SEMPRE PIU’ IN DIFFICOLTA’ IL GOVERNO PER METTERE INSIEME I MILIARDI CHE SERVONO PER LA LEGGE DI BILANCIO E PER TENERE BUONA BRUXELLES CHE VIGILA SUI CONTI E SUI NUMERI. AUMENTANO ANCHE LE ACCISE SUL GASOLIO E VIENE DA RIDERE SE SI PENSA A QUELLO SPOT DELLA MELONI IN AUTO CHE, RIVOLGENDOSI AL BENZINAIO, SPARA CONTUMELIE CONTRO LE ACCISE SU GASOLIO E BENZINA VOLUTE DAL GOVERNO IN CARICA. UNO SPOT CHE HA CONTRIBUITO A PORTARLA AL GOVERNO DEL PAESE E PER IL QUALE NESSUNO LE FA PAGARE PEGNO. A PROPOSITO DI “CAMPOLARGO” E “CAMPOSANTO”.
Estratto dell’articolo di Luca Monticelli per “la Stampa”
Mezzo punto percentuale in più rispetto al 2024, oltre un punto sul 2023. La pressione fiscale in Italia toccherà quota 42,8% nel prossimo anno. E sarà stabile a quel valore almeno fino al 2026. Lo schema di base, a legislazione vigente, è contenuto a pagina 189 del Piano strutturale di bilancio. Nonostante le promesse, il carico tributario del prossimo triennio sarà a ridosso del 43%, il massimo degli ultimi anni. E c’è un’altra promessa del centrodestra destinata a saltare: l’abolizione delle accise sui carburanti. Nel Psb il governo annuncia un riallineamento verso l’alto delle imposte sul diesel, cancellando lo sconto rispetto alla benzina. Le premesse erano altre. Almeno a parole, il governo di Giorgia Meloni aveva rimarcato che ci sarebbe stata una graduale riduzione degli oneri fiscali nei prossimi anni. La realtà invece è che la pressione tributaria media crescerà ancora. Secondo il Psb le entrate passeranno dal 46,6% del Pil dello scorso anno al 47,5% del 2025. Una variazione inferiore a quella registrata sul fronte del fardello erariale che pesa su imprese e famiglie. […] Più di una volta, il rigore di bilancio è stato richiesto anche dal Fondo monetario internazionale. Ma, come facevano notare prima dell’estate gli analisti di Allianz, il problema non riguarda solo i conti pubblici, che devono essere in ordine. Bensì, nel caso dell’Italia, un clima burocratico in grado di essere attrattivo. Anche a cominciare da aliquote fiscali più leggere rispetto ai Paesi limitrofi. Così, a detta del Psb, non sarà. Intanto, l’opposizione si schiera contro le norme sul ravvedimento speciale inserite al decreto Omnibus all’esame del Senato e collegate al concordato biennale. Per il Partito democratico la norma approvata da Palazzo Madama è «una vergogna, un Robin Hood al contrario», l’Alleanza verdi e sinistra parla di «condono nel condono», mentre il Movimento 5 Stelle accusa la maggioranza di aver varato un provvedimento «penoso». […] Il tema del concordato sembra aver condotto il governo in un vicolo cieco. Il progetto del vice ministro Maurizio Leo – sostenuto da Fratelli d’Italia e Forza Italia – di far emergere a prezzo di saldo i redditi nascosti al fisco dalle partite Iva per recuperare gettito, e destinarlo al taglio delle tasse per il ceto medio, sembra sempre più in bilico. La norma sul ravvedimento speciale – che consente di mettersi in regola per gli anni che vanno dal 2018 al 2022 per chi aderisce al concordato – è l’ennesima disperata mossa per rendere più attrattivo questo strumento. Con un’aliquota tra il 10 e il 15% a secondo del voto Isa (l’indice di affidabilità fiscale) le partite Iva potranno mettersi in regola con l’Agenzia delle entrate per i prossimi due anni, senza subire ulteriori controlli, e sanare anche il passato. Per tagliare l’Irpef di uno o due punti a favore del ceto medio, ovvero per i redditi tra 35 mila e 50-60 mila euro lordi l’anno, servono almeno due miliardi e mezzo. Non è un mistero che sulla fattibilità di questa operazione il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sia piuttosto scettico. Non a caso, nel Psb trasmesso alle Camere non si menziona in alcun modo la possibilità di sforbiciare le imposte sui redditi medio alti. Si conferma che il taglio del cuneo per i redditi fino a 35 mila euro diventerà strutturale (per i prossimi 5 anni), e sarà finanziato in parte con i 2,2 miliardi di maggiori entrate permanenti che derivano dal miglioramento dell’adempimento spontaneo. Come non è menzionato il ceto medio, nel Piano non viene citato nemmeno l’ampliamento della Flat tax caro alla Lega per i redditi da 85 a 100 mila euro. Manca ancora un mese e mezzo al varo della legge di bilancio, quindi le risorse possono sempre essere trovate. Il Tesoro è impegnato a usare le forbici per ridurre le detrazioni. Da questo capitolo, però, più che i soldi per i l ceto medio, dovranno saltare fuori le coperture per il pacchetto famiglia