INTESA SUL PREMIERATO, SE SFIDUCIA SI TORNA ALLE URNE
(ANSA) – Un ritorno alle urne in caso di sfiducia del premier eletto e per quello di riserva – che subentra solo in casi eccezionali come “nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza”- invece solo una chance di dare vita a un nuovo esecutivo. Sono le principali novità della norma anti ribaltone contenuta nel ddl premierato e su cui, secondo quanto si apprende, il centrodestra avrebbe raggiunto un accordo. Il nuovo articolo 4 prevede quindi che se il premier viene sfiduciato “mediante mozione motivata, il presidente della Repubblica scioglie le Camere”. Inoltre se si dimette volontariamente e “previa informativa parlamentare” (altra novità del testo) il premier “può proporre, entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al presidente della Repubblica, che lo dispone”. Qualora non venga esercitata la facoltà di proporre lo scioglimento delle Camere e “nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza”, il capo dello Stato può incaricare “per una sola volta nel corso della legislatura” il premier dimissionario o “un altro parlamentare eletto in collegamento con il presidente del Consiglio”.
PREMIERATO, MEDIAZIONE IN EXTREMIS DOVREBBE ARRIVARE OGGI IL SÌ DI MELONI I PUNTI DELLA RIFORMA
Estratto dell’articolo di Alessandro Di Matteo per “La Stampa”
Dovrebbe arrivare questa mattina la risposta di Giorgia Meloni sulle modifiche al premierato, perché la premier è in Giappone e il fuso orario complica le comunicazioni. A Tokyo era già notte quando, ieri pomeriggio […] è stata inviata alla premier […] l’ultima versione di quella “norma antiribaltone” sulla quale era partito un braccio di ferro tra FdI e Lega, un testo limato ulteriormente durante il finesettimana dalla ministra Elisabetta Casellati […]. Di fatto una precisazione dell’emendamento messo a punto al tavolo di maggioranza della scorsa settimana che aveva fatto quasi litigare il ministro Luca Ciriani (FdI) e il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo, una ulteriore correzione che dovrebbe garantire al premier eletto il potere di chiedere lo scioglimento delle Camere anche non solo in caso di mozione motivata di sfiducia, ma anche quando dovessero mancare i numeri sulla questione di fiducia posta dal governo – per esempio – su un decreto. Come spiega a “La Stampa” Alberto Balboni, FdI, presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, c’erano due letture diverse, sia tra i giuristi che tra i partiti di maggioranza. In particolare, «la Lega riteneva che in caso di crisi di governo causata da una questione di fiducia su un provvedimento non si sarebbe dovuto riconoscere al premier il potere di chiedere lo scioglimento, dal momento che in questo caso non viene necessariamente meno il rapporto di fiducia tra presidente del Consiglio e Parlamento». Il governo, era il ragionamento della Lega, potrebbe andare sotto per un mero “incidente”, magari per troppe assenze dovute a un’epidemia di influenza. «Io la pensavo diversamente – aggiunge Balboni – per me si interrompe il rapporto di fiducia sia in caso di mozione motivata contro il governo, sia in caso di mancanza di numeri sulla questione di fiducia. Ma siccome il diavolo è nei dettagli, abbiamo provveduto a chiarire…». […] Nel merito, la nuova formulazione dovrebbe appunto andare incontro alle richieste di Meloni. Nel testo iniziale […] era prevista la possibilità di sostituire il premier eletto con un altro premier, sebbene una sola volta nella legislatura e scegliendo un parlamentare eletto nelle file della maggioranza. Un passaggio che non piaceva alla premier e a FdI, perché avrebbe indebolito il presidente del consiglio eletto, peraltro con un effetto paradossale: il “premier di riserva” avrebbe di fatto avuto quel potere di scioglimento delle Camere che non era previsto per il capo del governo scelto dai cittadini. La Lega, però, non accettava di consegnare troppi poteri al premier eletto, temeva in particolare una sorta di «potere di ricatto» del capo del governo su ogni singolo provvedimento. Di qui la richiesta di distinguere tra la mozione di sfiducia motivata, che darebbe automaticamente al premier il potere di chiedere lo scioglimento, e la crisi dovuta alla questione di fiducia. Ma con la nuova formulazione, dice Balboni, «si approda allo stesso risultato nelle due fattispecie, seppure con un percorso diverso. Con mozione motivata si va dritti allo scioglimento delle Camere». Nell’altro caso altro il percorso è più interlocutorio, «prevede un passaggio al Quirinale e un nuovo passaggio parlamentare, ma alla fine può comunque portare il premier a chiedere lo scioglimento Camere». […] Di fatto, quindi, alla fine si arriverebbe comunque a votare una mozione di fiducia motivata al governo e, in caso di bocciatura, il premier potrebbe esercitare quel potere di chiedere lo scioglimento delle Camere. Lo stallo aveva portato ad ipotizzare anche uno slittamento del termine per la presentazione degli emendamenti. Ma se stamattina arriverà l’ok dei leader – Tajani si è detto favorevole e si attende Meloni – la maggioranza presenterà le proprie modifiche al Ddl oggi entro mezzogiorno, come previsto.