VINCE NON SOLO COI VOTI DEI GRANDI ELETTORI DEI SINGOLI STATI MA ANCHE NEL VOTO POPOLARE E CON I SENATORI ELETTI. ORA SI APRE UNA NUOVA FASE FRA INCERTEZZE E INQUIETUDINI. E’ PUR VERO CHE UNA COSA E’ UNA CAMPAGNA ELETTORALE, BEN ALTRA COSA SONO LE RESPONSABILITA’ DI CHI GOVERNA UNA POTENZA MONDIALE COME GLI STATI UNITI. TUTTO RUOTA INTORNO ALLO SLOGAN “PRIMA L’AMERICA” DAL QUALE DISCENDONO I COMPORTAMENTI VERSO L’EUROPA E LE REALTA’ INFLUENZATE DALLA POLITICA E DALLE SCELTE DEL GOVERNO USA. FRA GLI IMPEGNI ASSUNTI DA TRUMP NEL COMIZIO DI RINGRAZIAMENTO QUELLO DI METTERE FINE ALLE GUERRE IN ATTO. UNA BUONA RAGIONE PER AUGURARGLI BUON LAVORO ANCHE A NON CONDIVIDERNE LE IDEE E I COMPORTAMENTI. QUANTO ALLA HARRIS EMERGONO TUTTE LE ARGOMENTAZIONI CHE NE FACEVANO UNA CANDIDATA INADEGUATA AD AFFRONTARE TRUMP. NON SI RISPARMIANO LE CRITICHE AI VERTICI DEI DEMOCRATICI, DA OBAMA A CLINTON, A NANCY PELOSI CHE AVREBBERO DOVUTO IMPORRE A BIDEN LA RINUNCIA MOLTO PRIMA CHE SE NE CONVINCESSE. I NUMERI DICONO CHE LA SCONFITTA NON E’ SOLTANTO DELLA HARRIS PERCHE’ I DEMOCRATICI PERDONO VOTI ANCHE IN QUEGLI STATI CHE TRADIZIONALMENTE HANNO SEMPRE VOTATO PER IL CANDIDATO DEMOCRATICO. INSOMMA LA SCONFITTA HA LA FACCIA DI KAMALA HARRIS MA RIMANDA AI VERTICI DEL PARTITO RESPONSABILI DELLA SCELTA DEL CANDIDATO E DELLA CONDUZIONE DELLA CAMPAGNA ELETTORALE.
DAGOREPORT
La pesantissima batosta incassata da Kamala Harris si può spiegare in molti modi, e sicuramente una delle ragioni più forti è la crescente contrapposizione tra l’elettorato americano delle metropoli e quello delle aree rurali. Lo scontro tra città e provincia, tra élite liberal sempre più assorbita dai diritti civili delle minoranze e classe lavoratrice che si sente abbandonata nella difesa dei suoi diritti dalla sinistra, è ormai una costante in tutte le tornate elettorali. Lo è anche in Italia dove alle ultime regionali in Liguria, ad esempio, il Pd di Orlando ha stravinto a Genova, e il centrodestra con Bucci si è preso tutto il resto. Indubbiamente il ritorno di Trump alla Casa Bianca ha una lunga lista di “colpevoli”, e sono le varie eminenze liberal del Partito democratico americano, a partire da Barack e Michelle Obama, Bill e Hillary Clinton, Nancy Pelosi ecc, che avrebbero dovuto, con largo anticipo, agire per sostituire l’ottuagenario Joe Biden e, via primarie, trovare un nuovo candidato da contrapporre a Trump. D’altronde, lo stato cognitivo e fisico di Biden era noto da tempo. Le sue gaffe, gli inciampi, i momenti di appannamento, sono stati a lungo oggetto di ironie e di meme sui media di tutto il mondo. Con un minimo di lungimiranza e scaltrezza politica, i democratici avrebbero dovuto convincere Biden a un onorevole passo indietro, magari due anni fa, per pianificare delle vere primarie da cui far uscire un candidato legittimato dal consenso popolare e dalla stessa base del partito. E invece, per pigrizia, imperizia o superficialità, i dem si sono crogiolati sulla ricandidatura di Biden, salvo poi accorgersi, a soli tre mesi dal voto del 5 novembre, che il presidente uscente era ormai pronto per il carrello dei bolliti. Quando hanno avuto il coraggio di mandarlo in pensione, per non perdere del tutto la faccia, il tignoso Biden ha avuto buon gioco a imporre agli Obama e ai Clinton il suo vice presidente Kamala-ridens, per non ridicolizzare ancor di più la sua uscita coatta dalla Casa Bianca. E tutti hanno dovuto smemorizzare che Kamala Harris non possiede un grammo di leadership e, in quando donna, non era per nulla gradita al maschilismo delle minoranze afro e latino d’America. Non solo: i capoccioni dem hanno dimenticato che la Harris è stata una delle vicepresidenti con il più basso tasso di gradimento di sempre; che nel 2020 uscì con le ossa rotte dalle primarie dem con solo 844 voti, contro i 912.214 di Pete Buttigieg, i 2.475.130 di Michael Bloomberg, i 2.780.873 di Elizabeth Warren, i 9.680.121 di Bernie Sanders)
