SULLA OMOSESSUALITA’ NEI SEMINARI, MA PONE UN PROBLEMA SERIO. LA RIUNIONE CON I VESCOVI DELLA CEI ERA A PORTE CHIUSE MA QUESTO NON GIUSTIFICA LA CADUTA DI STILE E DI RANGO. E TUTTAVIA IL MONITO A NON MANDARE IN PARROCCHIA I SEMINARISTI GAY AD ESERCITARE IL SACERDOZIO E’ UNA CAUTELA FONDATA. IL PAPA EVIDENTEMENTE SA A QUALI TENTAZIONI E CADUTE E’ ESPOSTO IL PRETE GAY. NON E’ UNA “BOLLA” CONTRO L’OMOSESSUALITA’.
DAGONOTA
Il “papagno” di Bergoglio sulle “checche isteriche” e sulla “frociaggine” nei seminari stupisce ma non dovrebbe: per quanto sia stato stiracchiato come “progressista”, Francesco è pur sempre un Papa e non può certo essere tacciato di omofobia per una battuta. A maggior ragione dopo tutte le carezze alla comunità Lgbtq+. Il pontefice parla “papale papale” e il discorso con cui ha stracciato il velo di politicamente corretto che circonda (anche) la Chiesa non cancellerà le sue numerose aperture, a partire dal celebre “Chi sono io per giudicare” nel 2013. Insomma, bisogna resistere al wokismo talebano, che vuole imporre un linguaggio analcolico e ben pettinato, e sganciare l’utilizzo del linguaggio (anche quello più trucido) dalle intenzioni soggiacenti, soprattutto quando a parlare è un Papa di 87 annI. Dal Dago-scoop sulla “frociaggine” i più non hanno notato un particolare: il Papa ha pronunciato quelle frasi davanti a più di 200 vescovi a porte chiuse. Una volta a zonzo, le Eccellenze ciarliere hanno spifferato gli scivoloni del Pontefice. Segno, l’ennesimo, che ormai anche in Vaticano s’è frantumato il rispetto per l’autorità. E se persino vescovi e cardinali non hanno più timore reverenziale per il Pontefice, perché stupirsi se gli alunni picchiano i docenti o anonimi utenti del web pensano di conoscere vaccini e medicina più di luminari di chiara fama. I primi di cui Bergoglio non può fidarsi sono i suoi religiosi, che da tempo hanno dimenticato l’infallibilità papale, sia dal punto di vista “dogmatico” (i dubia sulla teologia) che da quello più prosaico, arrivando a sputtanarlo “live” quando gli scappa uno scivolone…
DAL “CHI SONO IO PER GIUDICARE UN GAY?” ALLA “TROPPA FROCERIA”. QUANTA ACQUA È PASSATA SOTTO I PONTI DELLA CHIESA DI FRANCESCO
Estratto dell’articolo di Matteo Matzuzzi per “il Foglio”
Dal “chi sono io per giudicare un gay?” alla constatazione che “qui in Vaticano e in qualche diocesi è tutta una froceria”. Di acqua ne è passata tanta […] sotto i ponti di Roma. Da Francesco che finiva in copertina come uomo dell’anno per la rivista lgbtq+ Advocate alle bordate contro “gli omosessuali che non sanno controllarsi”. La battuta, [… il Papa l’ha pronunciata in apertura di assemblea generale della Conferenza episcopale italiana, lunedì scorso a Roma. Era stato il sito Dagospia, domenica, a darne conto. “Non mettete checche isteriche in seminario”, avrebbe aggiunto[…]. E davanti all’obiezione di un coraggioso vescovo che avrebbe ricordato a Francesco la pubblicazione della Dichiarazione Fiducia supplicans, solo pochi mesi fa, il Pontefice ha risposto che “è solo una benedizione di neanche venti secondi che non si nega a nessuno”. Derubricando così la faccenda a contentino – cosa peraltro poi già evidente dalle incaute precisazioni del loquace cardinale Victor Manuel Fernández, il prefetto del dicastero per la Dottrina della fede, vera mente del documento e uomo dal lessico non propriamente forbito (vedasi la reductio a “cazzate” delle fandonie promosse da pseudoveggenti certe che la Madonna passa il tempo a moltiplicare gnocchi in padella). Francesco dopotutto è colui che pochi mesi dopo l’elezione, davanti a una delegazione di religiosi sudamericani ammise l’esistenza di “una lobby gay in Vaticano” promettendo rapidi provvedimenti. Non proprio in linea con tale promessa fu la repentina chiamata in Vaticano di mons. Gustavo Zanchetta, […] nominato assessore dell’amministrazione del patrimonio della Sede apostolica, […] mentre le procure argentine lo indagavano per violenza sessuale su due ex seminaristi. Anni dopo, la giustizia argentina l’avrebbe condannato a quattro anni e mezzo di carcere. Resta da capire come il Papa, gran conoscitore dei mezzi di comunicazione […], si sia lasciato andare a considerazioni non proprio politically correct davanti a una platea di più di duecento vescovi, non tutti convinti seguaci del modello “Chiesa di periferia” e non desiderosi di guidare il gregge avendo “l’odore delle pecore”. Il Papa che da undici anni e mezzo tuona contro il chiacchiericcio […] parla di “froceria” in un’assemblea sì a porte chiuse, ma aperta ai pettegolezzi una volta che tali porte si sono aperte. Resta da vedere se il mondo che finora ha lodato le “aperture” di Francesco, il suo capire “lo spirito del tempo”, la sua misericordia tout court […] sarà disposto a comprendere lo scivolone del Papa che piace quasi a tutti. E come ciò s’inserisca nel pontificato che – per citare qualche titolo del passato […] – “apre alle unioni civili tra le coppie gay”. In attesa, naturalmente, di smentite, precisazioni, inquadramenti contestuali. O dell’ennesima intervista.