Estratto dell’articolo di Federico Capurso per “la Stampa”
È il gioco delle tre carte. O dei tre leader del centrodestra, Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini, alle prese con una loro candidatura alle Europee. Da mesi ragionano, rimuginano, si coprono e si scoprono, lasciano intravedere la voglia di correre per poi ripudiarla un secondo più tardi […]. Ora che il tempo […] è quasi finito, lo schema però si delinea con chiarezza: Tajani e Meloni si candideranno, Salvini no. Il ministro degli Esteri lo annuncerà al Consiglio nazionale del partito convocato a Roma questo sabato, mentre la premier aspetterà la conferenza nazionale di Fratelli d’Italia del prossimo 28 aprile, a Pescara, anche se nelle grandi città sono già comparsi i suoi manifesti: «Con Giorgia l’Italia cambia l’Europa». […] la decisione sarebbe stata blindata solo di recente, nel corso di un faccia a faccia tra Tajani e Meloni, con reciproci auguri di buona fortuna. Al tavolo sembra mancasse Salvini. D’altronde, è anche di lui e delle cattive acque in cui naviga che avrebbero parlato Tajani e Meloni. Una situazione di debolezza, quella del leader leghista, che fa gioco ad entrambi. La premier conta di uscire dalle urne rafforzata, tanto da spuntare le armi dell’alleato del Carroccio in vista delle prossime delicate trattative: dal premierato alle nomine nelle partecipate. Tajani, invece, è in competizione per ricoprire il ruolo di secondo leader della coalizione. Ed è questo il duello a cui Salvini si è sottratto. Tajani […] è in assetto da campagna elettorale. Morde le caviglie dell’alleato. Al Consiglio nazionale di Forza Italia verranno presentati i dieci punti del partito in vista del voto di giugno, e anche qui emerge la concorrenza sempre più forte con la Lega. Se Salvini è il più forte sostenitore di Israele in Italia, ecco il partito azzurro che prepara una dichiarazione a sostegno di Tel Aviv. Se poi il leader leghista rilancia in questi giorni il tema dell’energia nucleare, Tajani si prepara a spingere nella stessa direzione, inserendo il tema tra i dieci punti programmatici del partito. Salvini al Sud punta molto sul Ponte sullo Stretto? Arrivano i tecnici del ministero dell’Ambiente, guidato dall’azzurro Gilberto Pichetto Fratin, che appuntano i loro rilievi al progetto. Ma l’offensiva più forte si registra sull’Autonomia, la bandiera più importante della Lega, che dovrebbe arrivare in Aula alla Camera il 29 aprile, in tempo per le Europee. Tajani frena: «È importante che il dibattito sia ampio e dunque è possibile immaginare che il voto sarà più in là». Finora, poi, si sono rispettati i patti di maggioranza, nessun emendamento è stato presentato da Forza Italia o Fratelli d’Italia in commissione, «ma c’è ancora l’Aula», sottolineano velenosi i deputati azzurri […]. E in ogni caso, aggiungono, «avremo modo di valutare i tantissimi emendamenti presentati dall’opposizione». Ne sono arrivati 2400 e basterebbe approvarne uno per costringere il provvedimento a tornare indietro al Senato. […] Salvini resta in silenzio, ma replica a brutto muso quello che in molti considerano il suo possibile sfidante al congresso, il governatore del Veneto Luca Zaia: «Mi da fastidio sentir dire che bisogna vigilare». Così, entra nel vivo la corsa per le Europee […]. […] L’unico a non bluffare annunciando di non voler correre è stato Salvini, pur giustificando il suo passo di lato con il «tantissimo lavoro da fare al ministero delle Infrastrutture». Bizzarro, perché cinque anni fa era sempre al governo, sempre vicepremier, sempre ministro (dell’Interno). Nonostante questo, si candidò capolista in tutte le circoscrizioni, raccogliendo 2,2 milioni di preferenze e portando la Lega a un trionfale 34 per cento. Ma si giocava una partita diversa. Stavolta, l’obiettivo è solo uno: resistere. Al calo dei consensi, ai malumori nel partito, agli alleati.