RASSEGNA STAMPA – TUTTI CON MATTARELLA. PIU’ DELLE PAROLE…I SILENZI.

Estratto dell’articolo di Ugo Magri per “La Stampa”

Il Presidente (16 minuti in piedi, come ormai è sua abitudine rivolgersi agli italiani, e l’albero di Natale sullo sfondo) è un inno all’unità nazionale, un appello alla partecipazione al voto contro menefreghismo e astensionismo. Va raccontato incominciando dal fondo, cioè dalle reazioni politiche che ha suscitato in quanto ciascuna aiuta a comprendere quali corde Sergio Mattarella è andato a pizzicare. La più sollecita a farsi viva per telefono è stata Giorgia Meloni. Le premeva confermare al capo dello Stato che pure lei condivide l’urgenza di sostenere i giovani, l’occupazione, retribuzioni adeguate e garantire più sicurezza sui posti di lavoro per non dire della sanità pubblica: tutte carenze messe in fila nel messaggio presidenziale che […] Nei fatti contraddicono la fanfara governativa. «Ce ne stiamo occupando», ha messo le mani avanti Meloni: una buona notizia. A Giuseppe Conte è piaciuta l’ampia riflessione dedicata alla pace, idem a Elly Schlein. Si sapeva dalla vigilia che gli orrori delle guerre sarebbero stati il cuore del messaggio perché Mattarella ne prova «angoscia»; vede il mondo sull’orlo del precipizio e teme l’«indifferenza» da «assuefazione». Era pure scontato […] che condannasse senza mezzi termini l’aggressione russa all’Ucraina volta a «sottometterla e annetterla». A scanso di equivoci, per non passare da putinista, il presidente ha precisato: «Volere la pace non è neutralità rispetto a ciò che accade; sarebbe ingiusto e anche piuttosto spregevole». Meno prevedibile il giudizio sul Medio Oriente, dove si percepisce un cambiamento di umore. Mattarella è scosso dalla reazione israeliana «che provoca migliaia di vittime civili e costringe moltitudini di persone ad abbandonare le proprie case». […] Senza fare sconti alla «ferocia terroristica» di Hamas, alla sua «ignobile disumanità», il presidente avverte che «la guerra, ogni guerra, genera odio». E l’odio «durerà, moltiplicato, per molto […] tempo dopo il conflitto». Il conto lo pagheranno le generazioni a venire. Ignazio la Russa, presidente del Senato, s’è detto entusiasta di Mattarella per un curioso motivo: nel suo messaggio ha pronunciato la parola “Patria” […] (in realtà è la quinta volta che accade, la penultima nel 2022, senza che nessuno vi facesse caso). Matteo Salvini valorizza invece un aspetto che interpreta a modo suo, cioè il passaggio dove Mattarella censura «la pessima tendenza di identificare avversari o addirittura nemici verso i quali praticare forme di aggressività, anche attraverso le accuse più gravi e infondate, spesso travolgendo il confine che separa il falso dal vero». Il vice-premier ci vede – lui solo per la verità – una bacchettata a quanti lo chiamano in causa sugli appalti Anas  […]. Certe alte cariche non disdegnano di volare basso con discorsi incendiari e la vena gonfia sul collo. Ecco: questo «culto della conflittualità» preoccupa Mattarella perché alimenta la violenza diffusa nella società, di cui pagano il prezzo per prime le donne. Inoltre tra cinque mesi si vota per le Europee e l’escalation verbale dei leader non promette niente di buono. Rischia di alimentare il disgusto della gente comune, la spinge nell’astensione. Scelta sbagliatissima perché chiudersi a casa serve a poco. Decisivo «è il voto libero, non rispondere a un sondaggio o stare sui social». In un passaggio, sul «rischio di diffusione delle armi», qualcuno ha colto una “stoccatina” ai Fratelli d’Italia che hanno avuto la pensata di estendere ai sedicenni il porto d’armi per andare a caccia. Più di ciò che Mattarella ha detto, per esempio contro l’evasione fiscale, fa riflettere il silenzio sul Mes, o sul nuovo Patto di stabilità, o sul Pnrr, o sulla cosiddetta «legge bavaglio» […] . Zero riferimenti all’Europa in balia di nazionalismi e sovranismi. La stessa riforma del premierato è stata ignorata […]. Perché ha preferito volare alto anziché lanciarsi in picchiata? Forse non era l’occasione giusta per le polemiche: col cenone in tavola gli ascoltatori avrebbero cambiato canale. Oppure (più probabile) Mattarella ha voluto dare l’esempio di un discorso davvero “super partes”. Che tiene insieme e non divide. Che rappresenta il comune denominatore di una nazione eternamente preda delle fazioni. «Uniti siamo forti», non a caso, ha concluso.