TUTTO SOMMATO MATTEO SALVINI NON HA DISTURBATO LE VACANZE DEGLI ITALIANI FACENDO IRRUZIONE CON I SUOI PROCLAMI, LE SUE DIFFIDE, I SUOI COMPIACIMENTI.

PER LO IUS SCHOLAE HA DATO INCARICO AI SUOI COLONNELLI DI RINTUZZARE TAJANI MENTRE PER L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA SI E’ ASTENUTO DAL COMMENTARE LA RACCOLTA, IN POCHI GIORNI, DELLE FIRME PER IL REFERENDUM ABROGATIVO. DEVE SENTIRE PUZZA DI BRUCIATO SE A SBRIGARSELA HA LASCIATO CALDEROLI E ZAIA CHE, GIULIVAMENTE,SI AVVENTURANO A SOSTENERE CHE E’ IL REFERENDUM E NON LA LEGGE CALDEROLI A SPACCARE IL PAESE. ZAIA, DI FRONTE ALLA PRESA DI POSIZIONE DELLE GERARCHIE ECCLESIASTICHE CONTRO L’AUTONOMIA, HA INVITATO IL VERTICE DELLA CEI A CONFRONTARSI CON GLI ESPERTI CHE HANNO ELABORATO LA LEGGE PER LA LEGA. COME SE LA CEI FOSSE UN COMITATO SPONTANEO DI SPROVVEDUTI DELLA VALMEMBRANA. SALVINI TACE, OSSERVA PREOCCUPATO LE PERFORMANCES DI VANNACCI CHE STA LAVORANDO PER UN SUO MOVIMENTO POLITICO. NON INVOCA PIU’ LE MADONNE, NON CI INFORMA PIU’ DI QUELLO CHE MANGIA E MENO CHE MAI PENSA DI CHIEDERE “PIENI POTERI”. SUPERATO DA TAJANI E FORZA ITALIA, RIFLETTE SGOMENTO SU ALCUNI SONDAGGI CHE LO DANNO AL 5 PER CENTO. NON PUO’ NEMMENO DARE DISPIACERI ALLA MELONI PERCHE’ CI PENSA TAJANI, SOLLECITATO DAI FRATELLI BERLUSCONI A FARE POLITICA IN PIEDI E NON INGINOCCHIATO ALLA MELONI DEL QUIRINALE SE NE PARLERA’ A TEMPO E A LUOGO. INTANTO LUNGA VITA A MATTARELLA.

Marcello Sorgi per “La Stampa” – Estratti

Sarà anche vero che Meloni non poteva far altro che votare contro la riconferma della Von der Leyen alla guida della Commissione Europea, né poteva, lei, euroscettica delle origini, rimettersi sulla strada della conversione virtuosa all’europeismo prima di sapere se VdL avrebbe dato il via libera all’ingresso nella nuova Commissione del ministro Fitto.   (…) E sarà anche vero che Tajani si è risolto a inoltrarsi sulla pericolosa via del dissenso da Meloni, di cui per un anno e mezzo era stato un fido servitore, perché sollecitato dai fratelli Berlusconi, azionisti forti di Forza Italia, ma il vicepremier e ministro degli esteri cos’altro poteva fare, lui centrista, moderato e membro del Ppe, per non restare stritolato nell’abbraccio mortale del suo omologo alleato leghista? Infine, sarà anche vero che Salvini, includendo come capolista della Lega alle europee l’ex-generale nonché autore del furioso best-seller “Il mondo al contrario” Vannacci si costruiva un partito rivale all’interno del suo partito, di cui oggi comincia a scontare le conseguenze. Ma cos’altro poteva fare con una Lega ormai battuta da Forza Italia e ridotta nei sondaggi sotto al 5 per cento, se non accoppiarsi con lo scrittore del manifesto perbenista (e razzista) della destra radicale, che adesso comincia a presentargli il conto delle sue oltre 500 mila preferenze (due punti e mezzo in percentuale, che hanno salvato il Carroccio dal precipizio) chiedendogli un terzo delle candidature alle regionali? Salvini è così: imbattibile nella velocità di comunicazione, spregiudicato nei contenuti, ha finora evitato il declino definitivo dai fasti del 34 per cento di cinque anni fa grazie a una serie di salti nel buio. Interrogarlo su qual è la sua strategia è inutile: non ne ha. Chiedergli se di tanto in tanto non dubiti di portare il governo a sbattere contro un muro, altrettanto: non gliene importa nulla.