Lorenzo De Cicco per “la Repubblica” – Estratti
Meloni vs Schlein. Per la segretaria del Pd sarà un match lungo. Non si esaurirà col voto delle Europee del prossimo giugno, anche se per molti, soprattutto nei dintorni del Nazareno, sarà quello il test chiave per la sopravvivenza della leader del primo partito della sinistra italiana. Raccontandosi a Bruno Vespa, per il nuovo libro del conduttore di Porta a Porta , “Il rancore e la speranza”, in uscita oggi per Mondadori, Schlein fa capire che non si sente vincolata al risultato che i democratici otterranno fra 7 mesi. «Io penso che il Pd avrà un ottimo risultato», dice in premessa. Ma «sono stata eletta, comunque, per quattro anni per accompagnare il partito alle prossime elezioni politiche. Di qui ad allora ci saranno molte elezioni amministrative e regionali, ma il nostro obiettivo è il 2027, se questo governo non cadrà prima». Con la premier, Schlein racconta di sentirsi, di tanto in tanto, da ultimo per la nuova legge contro la violenza di genere: «Siamo avversarie, con una visione del Paese e del mondo agli antipodi, ma ci rispettiamo ». A dispetto di chi la macchiettizza come un’agit-prop movimentista o addirittura come un’erede della sinistra massimalista, Schlein è convinta che non perderà l’elettorato cattolico moderato, una delle due anime fondative del Pd. «Penso di no», risponde al padrone della “Terza Camera”, elencando le battaglie attorno a cui sta imperniando il suo Pd, dal salario minimo al diritto alla casa, alla sanità. (…) Si intesta una “sterzata”, dunque, Schlein. «Stiamo riportando il Pd dove la sua gente sperava di ritrovarlo. Forse si era spostato troppo dall’altra parte. E questo aveva prodotto una frattura con i nostri mondi di riferimento: la scuola, il lavoro, l’accoglienza ». A proposito di “spostamenti”, Schlein con Vespa torna anche sulle ragioni del suo addio ai dem, datato 2015. «Fu una scelta sofferta, ma dovuta alla forte contrarietà alle riforme che il governo Renzi stava portando avanti, pur non essendo presenti nelle tesi con cui aveva vinto le primarie. Jobs Act, “Sblocca Italia”, una riforma costituzionale che non condividevo e una brutta riforma elettorale, passata a colpi di fiducia. Uscii per una frattura che si era già consumata con una parte dell’elettorato ». Nell’intervista a Vespa, Schlein muove altre critiche a chi l’ha preceduta. Insiste sulle colpe del centrosinistra, che non ha cambiato la Bossi-Fini quando avrebbe potuto, «ci siamo fatti male da soli, un grave errore compiuto per subalternità alla destra». O, sempre in tema di immigrazione, per la mancata riforma del trattato di Dublino, per cui «non spinsero nemmeno i governi di centrosinistra, né quello gialloverde di Lega e M5S». Quanto ai 5 Stelle, Schlein con Conte continua a mostrarsi morbida, evitando di ricambiare gli attacchi. Anche quando Vespa le ricorda che l’ex premier accusa i dem di volere l’accoglienza generalizzata dei migranti. «Conte, evidentemente, non ha letto le nostre sette proposte », replica Schlein. Ma la vis polemica si smorza subito: «La nostra gente è stanca dei litigi tra vicini».