A SENTIRE LORO, MELONI, TAJANI E SALVINI, C’E’ ARMONIA E CONDIVISIONE NELLA MAGGIORANZA DI GOVERNO

BATOSTE ELETTORALI A PARTE E L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA FATTA FUORI DALLA CORTE COSTITUZIONALE NEL SILENZIO COMPIACIUTO DI FDI E FORZA ITALIA. MERCOLDÌ 27 A STRASBURGO SI VOTA IL VON DER LEYEN BIS DOPO L’ACCORDO RAGGIUNTO SUI VICE-PRESIDENTI ESECUTIVI FRA CUI IL GIA’ DEMOCRISTIANO E OGGI FRATELLO D’ITALIA RAFFAELE FITTO. LA MELONI DEVE RINGRAZIARE E NON PUO’ FARE MANCARE ALLA VON DER LEYEN I VOTI CONSERVATORI DEI FRATELLI D’ITALIA EUROPEI. DA QUI LA SVOLTA A DESTRA CHE SNATURA LA MAGGIORANZA DI POPOLARI, SOCIALISTI E LIBERALI CHE HA ELETTO LA VON DER LEYEN A LUGLIO. COSI’ TAJANI E MELONI IN MAGGIORANZA E SALVINI CON LA LEGA FUORI. MA, ASSICURA SALVINI, NESSUNA CONSEGUENZA PER IL GOVERNO IN ITALIA. QUANDO SI DICE L’ARMONIA E LA CONDIVISIONE.

IL GOVERNO EUROPEO SI SPOSTA A DESTRA

Estratto dell’articolo di Stefano Folli per “la Repubblica”

https://www.repubblica.it/commenti/2024/11/22/news/commissione_ue_destra_fitto_von_der_leyen-423682106/

Non si può dire che la Commissione Von der Leyen nasca sotto buoni auspici. È fragile, incrinata da una frattura a malapena ricomposta tra Popolari, da un lato, e Socialisti e Liberali, dall’altro. E ci sono pochi dubbi che l’asse politico si sia curvato verso destra. La nomina di Fitto […] è un successo per l’Italia di Giorgia Meloni e non solo, ma è destinata a lasciare qualche traccia nei nostri equilibri interni […]. In ogni caso, all’origine della convergenza del Pd, che ha condiviso la nomina con la destra, c’è quello che possiamo definire il “partito delle istituzioni”. È stato il presidente della Repubblica a esercitare una discreta ma sensibile pressione a favore di Raffaele Fitto,  […]  […] Giorgia Meloni non è mai stata così vicina al confine di tale maggioranza, a conclusione di un percorso politico volto a ritagliare uno spazio a Fratelli d’Italia (e a una parte dei Conservatori europei) accanto all’ala destra dei Popolari. Il “partito delle istituzioni” non è interessato a questa evoluzione della premier, ma ha sostenuto la soluzione Fitto per la buona ragione che non sarebbe logico, anzi sarebbe un atto di autolesionismo, privare l’Italia di una posizione di rilievo nella Commissione, conforme al tradizionale status del nostro Paese in Europa. Dunque Mattarella si è esposto. Prima e dopo di lui hanno fatto lo stesso alcune figure di rilievo (“consolari” si sarebbe detto un tempo) […]. Ecco allora gli interventi di Mario Monti e Romano Prodi. […] Il “partito delle istituzioni” appunto. E in sintonia con loro alcuni rappresentanti della politica: da Pier Ferdinando Casini a Matteo Renzi e pochi altri. Il Pd di Elly Schlein non poteva non condividere il richiamo al realismo, nel momento in cui giungeva dal Quirinale. […] Il prezzo pagato è un’ulteriore frattura con i 5S di Conte, quasi alla vigilia della costituente che dovrà archiviare la stagione di Grillo e dar vita a un nuovo partito. […]  […] Abbiamo così una doppia simmetria. Da una parte Conte e Salvini, i due antichi sodali nel governo giallo-verde, entrambi contrari all’intesa Von der Leyen-Fitto-Ribera (la spagnola che è stata l’altro motivo del contendere). Dall’altra parte Meloni, Tajani e, non senza sofferenza e distinguo, il Pd.

