COME SEMPRE, SARANNO DISATTESI. COSÌ CRESCE L’ASTENSIONISMO. MATTEO SALVINI HA PROMESSO DI TUTTO, DAL PONTE SULLO STRETTO ALL’ALTA VELOCITA’, STRADE E AUTOSTRADE, PONTI E CAVALCAVIA, PORTI E AEROPORTI. MA NON GLI BASTAVA E SI AVVENTURATO ANCHE SUL SISTEMA PENSIONISTICO E QUOTA 41. GLI E’ ANDATA MALE E SI E’ CONSEGNATO AL GENERALE VANNACCI CHE CON 530 MILA PREFERENZE GLI HA COLMATO IL BUCO DEL VOTO LEGHISTA. IL MINISTRO LEGHISTA GIORGETTI GLI HA COMUNQUE FRATERNAMENTE SPIEGATO CHE LE PENSIONI NON SI TOCCANO, LE PRIORITA’ SONO ALTRE E SARA’ UNA IMPRESA TROVARE I MILIARDI PER RISPETTARE GLI IMPEGNI GIA’ PRESI DAL GOVERNO. IN PRIMIS IL “CUNEO FISCALE”.
Estratto dell’articolo di Luca Monticelli per “La Stampa”
«Il taglio del cuneo va confermato, è la priorità numero uno. Dovendo scegliere una misura io farei quella». Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti lo ha ribadito agli imprenditori bergamaschi che ha incontrato prima del weekend elettorale. La riforma delle pensioni, invece, è completamente sparita dai radar, non se ne parla più. Durante la campagna elettorale Matteo Salvini ha provato a rilanciare Quota 41, anche in un’intervista a La Stampa. Ma resterà a bocca asciutta: il progetto di andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica è definitivamente tramontato. Il tema peraltro è sensibile a livello internazionale, e con le tensioni che si percepiscono sui mercati, l’Italia non può certo permettersi di toccare l’età pensionabile alla luce dei costi provocati da Quota 100. La giornata di ieri in Borsa ha visto Milano perdere l’1,93% e lo spread risalire a 150 per poi attestarsi a ridosso dei 145 punti base, mentre il rendimento dei Btp decennali ha superato il 4%, al massimo dallo scorso dicembre. L’incertezza dovuta al voto europeo e all’avanzata dell’estrema destra testimonia ancora una volta che quando c’è una tempesta, l’Italia rischia di pagare più degli altri. […] Il 19 giugno è la data cerchiata in rosso sul calendario, con il governo che si vedrà notificare dalla Commissione europea uscente l’apertura di una procedura per deficit eccessivo. L’Italia non sarà l’unico Paese a subire il richiamo di Bruxelles, ce ne saranno una decina, tra cui la Francia. L’idea che circola nei corridoi di Palazzo Chigi è che il risultato positivo di Fratelli d’Italia non possa essere ignorato dai funzionari della Commissione in uscita. Perciò la presidente Meloni, che come raccontato da questo giornale sosterrà il bis di Ursula von der Leyen, si sente legittimata a contrattare margini più ampi sulla correzione dei conti. La strategia era stata studiata a tavolino con il ministro Giorgetti con la stesura del Def, quando si decise di non presentare la stima del deficit programmatico, limitandosi al dato tendenziale indicato nel 2025 al 3,7% e poi corretto al 3,6% qualche settimana dopo grazie al decreto sul Superbonus che ha spalmato le detrazioni in dieci anni. Ebbene, lo scarto tra tendenziale e programmatico sarà proprio la quota di risorse in deficit che l’Italia potrà utilizzare per finanziare la legge di bilancio, e qui Meloni e Giorgetti si giocano tutte le fiches sulla conferma del taglio del cuneo fiscale che vale dieci miliardi. Ci vorrebbe mezzo punto di Pil per coprire gli sgravi sulle buste paga, fissando quindi l’asticella del programmatico al 4,1%. […] La trattativa con Bruxelles entrerà nel vivo a settembre, quando il 20 l’esecutivo dovrà inviare il piano di medio termine (il documento che sostituisce la Nadef). Tuttavia, in queste settimane si getteranno le basi sull’orientamento da tenere in autunno. Le nuove regole del patto di stabilità consentono di realizzare un abito su misura insieme all’Ue, e l’Italia chiederà di ottemperare all’aggiustamento dello 0,5% del deficit strutturale in sette anni. Il centrodestra è convinto che la procedura non sia un grosso danno, perché consente di rinviare il taglio del debito (l’1% annuo secondo la neonata governance economica). Con queste premesse, riuscire a strappare altri soldi da spendere per tagliare le tasse con il debito in risalita appare problematico, ma ad aiutare la trattativa è la débâcle elettorale di Salvini. Sfumata Quota 41, anche nella versione light tutta contributiva, in legge di bilancio ci si limiterà a qualche ritocco del sistema pensionistico. La Lega chiederà almeno la proroga di Quota 103, che però nel 2023 ha prodotto solo 20 mila uscite. La previdenza è dunque una carta in meno da portare al tavolo con l’Europa, sperando che il taglio del cuneo fiscale non diventi una mano di poker al buio.