RASSEGNA STAMPA – SALVINI PERDE IL BRACCIO DI FERRO CON LA MELONI ANCHE PER I GUAI GIUDIZIARI DI SOLINAS…

Estratto dell’articolo di Lorenzo De Cicco per “la Repubblica”

Giorgia Meloni è in modalità combat. Sapeva che la prova di forza per rovesciare i vecchi equilibri a destra, prima o poi, sarebbe stata necessaria. Dunque meglio cominciare subito, con questa tornata di Regionali. Per via della Scrofa, Matteo Salvini dall’inizio non aveva altra strada che questa: ingoiare il rospo. La premier l’ha fatto presente al suo vice già martedì, durante il faccia a faccia a Palazzo Chigi: «Noi in Sardegna andiamo su Paolo Truzzu. Se vuoi strappare per sostenere Solinas fai pure, ti prendi tu la responsabilità di rompere la coalizione prima delle Europee». E Salvini lì ha capito che non c’era più margine. Il vice-premier è lo sconfitto di questa mano di nomine. Si mostra «generoso» verso il centrodestra, ma poi fa chiedere ai suoi di rimettere in discussione la Basilicata. Non tanto per incassarla in quota Lega, ma più per sottrarla a Forza Italia, che difende l’uscente Vito Bardi, fedelissimo di Antonio Tajani. Della serie: mal comune, mezzo gaudio. Il partito di Meloni un po’ asseconda questa richiesta, facendo capire che FdI potrebbe indicare un civico, un po’ cerca di tenere buoni gli azzurri, alleati nel «no» al terzo mandato per i governatori. La premier nelle ultime 24 ore ha risentito entrambi i vice. Ma separatamente. La telefonata con Salvini non è stata un successo, se subito dopo FdI ha fatto trapelare che sarebbe stata ritirata dal decreto sull’Election day […] la parte che sdogana il terzo mandato per i sindaci dei piccoli Comuni, sotto i 15mila abitanti. Salvini ha fatto presente che la Lega intende insistere su questa battaglia. Dunque il decreto […] per la maggioranza sarebbe diventato un Vietnam: i salviniani avrebbero provato tramite emendamento a far saltare il limite dei residenti, allargando la norma alle città. Un provvedimento “apripista” per i presidenti di Regione. Che FdI non vuole, come fa intuire il capogruppo Tommaso Foti: «Stiamo ragionando se mettere il limite dei due mandati perfino al premier…». Salvini è costretto a battere su questo chiodo un po’ per far vedere che il match non è chiuso (e che non l’ha perso). Un po’ perché Luca Zaia vuole sapere che ne sarà della sua ricandidatura. Sono i governatori del Nord il grande cruccio del vice-premier. Aveva chiesto a tutti e tre – il friulano Max Fedriga, il veneto Zaia e il lombardo Attilio Fontana – di candidarsi alle Europee. Ma gli interessati non ci pensano proprio. Fedriga l’ha già ripetuto un paio di volte in chiaro: «Non mi candido. Salvini non me l’ha chiesto». Anche se nel “federale” della Lega di lunedì se n’è discusso, eccome. Fedriga ieri ha preso in qualche modo le distanze pure da Roberto Vannacci, il generale su cui Salvini punta come frontman per la corsa verso Bruxelles: «È sbagliato dire che i gay non sono normali», le parole di Fedriga. Per cui va benissimo candidare «persone che possano portare visibilità» alla Lega ma «dobbiamo anche seguire una linea politica coerente». Negli stessi minuti Zaia tornava sulla legge sul fine vita cassata nel suo Veneto, con mezzo partito, l’ala salviniana, che ha votato contro: «Se da un lato Salvini ha detto che lui avrebbe votato no, il segretario regionale della Lega, il deputato Stefani, ha detto che avrebbe votato sì». Il clima è questo a via Bellerio, che un tempo era una caserma. Le fibrillazioni cominciano a venire a galla, trailer di quello che potrebbe andare in onda dopo le Europee, se il partito sarà lontano dall’8,8% delle Politiche (Fedriga ieri sperava di scavallare addirittura il 10%). Da qui al voto, a Salvini non resta che cercare di ottenere qualcosa, dopo l’amarezza per la Sardegna e quella probabile sul terzo mandato. Ma dove? Una pista porta alle nomine dei prossimi mesi: difficile Anas, causa inchiesta sui Verdini. Ma sono in ballo anche i vertici di Ferrovie e Cdp. E la Rai, in cui, non è un mistero, il capo della Lega ha un buon rapporto con l’ad Roberto Sergio, contraltare del dg iper-meloniano Giampaolo Rossi, in odore di promozione. Intanto dal Parlamento arrivano segnali: ieri il capogruppo leghista, Riccardo Molinari, ha fatto approvare nella commissione Cultura di Montecitorio una proposta di legge sull’azionariato popolare nello sport, su cui il ministro meloniano Andrea Abodi aveva dato parere negativo. FdI riduce tutto a «dialettica parlamentare», ma il sospetto di una prima ritorsione resta. Terreno scivoloso, perché nelle prossime settimane saranno calendarizzati voti delicati: lunedì alla Camera la mozione di sfiducia per Vittorio Sgarbi, che FdI vuole blindare nonostante sia indagato per riciclaggio di beni rubati. […]