COSÌ CAMBIA LA MAGGIORANZA URSULA CI SARÀ FDI, DIVISI POPOLARI E SOCIALISTI

Estratto dell’articolo di Claudio Tito per “la Repubblica”

https://www.repubblica.it/politica/2024/11/22/news/maggioranza_ursula_cerca_voti_ue-423681184/

«Qualche voto Ursula ora se lo deve conquistare». Mercoledì sera […] il capogruppo del Ppe al Parlamento europeo, il tedesco Manfred Weber, con alcuni eurodeputati del suo gruppo – tra cui alcuni italiani – lasciava cadere questa esortazione. «Qualche voto se lo deve conquistare». Il riferimento era alla “fiducia” che l’“Ursula bis” chiederà mercoledì prossimo nel corso dell’assemblea plenaria di Strasburgo. Perché lo scontro di questi giorni su Raffaele Fitto e Teresa Ribera ha lasciato sul terreno più di un detrito, diversi malumori e molte intenzioni di non confermare il voto positivo. La maggioranza di von der Leyen, sebbene potenzialmente ampia, rischia dunque di essere adesso sul filo del rasoio. E i più malmostosi si trovano proprio nel campo socialista di S&D. Consapevoli che il loro ruolo in questa legislatura sarà secondario e che i Popolari lasceranno comunque attivo il “doppio forno” con le destre. Facendo un po’ di conto, allora, si vede che la coalizione Ppe-S&D-Renew conta su 401 potenziali sostenitori e la maggioranza è fissata a quota 361. I Popolari sono 188, i socialisti 136 e i liberali 77. Dentro questo schieramento si notano, appunto, già molte defezioni. I socialisti francesi (tredici deputati) hanno già annunciato che non voteranno a favore di Ursula. Per loro, la presenza di Fitto è un ostacolo, e lo scontro domestico con Marine Le Pen ha un peso decisivo […]. Nell’assemblea di gruppo di mercoledì scorso anche i tedeschi (quattordici parlamentari) hanno riservatamente fatto sapere che non possono appoggiare von der Leyen. Pure in questo caso le vicende interne e la campagna elettorale già avviata in Germania sono determinanti.  Con loro hanno comunicato seri dubbi anche le delegazioni belga (4 membri) e olandese (4). Persino nel Pd emergono contrarietà come quella dell’ex direttore di Avvenire, Marco Tarquinio. A questi potrebbero aggiungersi altri “oppositori” isolati. La conta porta allora a prevedere una quarantina di potenziali “no”. Anche tra i Popolari stanno emergendo dei distinguo. In particolare tutti sono convinti che i 22 rappresentanti spagnoli, per niente soddisfatti del via libera alla loro connazionale socialista Teresa Ribera, non accenderanno il disco verde. […] Infine, nonostante il pressing del presidente francese Emmanuel Macron, pure dentro Renew sono attese una decina di defezioni. I franchi tiratori quindi vengono calcolati tra 70 e 80. I 401 di partenza, allora, potrebbero scendere intorno a 330. Il gruppo Verde (53), contrariamente a quanto accaduto a luglio scorso, stavolta non verrà in soccorso. Le destre dei Patrioti (solo da Orbán potrebbe esserci un colpo di scena sebbene sia irritato per la riduzione delle deleghe al suo commissario Varhelyi) e dei neonazisti di Afd non sono interessate a cambiare linea. Però ci sarà di certo una parte dei Conservatori dell’Ecr. I 24 di Fratelli d’Italia e altri sostenitori di varie nazionalità. Gli esponenti di Fdi ne calcolano più di quaranta. In questo caso Ursula si ritroverebbe a superare quota 370. Quindi con una maggioranza certa, ma con il contributo determinante di Ecr. Si tratta però di un margine molto ristretto che espone la Commissione a più di un rischio. Va detto che il voto sarà a scrutinio palese e richiede una maggioranza semplice, ossia la maggioranza dei votanti e non degli aventi diritto. L’eventuale non partecipazione al voto, dunque, avrà solo l’effetto di abbassare il quorum. E molti potrebbero scegliere questa soluzione per esprimere la loro protesta senza eccessive conseguenze. Resta il fatto che von der Leyen non vuole correre questo rischio e sta cercando di raggiungere una quota non inferiore a quella conquistata a luglio scorso. Da ieri, allora, l’inquilina di Palazzo Berlaymont si è messa al telefono per contattare tutti i perplessi. E ha cominciato dai Verdi. Ribadendo la promessa già fatta in estate: nessun passo indietro sul Green Deal. […] Basterà? Il pallottoliere di Ursula attende nuove adesioni. Partire azzoppata non sarebbe certo un buon viatico per l’”Ursula bis”.