SE LA MORTE DI SINWAR DECAPITA DEFINITIVAMENTE HAMAS

E POTREBBE APRIRE UNA TRATTATIVA PER IL RILASCIO DEGLI OSTAGGI ISRAELIANI -VALE PER I SUPERSTITI- NON ACCADE LO STESSO PER HEZBOLLAH LA CUI CATENA DI COMANDO NON E’ AFFIDATA AD UN SOLO CAPO. L’ORGANIZZAZIONE MILITARE PUO’ CONTARE SU INGENTI RISORSE E DIETRO HEZBOLLAH “PARTITO DI DIO” C’E’ L’IRAN DI KAMENEY, CAPO POLITICO E RELIGIOSO.

Estratto dell’articolo di Giordano Stabile per “La Stampa”

Israele ha decapitato i suoi due più temibili nemici “vicini”, Hamas ed Hezbollah, e si prepara al secondo autunno di guerra, questa volta su un doppio fronte. L’eliminazione dei principali responsabili dei massacri del 7 ottobre era l’obiettivo numero uno delle forze armate israeliane. […]. Nessuna decapitazione della leadership ha mai fatto crollare un gruppo combattente. L’unico modo è sconfiggerlo sul campo. E quindi, dopo Gaza, bisogna entrare in Libano. L’uccisione di Hassan Nasrallah, il 27 settembre, e di decine di alti dirigenti, compreso il numero due Hashem Safiaddine, non hanno cambiato i piani di Hezbollah. La dottrina Nasrallah si basa sul concetto “rendere impossibile l’occupazione”, ed è una forma di guerriglia a più alta intensità, con uso massiccio di razzi anti-tank, missili e droni suicidi. Ha funzionato negli anni Novanta, ha raggiunto l’apice nella guerra dell’estate del 2006. I prossimi mesi ci diranno se reggerà alla prova adesso, con Israele decisa a usare una potenza di fuoco molto maggiore, inaudita. Nasrallah aveva guidato di persona le operazioni nel 2006. La sua mancanza si farà sentire e questo è un sicuro vantaggio per l’Idf. Ma il gruppo aveva messo in conto la sua eliminazione e creato una catena di comando, già a livello di battaglione, con un paio di vice esperti per ogni comandante. Israele al momento schiera cinque divisioni, è penetrata per pochi chilometri, è frenata dalla presenza dell’Unifil, e anche dell’esercito libanese, che di fatto rende difficile andare oltre 5 chilometri dalla Linea blu. Hezbollah è molto più potente di Hamas perché, se si contano anche i riservisti con reale esperienza di combattimento, arriva fino a 60-70 mila uomini. Il terreno è completamente diverso da Gaza, fatto di colline ripide, valli incassate, zone boscose. Gli agguati sono tesi con lanciarazzi, mortai e missili anti-carro. I militanti palestinesi rivendicano la distruzione di 17 tank Merkava, tutta da verificare, ma in ogni caso l’Idf è più prudente nell’uso di forze corazzate, dopo le perdite consistenti nel 2006. E questo allunga i tempi. Quello che è sicuro è che la “mietitura” della dirigenza sia militare che politica dell’avversario riduce quasi a zero le trattative. Benjamin Netanyahu va alla resa dei conti finale con i due proxy dell’Iran. Uno, Hamas, imbarcato solo per opportunismo e per alimentare la retorica khomeinista della difesa della “causa palestinese”. L’altro, Hezbollah, costruito con pazienza e abbondanza di mezzi in quarant’anni, per diventare la punta di lancia della penetrazione iraniana nel Levante arabo, fino al Mediterraneo. Gli ayatollah cercheranno di salvarlo con tutti i mezzi a disposizione. È una lotta spietata. Due giorni fa gli israeliani hanno demolito con una gigantesca esplosione il villaggio di Mhaibib, in cima a una collina, assieme a un santuario attribuito al profeta Beniamino. Sembra la strategia della terra bruciata. Ma, dice un proverbio arabo, la vendetta è «come bere acqua di mare, non placa mai la sete».