Città unica, la parola a un tecnico: «La fusione conviene sempre, soprattutto al Sud» [nella foto l’architetto Sabrina Barresi]

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Sabrina Barresi, ex dirigente a Palazzo dei Bruzi: «L’accorpamento è un processo inevitabile per contrastare disservizi e diseconomie urbane»

COSENZA «Spesso il dibattito politico tende a distogliere l’attenzione dalla vera natura dei problemi, e questo sembra accadere in ordine alla fusione dei comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero»: inizia così la riflessione dell’architetto Sabrina Barresi, ex dirigente del settore Pianificazione di Palazzo dei Bruzi.
«Eppure basterebbe guardarsi intorno per rendersi conto che l’accorpamento dei Comuni è un processo inevitabile per contrastare disservizi e diseconomie urbane», aggiunge Barresi.

Nel resto d’Europa

Guardando ai nostri vicini, notiamo che in Gran Bretagna, tra il 1961 e il 2018, i comuni sono passati da 1.349 a 391, mentre in Islanda il numero è sceso da 229 a 74. La Danimarca ha ridotto il proprio numero di comuni da 271 a 98 dal 2007 al 2024, e in Germania, in particolare nei Länder come la Sassonia, si è passati da 1.600 a 500 comuni. Anche la Francia ha visto una diminuzione significativa, passando da 36.700 a circa 34.900 comuni tra il 2010 e il 2020. In Grecia, il programma Callicrate del 2011 ha portato a una riduzione dei comuni da 1.033 a 325, sopprimendo quelli con meno di mille abitanti.
«Nella maggior parte di questi casi, le fusioni sono avvenute senza il coinvolgimento delle comunità, ma i vantaggi ottenuti sono stati notevoli. In Germania, per esempio, si è registrata una maggiore efficienza amministrativa, risparmi economici e un miglioramento dei servizi. In Francia, si è osservata una migliore integrazione dei servizi pubblici. In Grecia, le fusioni hanno facilitato il controllo sulle finanze locali e la pianificazione urbana, mentre in Spagna si è ottimizzato l’uso delle risorse pubbliche. I comuni inglesi, infine, hanno rafforzato la loro rappresentatività e adottato un approccio più coordinato allo sviluppo urbano».

In Italia fusioni concentrate al Nord

Sebbene in ritardo rispetto al resto d’Europa, anche in Italia il processo di fusione dei comuni è stato avviato. Tra il 2011 e il 2024, il numero complessivo dei comuni passa da 8.092 a 7.896, con una significativa concentrazione delle fusioni al nord. Anche nel nostro paese, i benefici sono già evidenti: analisi delle entrate ante e post fusione mostrano una maggiore capacità di spesa per i servizi e una riduzione delle imposte. A questi vantaggi si aggiungono le opportunità di attrarre fondi e risorse da enti superiori.

L’identità? Un tema poco rilevante

«È indubbio – aggiunge Barresi – che la fusione dei Comuni insieme ai vantaggi possa portare a sfide insidiose come la gestione delle identità locali e le resistenze al cambiamento. Tuttavia, nel caso di Cosenza, Rende e Castrolibero, il tema della identità si dimostra poco rilevante o addirittura fuorviante considerato che tra il 1981 e il 1991 la città di Cosenza ha perso oltre 18.000 abitanti e di questi circa 5.700 si sono trasferiti nella città di Rende e poco più di 3.000 in quella di Castrolibero. Di fatto i tre comuni hanno già una forte interconnessione storica e culturale. Le persone che vivono in questa area condividono tradizioni, usi e stili di vita, il che facilita il senso di comunità. Eppure, nel dibattito locale, nulla di tutto ciò emerge, nulla del vissuto collettivo trova forma per diventare forza di coesione».

Contro spopolamento e invecchiamento

«Si tratta di miopia istituzionale e politica?» si chiede l’architetta. «Se dal 1991 al 2021 solo Cosenza e Castrolibero hanno perso popolazione, dal 2021 al 2023 anche Rende ha cominciato a seguire lo stesso trend. I tre Comuni affrontano dinamiche simili, come la riduzione delle nascite e l’invecchiamento della popolazione, che inaspettatamente vede in prima fila Castrolibero, seguita da Rende e quindi da Cosenza».
Infine una stoccata agli attori del dibattito politico istituzionale: «Sembra che i vari gruppi coinvolti nel dibattito – conclude Barresi – siano più interessati a gestire a loro favore le resistenze al cambiamento, piuttosto che cercare un vero confronto con le comunità locali. Come si dice, a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca».