(nella foto Roberto Vannacci)
Francesco Grignetti per “la Stampa” – Estratti
Invoca il generale Vannacci, il gioielliere Mario Roggero. E lui risponde. «Mi fa piacere che il gioielliere si sia rivolto a me», dice a La Stampa. Felice di essere diventato un punto di riferimento, quanto e più di un qualunque leader di partito. «Segno che il mio libro ha lasciato il segno». Forse non poteva essere altrimenti. Per chi ritiene che la legittima difesa sia un diritto a prescindere, e che l’uso delle armi sia un diritto naturale dell’uomo, il Vannacci-pensiero è latte e miele. Il generale non nasconde che quando ha scritto il suo libro, tra le cose storte dell’Italia da correggere c’era la storia della legittima difesa. «Io – dice – non mi occupo di giustizia. Non sono un uomo di legge, io faccio il soldato. Detto questo sono assolutamente empatico con il gioielliere alle prese con vicissitudini che non merita». Già, tra chi delinque e chi si difende, Vannacci non ha dubbi. Lui sa di getto con chi schierarsi. (..) «Se pianto la matita che ho nel taschino nella giugulare del ceffo che mi aggredisce, ammazzandolo, perché dovrei rischiare di essere condannato per eccesso colposo di legittima difesa visto che il povero malcapitato tentava solo di rubarmi l’orologio da polso? La proporzionalità della difesa dev’essere commisurata alla minaccia percepita dall’aggredito e non al valore dell’oggetto che poteva essere ingiustamente sottratto». E ancora: «Sono molto limitate le integrazioni legislative del 2006 e del 2019 che avrebbero dovuto rafforzare il costrutto legislativo a favore dell’aggredito e, troppo spesso, vittime di criminali continuano a soccombere nei tribunali in sede penale e, qualora assolti, sono sovente condannati a risarcire grotteschi danni quale esito del processo civile». La materia, insomma, l’aveva studiata. E contro «i bacchettoni del giustificazionismo», rilanciava quello che sembra un programma di partito. «Tramite mirati provvedimenti legislativi, si tratta di mettere in condizione la magistratura di giudicare l’aggredito secondo un costrutto che lo difenda proprio in quanto vittima e persona che è stata messa in soggezione e, sempre, in pericolo dagli aggressori». (…) Resta la sua battaglia di fondo: «Scrivetelo pure, continuerò a sostenere che la difesa debba essere sempre legittima. A farmi ascoltare su questo tema». E non finisce qui, anche se sta andando incontro a un procedimento disciplinare il cui senso è riassunto nelle tre pagine di relazione della direzione generale del personale militare, dove si contesta, tra l’altro, il fatto che non abbia avvisato i vertici dell’esercito né del contenuto del libro in uscita né delle sue successive presentazioni e che, pur non violando segreti, il testo faccia riferimento a esperienze di servizio. Intanto, si è preso venti giorni di ferie per promuovere il volume e pensarne magari uno nuovo. «Probabilmente ne scriverò un altro per sostenere questi principi che devono essere alla base di una società e di un Paese libero». Quali siano i suoi ideali, è presto detto: «Io sarò sempre schierato, mai a favore rispetto ai delinquenti e a chi non rispetta la legge. Le persone oneste devono essere tutelate».