Estratto dell’articolo di Stefano Folli per “la Repubblica”
Forse è un errore pensare che in Sardegna il centrodestra abbia giocato al suo interno una partita tutta centrata solo sulle poltrone. Solinas, presidente uscente dal mediocre curriculum, contro Truzzu, sindaco di Cagliari e figura emergente sostenuta da Giorgia Meloni: con vittoria di quest’ultimo e minaccia di ritorsioni leghiste. Davvero Solinas vale il governo nazionale? Davvero l’antagonista Truzzu è l’uomo intorno al quale si decidono le sorti del “sovranismo” all’italiana? I realisti dicono che tutto si accomoderà: una coalizione, sia pure sgangherata ma tenuta insieme dal potere, non ha interesse a suicidarsi. Ergo, si troverà un compromesso […] Altri vedono invece un “Papeete 2”. Salvini che commette per la seconda volta lo stesso errore e butta all’aria il tavolo governativo. […] È un sogno accarezzato soprattutto a sinistra: il leghista che […] abbatte la premier pur non sapendo esattamente cosa fare dopo. C’è tuttavia una terza ipotesi che […] considera lo scontro sulla Sardegna, cui si legano le tensioni circa le altre regioni in cui si voterà a breve, l’inizio di una vera e propria resa dei conti tra Meloni e Salvini. Il che non dovrebbe stupire: la storia insegna che le rivalità al vertice di una piramide di potere si risolvono prima o poi in maniera cruenta, se non esiste un sistema di regole riconosciute. Nel centrodestra si è creata la situazione più paradossale: Salvini era qualche anno fa il leader riconosciuto […] ha dovuto piegarsi alla scalata di Fratelli d’Italia, che lo ha ridotto al rango di socio minore. […] Di conseguenza prigioniero di un desiderio di rivalsa che si traduce nella tendenza alla guerriglia quotidiana […] È inevitabile che prima o poi si arrivi al chiarimento. […] Stavolta l’impressione è che alla fine debba restarne solo uno tra il leghista e il presidente del Consiglio. Potranno volerci parecchi mesi, senza dubbio almeno fino alle europee, ma poi la coalizione, se riuscirà a sopravvivere, dovrà esibire una struttura più chiara […] Avrà un capo e degli alleati subordinati, senza sfide quotidiane. Sotto questo aspetto l’era Meloni differisce assai dall’era Berlusconi, quando ad Arcore si decideva di rinunciare a qualcosa negli enti locali e nelle città per preservare l’equilibrio fra gli alleati. […] l’attuale premier non rinuncia a nulla perché nella sua logica c’è il premierato, ossia un ruolo decisionale che dovrebbe essere sancito anche sul piano istituzionale, figurarsi nella pratica quotidiana. […] Salvini dovrà chinare la testa in Sardegna in cambio di qualche compensazione altrove. Del resto nel governo il capo della Lega dispone ancora di molte leve […] il compromesso sarà sottoscritto da due poteri non uguali bensì asimmetrici. Quasi ad anticipare uno scenario che prenderà forma in un futuro tutt’altro che lontano. La diarchia non è fatta per l’Italia di oggi.