1 – PROVE DI DISGELO: NETANYAHU SBLOCCA LA MISSIONE NEGLI USA SULL’ATTACCO A RAFAH
Estratto dell’articolo di Andrea Nicastro per il “Corriere della Sera”
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ci ha ripensato. Furioso per la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza che da lunedì chiede il «cessate il fuoco» a Gaza, aveva richiamato una delegazione inviata in America per discutere il piano di conquista di Rafah. Ieri, è tornato sulla decisione e ha autorizzato di nuovo l’incontro. «Li ho richiamati per lanciare un messaggio ad Hamas — ha spiegato il premier —. Leggendo la risoluzione i terroristi avranno pensato che la pressione internazionale su Israele potesse fermare la guerra o la ricerca degli ostaggi. Volevo far capire loro che si sbagliano. Noi andremo avanti, anche da soli». Gli Usa sono contrari ad un attacco massiccio su Rafah perché temono che il costo in termini di vite civili sarebbe inaccettabile per l’opinione pubblica mondiale. La città ha decuplicato gli abitanti, da 150 mila a forse 1,5 milioni, per l’afflusso degli sfollati da tutta la Striscia. Israele invece vuole replicare quel che ha fatto nelle altre città: circondare, bombardare, fare evacuare i civili, bombardare ancora, entrare con i carri armati e poi con pattuglie a piedi per trovare i tunnel dove si nascondono i miliziani di Hamas e dove potrebbero esserci gli ostaggi israeliani. Gli americani non sono d’accordo. […] La guerra non si ferma, si allarga: a sud proprio a Rafah, la città che gli Usa vorrebbero lasciare intatta, e a nord verso il Libano. Ieri quattro edifici civili sono stati colpiti da bombe aeree a Rafah. […] per il terzo giorno consecutivo, è restato alto il livello di scontro tra Israele e la milizia sciita del Libano, Hezbollah. Ai bombardamenti aerei israeliani, i miliziani sciiti di Hezbollah rispondono con i razzi. Ieri 6 libanesi sono stati uccisi dalle bombe dello Stato ebraico non lontano dalla base dei caschi blu italiani di Naqura quasi al confine con Israele. La premier italiana Giorgia Meloni è atterrata in serata a Beirut e oggi dovrebbe visitare proprio i nostri soldati al confine. Fanno parte della missione internazionale Unifil che verifica il rispetto della «linea blu» di separazione tra Stato ebraico e Libano. Una linea vecchia di decenni che non è mai diventata un vero e proprio confine perché i due Paesi sono ancora formalmente in guerra. Tra loro c’è solo una tregua che viene però quotidianamente ignorata. […]
2 – POLVERIERA LIBANO
Estratto dell’articolo di Nello Del Gatto per “la Stampa”
«Se dobbiamo agire, agiremo anche stasera, siamo pronti». Queste le parole ieri sera del capo del comando settentrionale dell’esercito israeliano, Ori Gordin, dopo l’ultimo, violento lancio di razzi dal Libano che ha provocato la morte di un uomo nel nord di Israele. È un druso di 32 anni l’ultima vittima dello scontro tra Hezbollah e l’esercito israeliano sul confine libanese. […] Hezbollah ha rivendicato l’attacco come risposta alla precedente uccisione, avvenuta durante un raid notturno dell’esercito israeliano, di sette membri, tra i quali un alto esponente, della Jamaa al-Islamiya, formazione vicina ad Hezbollah, con la quale ha condotto alcuni attacchi verso il Paese ebraico. […] Prima di fare ritorno a Roma, stamattina Meloni sarà in visita ai contingenti italiani di stanza alla base “Millevoi”, a Shama, sede dell’Unifil. Il fronte nord è molto caldo: ieri sera Israele ha effettuato un raid nel sud del Libano uccidendo cinque membri di Hezbollah, tra i quali un alto graduato. Tanto caldo, che le autorità locali israeliane, paventando un aumento delle ostilità, hanno deciso di chiudere le strade che portano da Tel Hai a ovest a Margaliot, su un pendio che si trova appena sotto il confine libanese. Il traffico è vietato anche su una strada lungo la linea che porta a nord da Margaliot a Misgav Am, e a sud fino a Manara. Dal Libano è arrivata anche la notizia che Israele starebbe pianificando l’operazione militare a Rafah entro gli inizi di maggio. Secondo il quotidiano Al-Akhbar, vicino a Hezbollah, l’offensiva sarebbe prevista subito dopo l’Eid al-Fitr, la festa di tre giorni che chiude il Ramadan e termina attorno al 12 aprile, o al più tardi all’inizio del mese successivo. Il giornale libanese riporta le indiscrezioni di una fonte egiziana in contatto con i servizi israeliani, secondo la quale l’azione militare in quella che è considerata l’ultima roccaforte di Hamas nella Striscia, durerebbe dalle quattro alle otto settimane, e sarebbe accompagnata dall’evacuazione della popolazione civile rifugiata a Rafah, che ammonta a circa 1,5 milioni di persone, verso il centro della Striscia lungo percorsi specifici e in orari annunciati in anticipo ai civili. Su Rafah, Netanyahu ha ripensato alla sua decisione, presa a caldo dopo l’approvazione della risoluzione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, di non inviare la delegazione negli Usa per illustrare il piano dell’operazione ed eventualmente trovare alternative. Il premier ha detto che il blocco della partenza è stato più un messaggio ad Hamas che agli Stati Uniti, non volendo comunque sottostare ad alcuna pressione esterna. E in serata è arrivata la conferma della Casa Bianca che le parti stanno lavorando su una nuova data per l’incontro inter-agenzia che avrebbe dovuto tenersi ieri con il ministro degli Affari strategici Ron Dermer e il presidente del Consiglio di sicurezza nazionale Tzachi Hanegbi. […]