Cinque motivi per cui Kamala Harris ha perso
Estratto dell’articolo di Corrado Maria Daclon per https://www.huffingtonpost.it/
[…] ci sono almeno cinque ragioni per le quali Kamala Harris ha perso. Ragioni che erano tutte ben note e chiarissime sin dall’inizio della campagna elettorale e non sono certo una sorpresa per chi si informa sui media internazionali. La prima ragione è la stessa Kamala Harris. Semplicemente non era una candidata all’altezza. Manca di sicurezza e preparazione, e visibilmente non è in grado di rispondere a interviste con domande non verificate e non conosciute prima. […] La sua insicurezza era apparsa in modo a dir poco imbarazzante durante le primarie dem del 2020, dove è stata umiliata dai votanti che l’hanno eliminata prima ancora che le primarie iniziassero. Come si può solo pensare che una candidata che nel 2020 è uscita dalle primarie dem con 844 voti, contro per esempio i 912.214 di Pete Buttigieg, i 2.475.130 di Michael Bloomberg, i 2.780.873 di Elizabeth Warren, i 9.680.121 di Bernie Sanders, possa correre ora per presidente degli Stati Uniti? La seconda ragione sono i record negativi dell’amministrazione Biden-Harris. Un peso che ha zavorrato la campagna elettorale. Harris ha peggiorato notevolmente questo problema durante un’intervista alla rete ABC. La conduttrice Sunny Hostin le ha chiesto: “Avrebbe fatto qualcosa di diverso dal presidente Biden negli ultimi quattro anni?”. La risposta è apparsa molto nervosa: “Non mi viene in mente niente, niente”. Non sorprende che il team di Trump abbia riprodotto quella risposta in loop sui social […]- Terza ragione. Lo stesso problema che ha posto fine alla campagna presidenziale del governatore della Florida Ron DeSantis: è una strada in salita candidarsi contro un “culto della personalità”, che è ciò che Trump ha dalla sua. Che piaccia o meno, che lo si ammetta o no, Trump ha quell’inafferrabile fattore in più. Questo ha fatto rinunciare in partenza avvedute e qualificate personalità che avrebbero un grande potenziale di vittoria, oltre alla preparazione per svolgere un ottimo mandato come presidente, quale per esempio Michelle Obama. Questo gli ha fatto vincere la presidenza nel 2016, lo ha visto arrivare a un soffio dalla vittoria nel 2020 quando stabiliva il primato del maggior numero di voti popolari di sempre per un presidente americano in carica, lo ha visto vincere molto nettamente nel 2024. Quarta ragione. La vecchia domanda che faceva Ronald Reagan: “Stai meglio ora rispetto a quattro anni fa?”. Milioni di elettori dem non solo credono di stare peggio di quattro anni fa, ma pensano che loro e le loro famiglie siano stati danneggiati dalle politiche della Casa Bianca. […] Quinta ragione. Kamala Harris e il partito in generale hanno virato troppo a sinistra per compiacere l’ala radicale, facendo di lei la candidata presidenziale più di sinistra della storia moderna. Biden era riuscito a trovare il coraggio e la forza di opporsi all’ala di estrema sinistra molto rumorosa e molto attiva del partito, ma le sue condizioni fisiche e mentali hanno determinato la rinuncia forzata alla ricandidatura. […]