ALLUNGA I TEMPI CONVINTA CHE GIOCHINO A SUO FAVORE. E COSÌ L’EVENTUALE REFERENDUM CONFERMATIVO VERREBBE INCARDINATO AL VOTO DELLE POLITICHE DEL 2027. IN OGNI CASO SE IL REFERENDUM DOVESSE SVOLGERSI IN QUESTA LEGISLATURA E LA MELONI NE USCISSE SCONFITTA, NON SI DIMETTEREBBE. IL PRECEDENTE DI MATTEO RENZI NON IMPLICA CHE LE DIMISSIONI SIANO DOVUTE.
Estratti dall’articolo di Emilia Patta per “Il Sole 24 Ore”
Svolta comunicativa a Palazzo Chigi: non solo dal palco di Trento Giorgia Meloni ha messo per la prima volta tutto il suo peso politico sul premierato («serve al Paese, o la va o la spacca») evocando anche un suo possibile passo indietro in caso di sconfitta al referendum confermativo («non sono qui a scaldare la sedia»), ma da qualche ora si comincia a ragionare sull’ipotesi di tenere il referendum confermativo assieme alle prossime elezioni politiche, tra la fine del 2027 e l’inizio del 2028. Puntando così sull’effetto traino di quello che Meloni considera un messaggio-quesito efficace e molto popolare («volete scegliere voi chi vi governa o volete lasciarlo fare al Palazzo?»). […] Quel che è certo è che la premier, pur non avendo ancora il potere di scioglimento delle Camere previsto invece dal Ddl Casellati, ha il potere di decidere il quando del referendum confermativo: prima delle politiche in modo da correre per l’elezione diretta già nel 2027; o appunto contestualmente alle politiche, con il vantaggio che in caso di vittoria dei sì la riforma entrerebbe in vigore dalla legislatura successiva dando a Meloni la possibilità teorica di quattro mandati consecutivi; o ancora dopo le elezioni, come consigliavano i maggiorenti del partito nelle scorse settimane, per evitare in corner l’effetto “tutti contro” che fu fatale a Renzi. In ogni caso, dopo Trento, Meloni la faccia sul premierato ha deciso di mettercela tutta.