Imperversano sulla stampa locale e sulle testate on line dichiarazioni a ruota libera sul voto referendario che, comunque la si pensi, segna il prevalere dei “NO” e bisogna stare ai numeri.Di fatto gli aggettivi che girano a commento della vittoria dei NO riflettono una autosuggestione che confligge con i numeri.Non si tratta di sminuire la vittoria dei NO ma di dare giusto peso al voto espresso. Un referendum cui ha partecipato il 26% dei cittadini è un referendum anomalo poiché non esprime la volontà del corpo elettorale se non in dimensione oltremodo minoritaria.Su quali numeri poggiano valutazioni come “ voto plebiscitario”, “vittoria schiacciante”, “fusione affondata”, “bruciante sconfitta”?
Perchè dilatare oltre il necessario il significato e l’ampiezza del voto? Cosi’ come è stato programmato e strutturato il referendum, senza quorum, legittima il risultato ottenuto, Anche se avesse votato il 10% dell’elettorato sarebbe stato valido.Il punto è in che misura il 26% che ha partecipato al voto esprime la volontà delle comunità coinvolte. Si è detto e scritto che ,così come formulato e organizzato, il referendum era una imposizione dall’alto perché non teneva conto della volontà dei cittadini in quanto “consultivo”. Era una osservazione pertinente perché non vincolava il consiglio regionale e l’iter legislativo.Invece, a quanto è dato sapere,si è bloccato tutto.Il voto ha comunque un valore politico che non può essere ignorato.Stabilito dunque che ha vinto il “NO” ,quelle due percentuali di partecipazione al voto vanno analizzate e spiegate e non per mettere in discussione la “vittoria” del NO.Il 26% di partecipazione al voto e, specularmente, il 74% di astensionismo dicono che 3 elettori su 4 non hanno partecipato,non si sono riconosciuti nel referendum per come e’ stato proposto e per come è stato gestito.Si è trattato di uno scontro politico su interessi politici, da una parte e dall’altra. Le tre comunità non hanno avuto modo di partecipare e di essere informate, sui marciapiedi, davanti ai centri commerciali, davanti agli ingressi degli uffici, nelle cassette postali, sotto i tergicristalli delle auto.Rigorosamente al chiuso con una platea prevalentemente già orientata. Una campgna referendaria gestita dalle èlites con una predilezione per i “salotti” secondo il segretario provinciale del PD . Bisogna stare ai numeri e dare una risposta perché il 74% è rimasto a casa visto che non è la percentuale fisiologica e consolidata dell’astensionimo delle campagne elettorali amministrative,regionali,nazionali ed europee.Se si considera che a Cosenza, centrodestra e centrosinistra uniti per il SI hanno portato alle urne , insieme,soltanto il 19% dei loro rispettivi elettorati,ci si rende conto che piu’del SI esce sconfitta la politica con i suoi rappresentanti sul campo.E’ questo il dato che non si vuole considerare. I cittadini non sono stati adeguatamente informati ma sono stati chiamati ad un scontro tutto politico per il quale non avevano alcun interesse. I comitati del NO sono stati più motivati, ci hanno messo faccia e passione ed hanno di che compiacersi, ma il referendum e la volontà popolare hanno un’altra dimensione che non può essere ridotta al 26%.