RASSEGNA STAMPA – NELLA VICENDA DELL’ATTENTATO A DONALD TRUMP

SI FA UN GRAN PARLARE DELL’IMPATTO ICONICO DEL SANGUE CHE GLI RIGA IL VOLTO SULL’IMMAGINARIO COLLETTIVO E SULLE PULSIONI A LIVELLO SUBLIMINALE. LE FOTO CHE HANNO FATTO IL GIRO DEL MONDO E LUI SANGUINANTE CHE INVITA ALLA LOTTA PASSERANNO ALLA STORIA, A PRESCINDERE SE SARA’ ELETTO PRESIDENTE. VITTIMA O EROE, A SECONDA DEI PUNTI DI VISTA, EMERGE LA CONSAPEVOLEZZA DELL’EFFETTO SCENICO DI QUEL PUGNO ALZATO CHE NESSUNO COMIZIO POTREBBE EGUAGLIARE. IL CORPO E IL SANGUE COME STRUMENTO CONSAPEVOLE DI COMUNICAZIONE POLITICA. IL PRECEDENTE E L’ANALOGIA CON BERLUSCONI.

Corrado Augias per “la Repubblica” – Estratti

La reazione di Donald Trump al colpo che gli ha sfiorato l’orecchio destro è stata fulminea, nessun ragionamento, puro istinto.

Come mostrano le immagini, quando ha avvertito un doloroso bruciore, s’è toccato la parte, ha guardato per un attimo la mano sporca di sangue e allora, mentre gli uomini (e una donna) dei servizi segreti lo circondavano facendo muro con i loro corpi trascinandolo via, s’è divincolato girandosi verso il pubblico ha alzato il pugno gridando “Combattere, combattere” ma soprattutto mostrando al popolo il volto rigato di sangue.

Sono cose che non s’imparano, semplicemente si fanno se uno ha dentro di sé una naturale potenzialità istrionica, la consapevolezza che la lotta politica si fa anche esibendo le conseguenze di un attentato mancato. In piena campagna elettorale, una manna caduta dal cielo.

La memoria corre immediatamente al 13 dicembre 2009 quando Massimo Tartaglia, 42 anni, perito elettrotecnico, aggredì Silvio Berlusconi dopo un comizio a Milano scagliandogli da poca distanza una piccola riproduzione in metallo del Duomo.

(…) Come nel caso di Trump anche quello di Berlusconi fu un gesto immediato, istintivo, un riflesso condizionato, la consapevolezza che l’esibizione del sangue, nel caso di un leader politico, è un impareggiabile strumento di comunicazione.

Anche a Milano, come a Butler Pennsylvania, Berlusconi venne circondato da uomini della sicurezza e trascinato via immediatamente dopo esser riuscito ad esibire la sua ferita.

Le similitudini però cessano qui.

Thomas Mattew Crooks, 20 anni, bianco, repubblicano, è stato prontamente ucciso da un cecchino della sicurezza, Tartaglia venne portato in giudizio e assolto perché giudicato totalmente incapace d’intendere e di volere, ha passato qualche tempo in una comunità terapeutica, ha chiesto e ottenuto il perdono all’uomo che aveva offeso.

(…)

Qualche anno fa Marco Belpoliti pubblicò un libro dal titolo “Il corpo del capo” (Guanda ed.). Che cosa diceva Belpoliti? Diceva che Berlusconi come pochi altri ha sfruttato sia come imprenditore sia come leader politico il proprio corpo. Il volto perennemente truccato come un attore, il ritocco delle fotografie, il ricorso alla chirurgia estetica, i rialzi plantari per attenuare un deficit di statura, l’uso strategico del sorriso, tutto in lui era messa in scena, ostentazione, una scelta comunicativa che cominciava prima ancora di pronunciare le prime parole con risultati, sembra, di notevole efficacia.

Giulio Andreotti al contrario non aveva mai fatto nulla per nascondere un’evidente malformazione della colonna vertebrale, Giulio Einaudi si sorreggeva con un bastone negli spostamenti, Enrico Berlinguer non ha mai badato troppo al proprio abbigliamento. Si dirà che erano politici di un’altra era, ed è vero.

Ma se andiamo con la memoria ancora più indietro, troviamo forse nella nostra storia un archetipo dal quale sia Berlusconi sia Trump possono aver derivato la loro prontezza istrionica. Il richiamo è dello stesso Belpoliti che individua nel suo saggio alcune suggestive similitudini con il possibile prototipo: Benito Mussolini. Il primo grande politico che ha sfruttato atteggiamenti e intonazioni teatrali nella sua oratoria e nel comportamento pubblico è stato già negli anni Venti, un secolo fa, il Duce del fascismo.

Mussolini, tra l’altro, è stato l’unico capo di governo italiano che ha chiuso tragicamente la sua esistenza. Gli Stati Uniti hanno avuto ben quattro presidenti assassinati, da Abraham Lincoln (1865) a John F. Kennedy (1963).

Le maschere teatrali possono anche essere identiche, gli attori recitano davanti a platee profondamente diverse.