(nella foto Rino Formica)
Estratto dell’articolo di Rino Formica per “Domani”
Il risultato delle elezioni regionali va analizzato più a fondo, […] perché ha creato nella pubblica opinione una coscienza nuova. La destra può essere battuta. […] La destra non è invincibile, è anzi debolissima. Questa improvvisa consapevolezza cambierà l’orientamento della campagna per le europee. Non sarà una cavalcata semplice e senza ostacoli, ma si apre la possibilità che si metta in moto il recupero dell’astensionismo, almeno di quello legato a una visione pessimistica delle prospettive della sinistra e del paese. Negli scorsi giorni la presidente del Consiglio si è rivelata per quello che è: una politica furba, che sa inserirsi nelle situazioni contingenti. Ma senza la prospettiva: perché la sua prospettiva è semplicemente il cambiamento di collocazione opportunistico. Ha una visione autoritaria, di comando. Ora si sfurierà sulle questioni istituzionali, cosa che già minaccia di fare. Perché il vero scontro politico in Italia è lo scontro istituzionale tra Palazzo Chigi e il Quirinale. Il presidente della Repubblica ha compiuto un atto coraggioso: ha sollevato la questione dell’uso della polizia come strumento di intervento repressivo della libertà di manifestazione dei cittadini. Un intervento impeccabile, che ha rivelato la tendenza autoritaria di Meloni. Che ha reagito come tutti i furbi che si rendono conto di non aver colto l’attimo: cercherà di vendicarsi, anche sapendo che non può portare a termine un mutamento istituzionale vincente sul piano non solo della decisione parlamentare ma anche di quella referendaria (perché nessuna modifica costituzionale radicale sarà possibile senza il ricorso referendario). Lei ci proverà, perché ormai il premierato è l’unico elemento che tiene unita la destra: le lacerazioni nella maggioranza andranno sempre più accentuandosi. Tanto più da qui a giugno, con le europee, una competizione proporzionale in cui ognuno lotterà per sé; e c’è chi lotterà per la sopravvivenza politica. Parlo di Matteo Salvini: il suo progetto di partito nazionale è fallito. La Lega deve tornare alle origini, a essere la piccola entità secessionistica di Umberto Bossi. In questo scenario, la sinistra non deve fallire il suo compito storico. In Sardegna Elly Schlein ha avuto una fortunata intuizione. Ma non va sprecata. Non credo a un duello fra Conte e Schlein. Fra i due, fra le rispettive due forze, c’è la presa d’atto che nessuno può essere polarità unica e assoluta. Ed è l’altro elemento che viene fuori dal voto sardo: la società italiana e il suo sistema politico è plurale, non riesce a essere bipolare. […] Il voto sardo va dunque meditato bene, uscendo dallo schema al quale vogliono ricondurci i piccoli apparati di partito: chi ha vinto di più, chi di meno. Si è invece rimesso in moto un sistema che sembrava ormai soffocato dall’ineluttabilità della durata della destra. Non sottovalutiamo l’enfasi che si pone in queste ore sull’intervento di Mario Draghi, che invita l’Unione a fare le riforme per dare unità politica all’Europa. Ma l’unità politica dell’Europa passa dalla sconfitta della destra, che non è e non può essere organica all’unità politica perché vive di residui nazionalistici, per fortuna non più attuabili. […]