RIMANE IL PROBLEMA CHE LA COALIZIONE NON C’E’ E IL “CENTRO” E’ DI LA’ DA VENIRE VISTO CHE RENZI E CALENDA SI SONO RECIPROCAMENTE FATTI FUORI. IN ATTESA DEL “CENTRO” CHE NON C’E’ SI POTREBBE LAVORARE SU QUEL 50 PER CENTO CHE NON VA A VOTARE.
Mario Ajello per il Messaggero – Estratti
Dopo una sconfitta, e per di più inaspettata, dovrebbe andare in scena lo psicodramma, la valle di lacrime, le discussioni e gli scontri dentro la coalizione che ha perso. E invece, stavolta, no. Il Pd e il centrosinistra al posto della burrasca post-elettorale adottano la bonaccia. Tutti zitti e buoni, e guai a litigare, tra dem e stellati, tra dem riformisti contro dem schleiniani, tra tutti contro tutti, perché – come sta cercando di far capire la segretaria del Nazareno ai suoi, che lo sanno benissimo – il voto in Umbria è l’ultima spiaggia. Ed è paradossale, volendo giocare con le immagini, che proprio l’unica regione del centro Italia non bagnata dal mare (e una delle poche della Penisola a non avere un affaccio sul Mediterraneo) diventi un’ultima spiaggia (ma c’è comunque il lago Trasimeno, che ha il suo litorale). (…) «Non possiamo perdere per 1 a 2 questa tornata del voto», cioè vincere solo in Emilia, dicono nell’entourage della leader, dove si è sempre stati convinti del 3 a zero che è già sfumato. (…) Quel che è certo è che Schlein sta dicendo sia a Conte sia a Renzi di smetterla con i «personalismi». La disunione, come si sa, non fa la forza. E in Umbria, Italia Viva fa parte della coalizione – pur non presentando il proprio logo ma con candidati nella lista Civici umbri e poca soddisfazione di Maria Elena Boschi: «In Umbria ci hanno nascosto, speriamo bene» – e «davvero in questa regione non si può fallire», avverte la segretaria del Pd che considera ormai anche lei la piccola Umbria, dove i sondaggi danno un testa a testa tra le due candidate, Tesei e Proietti, simile all’Ohio: fondamentale per decidere le sorti della politica nazionale. Schlein vuole che tutti i big in questi venti giorni si sparpaglino nelle contrade dell’Umbria e guai a tirarsi indietro. La posta in gioco è troppo alta. Dopo di che, il vero problema politico che ha il Pd è quello della mancanza del centro. Che sarà pure una parola estranea al lessico politico-culturale di Elly ma tutti a cominciare da lei nel Pd hanno capito dal voto ligure, e forse lo avrebbero dovuto capire anche da prima, che se i consensi contiani sono pochi c’è la necessità di andarne a prendere altri al centro, sennò vincerà sempre Meloni. Ecco, può non piacere il centro, ma – come dice il sindaco di Milano, Beppe Sala – «ci serve». E a lui piacerebbe tanto essere il leader della «componente pragmatica e liberal» del nuovo centrosinistra, alleata con il Pd in modalità Margherita di ritorno. Pochi scommettono però tra i dem sulle sue capacità politiche e sulla sua attrattività elettorale. Ma se tutti desiderano l’esistenza di un centro che apra il campo largo a consensi moderati – «Sono aree d’opinione che esistono, hanno storie e identità, e pure dei voti: non mi sembra politicamente saggio lasciarle sole alle lusinghe di Forza Italia e simili», fa notare giustamente Deborah Serracchiani – nessuno sa trovare, perché per ora non c’è, il nome giusto che guidi questa area. Richiamare in campo Rutelli? Magari, ma l’ipotesi non esiste. Rivolgersi a Gentiloni e fare di lui il federatore? Paolo non è interessato all’avventura. E allora chi? L’ex renziano Marattin? Macché. Calenda o Renzi, ancora loro? Piacerebbe a entrambi – «Il centro sono io», è la perenne convinzione del leader di Italia Viva non più in modalità terzopolista ma schleineriana – e però non sono elettoralmente molto dotati. C’è chi sogna una donna: Elena Bonetti? Non va bene. E chi allora? Boh. (…)
ALLARME UMBRIA
Concetto Vecchio per repubblica.it – Estratti
La grande paura. Affondare pure in Umbria. E quindi perdere il trittico delle Regioni 2-1, con la sola vittoria in Emilia-Romagna. Nei piani alti del centrosinistra si scruta con crescente inquietudine il cimento del 17 e 18 novembre. (…) Il day after ligure è amarissimo. Che fare? Le macerie ingombrano il campo largo. Per la prima volta Elly Schlein ha dovuto sorbirsi una critica da un membro della segreteria, messa nero su bianco su Facebook dal riformista Alessandro Alfieri: «È stato un errore politico pensare che si dovesse scegliere tra il 6 per cento di Conte e il 2 per cento di Renzi dei sondaggi». Cara Elly, dovevi mediare, tenere insieme tutto. Ecco il messaggio. Invece il no a Renzi, ragiona Alfieri, è stato percepito come uno stop ai centristi. Il sindaco di Milano Beppe Sala ha usato parole analoghe, lamentando l’assenza dei liberal. «Non ci si può appiattire su un Movimento che è sotto al 5 per cento soprattutto al Nord». «Serve un centrosinistra nuovo, capace di vincere», gli ha fatto eco il presidente del partito, Stefano Bonaccini. I renziani, esclusi in Liguria dal diktat di Conte, hanno un diavolo per capello. Enrico Borghi se l’è presa con Goffredo Bettini, il dottor Sottile del contismo. Bettini si augura che il Movimento «chiuda la parte della sua storia ormai esaurita e ne costruisca una nuova». Ma quale? Che ceti rappresentano? Ieri a Montecitorio Elly Schlein ha lasciato di gran corsa gli Stati generali sulla sicurezza sul lavoro per correre a un’iniziativa sui migranti all’ex Mattatoio, a Testaccio. Lunedì sera aveva detto che il Pd aveva «dato il massimo». Primo partito. Trenta per cento sfiorato. Numero da Pci. Ma che farsene se poi gli alleati si azzuffano tra loro? «In Liguria si è pagato lo scontro nel M5S. L’ex Morra ha preso 5mila voti. Hanno pesato», ragiona il vicepresidente dei deputati, Toni Ricciardi, vicino alla segretaria. «Abbiamo l’obbligo di essere testardamente unitari». Sia chiara una cosa. La polemica sul futuro della coalizione rimane dentro toni garbati, perché, come ricorda Bonaccini, «ogni sforzo deve essere speso per vincere le prossime sfide». In Umbria, per fortuna, il campo è larghissimo. Non manca nessuno, dal M5S a Italia viva, seppur senza simbolo. Sette liste, di cui quattro civiche. (…) Walter Verini gira con in tasca tre cifre: 183mila; 187 mila; 9mila. La prima è riferita ai voti presi dal centrosinistra alle Europee. La seconda si riferisce a quelli del centrodestra. La terza sono la dote di Bandecchi. L’ago della bilancia. Marcatelo stretto