(nella foto Alfredo Mantovano e Giorgia Meloni)
Lorenzo De Cicco per la Repubblica – Estratti
Sottosegretario Alfredo Mantovano, definirebbe il fascismo “male assoluto”? E il braccio destro di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi risponde parlando della persecuzione dei sacerdoti in Corea del Nord. Senza mai nominare il fascismo. “Non c’è da fare una classifica, ogni totalitarismo merita condanna”. Sala stampa di Palazzo Chigi, ore 11, i giornalisti sono stati convocati dal governo per la conferenza sulle iniziative per il Giorno della Memoria patrocinate dalla Presidenza del Consiglio. Accanto a Mantovano siede la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Ucei), Noemi Di Segni.
La domanda sulle responsabilità dei fascisti nella Shoah arriva in coda.
Ma Mantovano la prende larga. “In una mia vita precedente – comincia il sottosegretario – sono stato presidente della sezione italiana della fondazione di diritto pontificio ‘Aiuto alla Chiesa che soffre’ che prende in considerazione le persecuzioni che hanno una matrice religiosa, non solo quindi quelle che riguardano i cristiani, ma tutti coloro che sono perseguitati per una causa religiosa”. La risposta prosegue così: “La sensibilità nei confronti di ogni totalitarismo è certamente forte. Dopodiché possiamo fare l’elenco di tutti i totalitarismi, magari non soltanto quelli del passato, ma anche quelli del presente”. Per Mantovano, “sarebbe interessante” spendere qualche parola “sulle persecuzioni per causa della religione in Corea del Nord, dove non esiste un solo sacerdote, pastore e rappresentante pubblico di qualunque confessione”. O ancora sarebbe interessante parlare “di quello che sta accadendo più di recente in Nicaragua”. Per cui, per il sottosegretario, “non c’è da fare una classifica: ogni totalitarismo merita condanna, repulsione e una presa di distanza vigorosa”.
La parola fascismo non viene mai menzionata.
La presidente dell’Ucei, Di Segni, poco prima aveva ricordato le parole “distorte” arrivate da politici e mondo accademico in queste settimane, dopo gli attentati terroristici del 7 ottobre in Israele. Tra le storture, ha inserito anche “il saluto romano che dipende dal contesto e dalle circostanze, mi riferisco alla sentenza della Cassazione”. Anche se lo stesso concetto lo aveva ribadito il presidente del Senato, Ignazio La Russa, prima che si esprimessero gli ermellini. E sempre La Russa non aveva risposto alla domanda se si sentisse “un po’ antifascista” a margine della visita al Memoriale della Shoah di Milano, con la senatrice a vita Liliana Segre.