(nella foto Giuseppe Conte e Elly Schlein)
Niccolò Carratelli per “la Stampa” – Estratti
Va bene porgere sempre l’altra guancia agli schiaffi di Giuseppe Conte. Va bene sforzarsi di evitare le polemiche e lavorare per unire le opposizioni. Ma a tutto c’è un limite. Elly Schlein capisce che nel Pd, e non solo nella minoranza del partito, sta covando un fastidio crescente per l’atteggiamento del presidente 5 stelle. E decide di battere un colpo. Si ferma di proposito con i giornalisti, alla Camera, e manda un avvertimento all’ex premier: «Se qualcuno pensa di insultare il Pd anziché attaccare il governo, sta sbagliando strada – dice – esigiamo rispetto, non siamo disponibili ad accettare costanti mistificazioni e attacchi che mirano al bersaglio sbagliato». Parole dirette a Conte, certo, ma anche a chi tra i dem si è lamentato per averla vista incassare in silenzio le frecciate dell’avvocato durante la presentazione del libro di Roberto Speranza. In particolare, la battuta sul «Pd bellicista», che fa «rizzare i capelli». «Non mi occupo di tricologia», scherza Lorenzo Guerini, ma poi aggiunge: «Gli avrei risposto, pacatamente, che il Pd è stato ed è dalla parte della difesa della libertà e della sovranità dell’Ucraina, dalla parte del diritto internazionale», spiega l’ex ministro della Difesa. E Alessandro Alfieri, componente della segreteria, avverte che «quando si passa il segno e si fa del Pd una caricatura, bisogna rispondere a tono per tutelare la propria comunità». Anche tra gli esponenti dem vicini alla leader, più d’uno ha lasciato trasparire il disappunto per le continue provocazioni di Conte: «Bellicista a chi?», ha scritto, ad esempio, sui social Peppe Provenzano. Dal Movimento minimizzano: «Semplice confronto politico, sono critiche già espresse più volte». E Schlein non si scompone, «io non ho problemi con il testosterone», avrebbe scherzato con i suoi. (…) Il punto è che, in realtà, Conte la fa guardando avanti, a come meglio distinguersi dal Pd da qui a giugno. Ad esempio, non andando mercoledì prossimo al sit-in sotto la sede Rai di viale Mazzini: «Forse non sentono come noi l’urgenza di intervenire rispetto all’uso propagandistico che il governo sta facendo del servizio pubblico», l’ultima stoccata della segretaria.
2 – LE DISTANZE INCOLMABILI DI DUE LEADER AL BIVIO
Federico Geremicca per “la Stampa” – Estratti
Ammesso (e non concesso) che il bivio non fosse già sufficientemente chiaro, da ieri è ancor più difficile far finta che non sia così. Il nodo, del resto, è lo stesso da anni: ed ha già soffocato un paio di segretari Pd e condizionato un bel po’ di elezioni. Sintetizziamo al massimo: coi Cinque stelle o col carsico e poco affidabile Terzo polo? A quel nodo, l’altro giorno, Giuseppe Conte ha dato un’altra bella stretta: esser arrivato a definire il Pd «bellicista» – nel pieno di due guerre che dividono opinioni e coscienze – sembra infatti poter preludere ad ogni altra possibile critica. Ad attacchi imprevedibili. Cose magari perfino peggiori dell’essere «il partito di Bibbiano» o del sarcasmo col quale l’allora premier difendeva i decreti sicurezza e spiegava il suo sì alla politica dei «porti chiusi» che voleva Salvini. Vedremo. Con quel Giuseppe Conte, però, il Partito democratico ci ha poi governato: e fa sorridere che adesso – e non certo perché abbia dismesso la pochette – faccia le mosse di chi sembra non riconoscerlo più. Elly Schlein al tempo faceva altro, è vero: non poteva e non doveva decidere nulla. Ma certo osservava le contorsioni, e chissà cosa ne pensava. Bene, adesso tocca a lei: il bivio è lo stesso, i protagonisti quasi identici. È solo il rischio che è cambiato, aumentando un po’ di più ad ogni sconfitta elettorale… Naturalmente, l’attacco di Conte al Pd di essere «bellicista» (dalla Treccani: «guerrafondaio») si spiega perfettamente ed ha diverse ragioni: marcare ancor di più le distanze dall’alleato-competitor in vista del voto; strizzare l’occhio a un’opinione pubblica sempre più stanca di guerra; acuire tensioni nel Pd e nella sinistra in generale circa la linea da tenere sul dramma ucraino e israelo-palestinese. Fino ad ora, in verità, Elly Schlein era stata inseguita da un altro sospetto: quello di essere filo-palestinese, e soprattutto pacifista. Ora si ritrova nei panni della bellicista: immaginiamo non ne sia sorpresa. È così che va. Probabilmente – e per ragioni ancor meno confessabili – c’è un altro motivo che ha spinto il leader Cinque stelle ad attaccare così insidiosamente il Pd: la sensazione crescente di rischiare l’irrilevanza, con le “diarche” che organizzano faccia a faccia televisivi tra loro mentre preparano elezioni da trasformare in un esclusivissimo duello (per la prima volta tutto al femminile). È chiaro che Conte non ci può stare: rimaner fermo, infatti, significherebbe accettare l’incoronazione di Elly Schlein come leader dell’opposizione. Cosa per lui impensabile: almeno fino a quando le elezioni europee non avranno fotografato i rapporti di forza tra i presunti alleati… (…) Ma il bivio e le opzioni, probabilmente, saranno invece rimaste le stesse: di qua o di là? La scelta, naturalmente, non è facile. I democratici l’hanno posticipata per anni, rifugiandosi dietro quel “campo largo” il cui destino è apparso segnato da subito. Né le blandizie (quelle di Zingaretti verso Conte) né gli equilibrismi (quelli di Letta tra Calenda e Fratoianni) hanno fatto fare passi avanti ad una strategia fallimentare, essendo fondata sul presupposto che Conte, Calenda e Renzi possano far corsa assieme. Il rebus è complicato, certo: e venirne fuori non è agevole, soprattutto se si continuano a nascondere distanze che ormai sembrano incolmabili. La cronaca, infatti, non fa che confermare che è impossibile tener assieme chi assieme non vuole stare. Meglio: chi assieme dovrebbe starci solo per una legge elettorale figlia di un’altra epoca. Il ritorno ad un sistema proporzionale – dove ogni partito va per sé – dunque potrebbe forse aiutare, postdatando i problemi politici al dopo-voto. Ma dalla vocazione maggioritaria con cui nacque al far patti con tutti, per il Pd il salto (e la contraddizione) non è affatto breve…