Può capitare che ritieni di conoscere un luogo, le sue attrazioni e le potenzialità di sviluppo e poi ti accorgi che sei rimasto fermo agli “scavi di Sibari” e alle sue vicissitudini museali tenute vive,per fortuna, dai flussi scolastici. L’occasione di tornare a Sibari è venuta dall’inaspettata sessione estiva di “vinItaly” che, dopo Verona, ha scelto Sibari su richiesta dell’assessorato regionale all’agricoltura. Dei “laghi di Sibari” si è parlato molto quando sono stati realizzati e trionfalisticamente messi sul mercato turistico ma una serie di problemi , riconducibili all’insabbiamento del canale , hanno aperto una crisi che si è trascinata fino ai nostri giorni. I l visitatore che arriva per la prima volta resta affascinato dalle darsene che dall’acqua portano direttamente nelle case. Le barche ormeggiate segnano il paesaggio e fanno tutt’uno con le abitazioni. Girando per le 5 darsene sorprende il numero delle case disabitate se non visibilmente abbandonate. Non esistono spiegazioni ufficiali e nemmeno i residenti stabili sanno fornire spiegazioni convincenti. Il problema del canale d’ingresso ,che puntualmente ogni anno si riempie di sabbia, viene risolto con l’asporto della sabbia accumulatasi e la navigabilità ripristinata .Non è dato sapere ,tuttavia, se per i diportisti il problema della sabbia costituisca comunque un elemento di rischio che scoraggia l’entrata nel canale, certo è che i laghi hanno dato vita a una fruizione “stanziale” delle darsene e delle abitazioni. Si vive fra barca e casa ma con dei vuoti nella giornata difficili da riempire. Ad orientare la scelta dei laghi è certamente l’utilizzo della barca, nel senso che il rapporto tradizionale “casa al mare -barca” viene ribaltato con la netta prevalenza della barca sulla casa. Sotto questo profilo ,se si considera che in un nucleo familiare si esprimono esigenze diverse connesse all’età e alle abitudini dei componenti il nucleo , può rivelarsi non gratificante vivere sulla darsena una volta lasciati i lidi tradizionali attivi lungo la costa . A questa peculiarità specifica dell’habitat va associata la scarsità e la qualità dei servizi esterni ai laghi che da alcuni viene ritenuta la causa principale dell’abbandono e della “fuga”. Effettivamente la possibilità, una volta rientrati in darsena, di programmare una serata in luoghi di incontro, di relazioni e di svago arricchirebbe di molto l’offerta del soggiorno o della vacanza ai “laghi”. Se si considera che Sibari è a meno di mezzora di autostrada da Cosenza , non si spiega l’anomalia di una presenza , tutto sommato irrilevante ,di cosentini. Andare a Sibari implica necessariamente una visita agli “scavi”ed al connesso museo che meriterebbe flussi più consistenti del turismo “colto”. L’ingresso è accogliente ma il verde intorno alla struttura è abbandonato alle erbacce ed offre una sensazione sgradevole là dove potrebbe essere un parco alberato e florealmente arredato che certamente tornerebbe gradito alle scolaresche in visita , soprattutto se servito da un chiosco per una bibita o una bottiglia d’acqua. All’interno, al di là della cortese accoglienza di due hostess, si coglie una atmosfera di approssimazione e anche di manifesta imprudenza. Le anfore di varia grandezza ampiamente presenti non sono “recintate”, nel senso che il visitatore si trova a diretto contatto, senza nemmeno un cordone che delimiti lo spazio inviolabile.Si fa osservare che a tutelare le anfore da contatti diretti provvedono le “guide” che accompagnano i visitatori ma resta il rischio che qualcuno, avvicinandosi troppo, ci caschi sopra. L’approssimazione che si percepisce nella gestione del museo diventa ineludibile quando (vedasi la foto) la classificazione di alcuni reperti viene effettuata con delle scritte a mano su delle strisce di carta gommata apposte sulle vetrine. Non si tutela così l’immagine di un museo e non è difficile immaginare l’impressione che ne può ricavare il turista,Probabilmente il museo ha problemi più seri da affrontare a resta senza spiegazioni il divieto di accesso ai laboratori dove vengono trattati i reperti ancora non classificati che costituiscono la componente più preziosa del patrimonio museale. Gli “scavi”, salvati dal fango che anni fa ha invaso l’area, mantengono tutto il loro fascino e costituiscono una location di grande suggestione. Non a caso l’edizione calabrese di “vinItaly”, che meritava forse qualche pagina sui quotidiani nazionali e negli spazi pubblicitari delle tv nazionali, ha avuto come location l’area degli scavi. Sbaglia l’intraprendente assessore che vuole , piegandolo a logiche di bottega elettorale, rendere “itinerante” vinItaly. Vuol dire non capire cosa rappresenta Sibari. Sibari ha una grande risorsa che fino ad oggi non ha utilizzato turisticamente ed è la sua storia e quanto della sua storia circola per il mondo. Grande colonia magno-greca fondata dagli Achei divenne un ,grande centro commerciale dal quale transitavano merci e prodotti destinati ai grandi mercati. E’ passata alla storia anche per la “mollezza” dei suoi costumi che in realtà erano gli eccessi di una ricchezza vissuta nella ricerca dei piaceri della tavola, del corpo e dello spirito. Era il risultato di una cultura tollerante e aperta alle innovazioni che non conosceva le distinzioni di genere e, meno che mai, criminalizzava l’omosessualità. Una civiltà di uomini liberi e colti che soltanto una “narrazione” superficiale,semplificata e un po’ bacchettona” riduce a mollezze e lussuria. La riuscita kermesse enologica di “vinItaly” suggerisce di continuare su questa strada allargando il contenitore dell’evento alle “cene sibarite”,storicamente accertate, rivisitate ovviamente con le raffinatezze della enogastronomia contemporanea ,senza trascurare eventi culturali quali la riproposizione del teatro greco a fronte della cinematografia più espressiva dei tempi che viviamo. Tutto si può fare ma ci vuole “visione”, volontà politica e attitudine a sperimentare nuovi percorsi del turismo calabrese che,fino ad oggi, non ha saputo a mettere a frutto quel patrimonio di storia di 3 mila anni che-affermava Saverio Strati- è la vera età anagrafica e identitaria del calabrese.