OVVIAMENTE DOPO LA BEFFA DELLA SCONFITTA PER SOLI 8 MILA VOTI NEL CENTROSINISTRA VOLANO GLI STRACCI

E PRENDE QUOTA LA METAFORA DEL RIGORE MANCATO “A PORTA APERTA”. CIOE’ IL MASSIMO DELLA CIALTRONERIA POLITICA FRUTTO DI GELOSIE E VETI INCROCIATI. PER GIUSEPPE CONTE, IN COMPETIZIONE CON GRILLO PER PORTARE IL M5S ALLA “ESTINZIONE” POLITICA, IL RISULTATO DEL M5S E’ “DELUDENTE”, NULLA DI PIU’. EVIDENTEMENTE PER CONTE LA RESPONSABILITA’ DELLA SCONFITTA E’ DI QUALCUN ALTRO. SAREBBE TEMPO, INVECE, DI PRENDERE ATTO DELLA MODESTE CAPACITA’ DEL PERSONAGGIO IN TERMINI DI “VISIONE” ED ELABORAZIONE POLITICA. E’ UN LEADER SENZA UNA STORIA E UNA MILITANZA ALLE SPALLE, “INVENTATO” PER CALCOLO E SBALZATO DA UNO STUDIO LEGALE AI BANCHI DEL GOVERNO SOTTO IL VIGILE CONTROLLO DI LUIGI DI MAIO. NEL SUO CURRICULUM NEMMENO L’ESPERIENZA DI SEMPLICE CONSIGLIERE COMUNALE IN QUEL DI VOLTURARA APPULA, PAESE NATIO. NON SI E’ RASSEGNATO ALL’USCITA DA PALAZZO CHIGI E FAREBBE UN PATTO COL DIAVOLO PER POTERCI TORNARE. DELLA POLITICA HA ASSIMILATO ODI E RANCORI E SE NE TROVANO I RISCONTRI NELLA VICENDA ELETTORALE LIGURE. RIVENDICA IL MERITO DEL SUPERBONUS IN EDILIZIA MA GLI CONTESTANO CHE NE HANNO BENEFICIATO PALAZZINARI E IMMOBILIARISTI CHE HANNO AUMENTATO DI 80 MILIARDI IL BUCO DELLE FINANZE STATALI. NON C’E’ CHE DIRE PER UN LEADER CHE IN LIGURIA HA PORTATO IL M5S AL 4,5 PER CENTO O GIU’ DI LÌ. AD MAJORA!!

Alessandro De Angelis per https://www.huffingtonpost.it

Doveva essere un rigore a porta vuota, che avrebbe dovuto rappresentare il primo goal del “tre a zero” – così diceva Elly Schlein – nella partita autunnale delle tre regioni al voto (Liguria, Umbria, Emilia-Romagna): l’inchiesta, l’arresto del governatore Giovanni Toti, il patteggiamento, i suoi che lo scaricano. E invece il centrosinistra ha perso di un punto. Uomo partita, quella vecchia volpe di Claudio Scajola. Perché con i suoi voti su Imperia ha compensato una performance non brillante di Marco Bucci su Genova città, la zona dove evidentemente si è registrato di più l’effetto dell’inchiesta col porto come epicentro. Raramente, da quando c’è l’elezione diretta dei governatori, si è verificata una riconferma della coalizione uscente di fronte a uno scandalo che l’ha travolta. Lo scarto, sia pur ridotto, rende più eclatante la beffa. Pur esigua numericamente è, politicamente, una disfatta, per una coalizione che solo qualche mese fa alle Europee, tutta assieme con Matteo Renzi aveva un vantaggio di sette punti e, senza Renzi, di quattro. In mezzo, da allora ad oggi, certo il centrodestra ha azzeccato il candidato, l’unico possibile.  (…) La verità è che la sconfitta, e qui il suo valore politico è più grande della Liguria, squaderna tutte le contraddizioni di una coalizione che non è tale, diversamente dal centrodestra – sia pur con mutati rapporti di forza – sta assieme da trent’anni. C’è il Pd, che ha avuto un eccellente risultato (28 per cento, aumentando il consenso delle Europee) e il deserto attorno. Deserto al centro, che nel Nord diventa un handicap rilevante: praticamente la coalizione di Andrea Orlando è disarmata sul fonte moderato (la civica con Calenda raccoglie solo l’1,8 per cento). E, se non il deserto, una frana molto seria sul fronte dei Cinque stelle, dimezzati rispetto alle Europee. C’è poco da fare: mostra tutta la sua fragilità lo schema di una competizione identitaria tutta a sinistra, da cui si conferma il Pd come partito egemone, Avs come secondo partito della coalizione col 6,2 e una crisi dei pentastellati. Insomma, mutano i rapporti di forza, la somma non fa un’alternativa. Genova per loro (i Cinque stelle) è quasi un’ironia della storia, densa di conseguenze per il futuro. Lì è iniziata e lì finisce, politicamente, prima che si consumi l’epilogo a carte bollate tra il Fondatore e l’Elevato, diventato il Mago di Oz alla sua prova del fuoco: elevarsi da solo reggendo il peso del parricidio. La sconfitta, e questo è il suo valore nazionale, è la sconfitta di un metodo, al tempo stesso, politicista e inerziale. L’idea cioè di un sistema di alleanze come discussione nominalistica – Renzi sì, Renzi no, Conte che a livello nazionale è alleato a metà e in Liguria irrinunciabile – sempre gli stessi, in un mutato gioco di ruoli. E l’idea che, a un certo punto ci sarebbe stata una spinta naturale “contro la destra”: l’unità come fine e non come mezzo per realizzare un progetto di cambiamento, da costruire politicamente, oltre la retorica dell’allarme democratico. Anzi proprio l’allarme, come accade da un po’ di tempo a questa parte, la rende più bruciante. Perdi contro una coalizione travolta dallo scandalo, ma anche nel più acuto momento di contrapposizione con la destra su migranti, manovra, questione democratica, a conferma che nessuna indignazione può essere sostitutiva di una coerente politica alternativa. E’ tutto qui il rigore sbagliato. E, a conti fatti, nelle quattro Regioni andate al voto, per ora il risultato è tre (Abruzzo, Basilicata, Liguria) a uno (Sardegna). Lì Giorgia Meloni si è fatta l’autogoal col candidato. Altro che “spallata”.