RASSEGNA STAMPA – ACIDO ATTACCO A EMMA BONINO PER L’ACCORDO CON RENZI…

Pino Corrias per il “Fatto quotidiano” – Estratti

Con molto rispetto e a salvaguardia dell’età, bisognerebbe affidarla alle compassionevoli cure di Amnesty International, invece di palleggiarla tra una lista di disperati e l’altra, infilandola nella polvere della lunga marcia iniziata per contendersi una fetta di torta che tra un paio di mesi verrà servita sulla tavola grande di Bruxelles. Invece facendo tutti finta di occuparsene – i giannizzeri della politica e i faccendieri del commento – della povera Emma Bonino non se ne vuole occupare nessuno di utile. Né uno psichiatra a dirne il marasma da solitudine. Né un politologo a spiegarle la regressione politica e anche culturale che da una quarantina d’anni va praticando e che ha finito per vanificare quel tanto di buono che aveva fabbricato nei gloriosi anni Settanta: le battaglie per il divorzio, l’aborto, l’au todeterminazione delle donne, eccetera. Passando da Ernesto Rossi, l’intransigente, al furbacchione saudita Matteo Renzi. Dal cosmopolita Altiero Spinelli a Sandra Mastella, signora di Ceppaloni. Tutto mandato a ramengo da quando a lei e a Marco Pannella, detto “il mio scimmione”, apparve il venditore di preziosissime spazzole Silvio Berlusconi, che offriva specchi televisivi e collegi elettorali, come mai si erano sognati, condannati fino a quel fatidico incontro, alla militanza pulviscolare della strada e dell’ideale, con contorno di digiuni, bavagli, marce contro “ lo sterminio per fame”. Tutte cose che al Cavaliere fregavano meno di zero, concentrato com’era a salvarsi la pelle dalla giustizia, dai debiti, dalle seriali bugie. Per incassare più soldi possibile e più pupe possibile, che per lui erano quantità di cose inanimate equivalenti. (…) A tal proposito, brillano le schermaglie di oggi nate nel nuovissimo partitello di scopo “Stati Uniti d’Europa” dove il contendere polemico s’aggira intorno al bel nome di Totò Cuffaro, riabilitato dopo la pena di anni sette per favoreggiamento a Cosa nostra, che vorrebbe appendere la sua coppola accanto al sorriso di Emma. Cosa che a lei non muove un sopracciglio, ma che non sta bene al presidente del suo stesso partito, “Più Europa”, Federico Pizzarotti, che Emma neanche calcola: “Telefonargli io? Mica sono la Tim”. Figuriamoci se si abbassa a interloquire con l’ultimo arrivato: “Veda lui cosa fare. Io intanto mi candido visto che sono libera da impegni istituzionali”. Quella di Emma – la pacifista istituzionale che tutte le guerre Nato votò, certificandole “umanitarie” – è una sprezzatura speciale coltivata insieme al suo demiurgo Pannella che accusando i Palazzi di incorporare “l’orrendo Regime” dei “ladri di libertà, ladri di democrazia”, ci hanno sempre abitato benissimo, uno acquartierato nella mansarda alcova di anime in cerca di un padre, l’altra nella casetta celibe di Campo dei Fiori. Cento volte hanno litigato in pubblico, come si addice al teatro radicale, l’ultima quando Marco le rinfacciò, a vene gonfie d’invidia, che i voti, i seggi, i ministeri, gli incarichi internazionali li aveva incassati grazie a lui. E senza neanche un grazie. Accuse che lei liquidò come fanno le figlie col babbo invadente: “Ma sei scemo? ” In quell’eloquio senza fronzoli, Emma Bonino ci è nata, anno 1948, cascina agricola dalle parti di Bra, provincia di Cuneo, padre contadino “che parlava solo in dialetto” e madre casalinga “che non parlava mai”. Seconda di tre figli. (…) Da quei giorni gloriosi non hanno più smesso di pattinare sul palcoscenico delle Istituzioni, sul quale hanno issato il grano e il loglio: la clamorosa innocenza di Enzo Tortora e la discutibile candidatura politica di Toni Negri. Il dramma di Luca Coscioni, la grandezzadi Leonardo Sciascia, lafarsa di Cicciolina, rivestita un attimo prima di entrare in Parlamento. Giocando per mezzo secolo la carta politica dei referendum, moltiplicati fino a renderli irrisori, 110 in tutto, per lo più senza quorum, senza criterio, senza senso, ma buoni per tenere accesa una politica diventata sempre di più autoreferenziale. Ritualizzata, alla maniera delle sette, da insonni guerre intestine, più psichiatriche che politiche, più sentimentali che ideologiche, davanti a una sfilata perpetua di giovani elucenti segretari, viavia assunti amati e licenziati per noia da Pannella, fino all’ultimo giorno utile. Lui tumulato in salma, con tutti gli onori, ci mancherebbe. Lei prosciugata nel solo salmo che ancora la illude: “Io intanto mi candido”.