefatto del colloquio tra Meloni e Draghi sta in un invito ricevuto dal professor Francesco Giavazzi. La trasmissione Rai Mezz’ora in più lo chiama per partecipare alla puntata del 26 marzo. Giavazzi è stato consigliere economico di Draghi a Palazzo Chigi. E sente proprio l’ex premier prima di accettare l’invito. Poi va in tv. E quando gli chiedono dell’Operazione Verità annunciata dall’esecutivo sul Recovery Plan è piuttosto caustico: «Chi parla di ritardi sul Pnrr non sa come funziona». E si riferisce chiaramente ai ministri dell’attuale esecutivo e alla premier. Poi fa nomi e cognomi: «Non si potevano spendere 190 miliardi. Bisognava preparare l’assetto normativo. Ora bisogna essere pronti. E il ministro Fitto comincerà ad attuare le cose». Proprio quel ministro che ieri ha accusato il governo precedente per i progetti sugli stadi di Firenze e Venezia. Il messaggio è chiaro: noi abbiamo lasciato le cose in ordine. Voi prendetevi le vostre responsabilità. Ma anche la replica rischia di esserlo.
Il ritardo e i rischi
Ma c’è anche altro. Ovvero la convinzione che la rata di giugno 2023 sia a rischio. Così come quella di dicembre. Si temono richiami. E anche difficoltà nel dare spiegazioni all’opinione pubblica. Dove sarà ben chiaro a tutti che se mancano i progetti e l’Europa ci toglie i soldi sarà difficile dare la colpa a Bruxelles. In più, non sembra che le spiegazioni di Meloni abbiano convinto granché Draghi. Almeno secondo chi lo conosce bene, come Bruno Tabacci: «Io so solo che Draghi ha lasciato i conti in ordine. Ha promosso una transizione leale e ordinata. E loro adesso lo tirano in ballo. Difficile che succeda, ma se Draghi dovesse seccarsi davvero ne vedremo delle belle».