RASSEGNA STAMPA – La Meloni ci prova col premierato…

(nella foto Matteo Renzi e Giorgia Meloni)

 

A MATTEO RENZI ANDÒ MALE QUANDO PROVÒ A MODIFICARE LA COSTITUZIONE E IL REFERENDUM GLI VOTO’ CONTRO. ORA CI RIPROVA LA MELONI COL PREMIERATO MA NON SARÀ UNA OPERAZIONE INDOLORE. INTANTO BISOGNA RICORDARE CHE IL PREMIERATO PROCEDE IN PARALLELO ALL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA, VOLUTA DALLA LEGA, CHE DEVE SUPERARE L’OSTACOLO DEI LEP PER I QUALI NON BASTEREBBERO 80 MILIARDI AD AVERNE LA DISPONIBILITÀ. QUANTO A FORZA ITALIA, CHE ARRANCA NEI SONDAGGI FRA IL 7 E L’8 PER CENTO, NON HA INTERESSE AD AUMENTARE I POTERI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO. IL VERO OBIETTIVO È INTRODURRE COL PREMIERATO LA SFIDUCIA COSTRUTTIVA OVVERO, SE IL GOVERNO CADE, SE NE PUÒ VOTARE UN ALTRO MA NELLA STESSA MAGGIORANZA DEL PRESIDENTE USCENTE. DIVERSAMENTE SI VA AL VOTO. QUIRINALE E PARLAMENTO, SE PASSA IL PREMIERATO, PERDEREBBERO PESO E RUOLO. SEMPRE CHE NON SI TRATTI DI UN BLUFF DI FDI CHE, IMPEDITO A FARE PASSARE IL PREMIERATO, AVREBBE MOTIVO PER BLOCCARE L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA CHE AL SUD NON GIOVA NÉ A FDI NÉ A FORZA ITALIA.

Giovanna Casadio per la Repubblica – Estratti

Nei cinque articoli della legge costituzionale per l’elezione diretta del premier, la riforma elettorale ovviamente non compare. Ma nella discussione di oggi a Palazzo Chigi, in cui la premier Giorgia Meloni farà il punto con la ministra Elisabetta Casellati, la titolare del dossier, e con Fazzolari, Mantovano, Ciriani e i vice premier Matteo Salvini e Antonio Tajani, di indicazione sulla legge elettorale si parlerà, eccome. Non un testo già fatto e finito, ma, come fanno sapere dal ministero delle Riforme, “una esortazione, un invito”, piuttosto un annuncio circostanziato. E qui viene il bello. Il sistema di voto verso cui la maggioranza di centrodestra è orientata è un maggioritario con un premio, forse al 55%. Ma il rischio è di finire nelle secche del “simil Italicum”, quella legge elettorale che la Consulta bocciò proprio a causa della “sproporzione” del premio che si portava dietro. Se quindi l’intenzione è quella di rendere più stabile ancora la forma di governo del premierato grazie a una legge elettorale adeguata, la maggioranza deve sapere che può infilarsi in un vicolo cieco. L’opposizione non starà a guardare. Non solo per Elly Schlein la riforma che prevede una sorta di “sindaco d’Italia” (come piace dire a Matteo Renzi), è “pericolosa”, ma è sulla legge elettorale, dove pure il dialogo parlamentare è inevitabile, che rischia di non aprirsi partita. Il Pd fa pressing per cambiare la legge elettorale. Perché se si ha in mente la modifica della forma di governo, ragionano al Nazareno, è evidente che si metterà mano al sistema di voto. Per la segretaria dem tuttavia la necessità di una nuova legge elettorale è un capitolo a sé stante. Lo ha ribadito, sabato scorso, all’assemblea di Azione, ricordando che la disaffezione degli elettori è tale, l’astensionismo l’unico partito in crescita costante, che serve ricucire un rapporto tra elettori ed eletti, e perciò occorre “una legge elettorale che restituisca il potere di scelta dei rappresentanti agli elettori. Via insomma le liste bloccate. Questa discussione va fatta subito, senza aspettare di arrivare in fondo”. Il responsabile dem riforme, Alessandro Alfieri rincara: “L’elezione diretta del presidente del Consiglio non ci vedrà mai favorevoli. Comunque la nuova legge elettorale dovrebbe essere dibattuta contestualmente”. E’ quindi un combinato disposto che porta il Pd a insistere sulla nuova legge elettorale senza porre tempo di mezzo.