RASSEGNA STAMPA – LA PARTITA DI GIORGIA DI LOTTA E DI GOVERNO…

Estratto dell’articolo di Giovanni Orsina per “la Stampa”

L’incontro di Giorgia Meloni, ieri, con Javier Milei. L’ingresso del partito di Éric Zemmour e Marion Maréchal, Reconquête, fra i conservatori europei. Sullo sfondo, la possibilità che dall’anno prossimo si debba tornare a trattare con Donald Trump. Ha senso, di fronte a tutto questo, continuare a parlare di populismo come se si trattasse di un’anomalia temporanea, una sorta di “malattia morale” della democrazia? Forse dovremmo mettere mano alle nostre griglie interpretative […] è: un processo di profonda trasformazione della vita pubblica e dei termini del conflitto politico. […] tramonto di una lunga stagione nel corso della quale i partiti tradizionali erano venuti convergendo al centro su un terreno comune fatto di economia di mercato, diritti individuali, globalizzazione commerciale, multilateralismo, correttezza politica. E l’avvento di una stagione nuova segnata dall’emergere di soggetti politici estranei e ostili a quel compromesso centrista. Soggetti quanto mai diversi fra di loro, per altro: di sinistra, di destra, sovranisti, ambientalisti, tecnoutopisti, no global. E da ultimo perfino anarcocapitalisti, col presidente argentino. Quanti di quelli che in Europa chiamiamo nazional-populisti, del resto, sarebbero d’accordo con la dichiarazione rilasciata ieri da Milei a “Quarta Repubblica”: «lo Stato è un’associazione criminale»? […] dovremmo rimettere mano anche alle strategie politiche e culturali. La scelta di demonizzare questi nuovi movimenti e di sospingerli ai confini dei rispettivi sistemi politici si sta rivelando di utilità sempre più dubbia. Poteva magari avere senso, quella strategia, quando si trattava di partitini marginali […] Oggi che marginali non lo sono più, anzi spesso vincono e governano, si rischia di aggiungere danno a danno: di innalzare la temperatura del conflitto politico, di rendere l’opinione pubblica ancor più isterica e polarizzata […] Il catastrofismo è parte del problema democratico, non ne è certo una soluzione. Tanto più che nella loro maggioranza gli elettori dei nuovi partiti di protesta non paiono affatto ostili alla democrazia. […] Sono scontenti, disorientati, preoccupati per il futuro, spesso disperati, sempre profondamente delusi dalle forze politiche tradizionali. Il loro voto non è un manifesto antidemocratico, è una richiesta d’aiuto. […] Questa premessa generale aiuta a contestualizzare la strategia politica di Giorgia Meloni. Meloni vince le elezioni cavalcando la protesta contro il compromesso centrista di cui si diceva, nel nome di un’ideologia alternativa di marca nazional-conservatrice. Ma quando arriva al governo […] assume posizioni assai più pragmatiche, cercando di legittimarsi sul piano internazionale – a cominciare dal presidente democratico Biden – e partecipando in maniera costruttiva al gioco europeo. Chiunque governi l’Italia […] Paese […] esposto ai venti globali, gravato di un debito pubblico importante e integrato in profondità nei meccanismi dell’Unione Europea, è difficile possa comportarsi diversamente. Questo doppio movimento ha collocato Meloni in una posizione bifronte, ambivalente. Di lotta e di governo, per così dire. E le posizioni ambivalenti in politica possono rappresentare una risorsa straordinaria, consentendo di trarre il meglio di due mondi o perfino di diventare il cardine che li mette in collegamento. Oppure possono condurre alla catastrofe. Finora a Meloni è andata molto bene: si è accreditata a livello europeo e internazionale senza perdere voti. Ma nella seconda metà di quest’anno la sua ambivalenza potrebbe esser messa a dura prova. In questi quindici mesi di governo la Presidente del Consiglio ha trovato sponde forti in Europa soprattutto sul versante del Partito popolare. Quelle sponde non sono state offerte per buon cuore, ma in previsione della cruciale partita politica che si svolgerà all’indomani delle elezioni europee […] Nel momento in cui quella partita si sarà conclusa, tuttavia, la leader di Fratelli d’Italia potrebbe trovarsi privata di una parte non irrilevante delle risorse politiche delle quali ha goduto finora. E a quel punto bisognerà capire che forma avranno assunto in Europa i meccanismi di inclusione/esclusione. Perché è vero che le destre saranno più forti nel prossimo parlamento continentale, ma è vero pure che la maggioranza dovrebbe restare nelle mani dell’establishment europeista. Che […] continua a seguire la strategia della demonizzazione dei partiti di protesta. Demonizzare un partito che prende intorno al trenta per cento dei voti e che governa in Italia, certo, non è operazione agevole. Ma ci sono tanti modi per intralciarlo o anche solo per non aiutarlo. […] Per questo desta qualche sorpresa la decisione dei conservatori di accogliere, prima del voto europeo, il partito di Zemmour fra i propri ranghi. Decisione che i popolari paiono non aver apprezzato proprio per niente. Stiamo attraversando ormai da anni una transizione politica lenta e caotica. I rappresentanti della protesta crescono, perché la protesta ha radici profonde. E crescono soprattutto a destra. Escluderli diventa sempre più difficile. Meloni vorrebbe partecipare a questa transizione, trarne vantaggio anzi esserne protagonista, diventarne uno degli ingranaggi principali. Potrebbe riuscirci. Ma il gioco resta pericoloso e pieno di incognite.