“CAMERATA LA RUSSA…LEI NON PUO’ INTERROMPERE…”

Molti sostengono che la performance di Matteo Renzi al Senato, nel corso delle dichiarazioni di voto sulla legge finanziaria, era stata preparata “a tavolino” in previsione della diretta televisiva ampiamente annunciata. Ora su Matteo Renzi si può dire tutto quello che si vuole e può valere per lui il detto che “non sarebbe prudente comprare da lui una macchina usata” che, traslato in politica, significherebbe non dare per scontato che ciò che dice è quello che pensa. Eppure bisogna riconoscere che in quella palude della rappresentanza politica parlamentare della Seconda Repubblica è uno dei pochi che dà alla lotta politica il suo significato più sanguigno. Figlio della stessa terra di Machiavelli, concepisce la battaglia politica come lettura del pensiero altrui attraverso i comportamenti, le scelte e persino il linguaggio del corpo. La sua specificità è la mobilità di posizioni nelle alleanze, che con lui debbono sempre ritenersi provvisorie e limitate all’obiettivo che è nella sua convenienza. Ma è il più pronto, il più capace e il più creativo nella elaborazione degli scenari che le dinamiche politiche suggeriscono. Italia Viva, il partito di cui è leader, viene dato nei sondaggi al 2 per cento ma la irrilevanza che implicano i numeri non gli impedisce di essere l’oppositore più temuto da Giorgia Meloni. E così è stato nel dibattito sulla legge finanziaria. L’intervento di Matteo Renzi ha di fatto oscurato gli altri interventi dell’opposizione ed è stato amplificato dai media e sui social oltre ogni ottimistica previsione. Sistemata la Meloni “scappata in Lapponia” per sottrarsi al dibattito parlamentare, ha puntato con determinazione sul presidente del Senato, seconda carica dello Stato, infilzato con un “camerata La Russa” che non lasciava scampo. II pretesto, costruito ad arte o meno, che ha fatto partire l’attacco è stato un rilevato brusio o parlottio nei banchi dei senatori che Renzi segnalava a La Russa come disturbo alla sua esposizione. La Russa improvvidamente, mentre Renzi riprendeva a parlare, lo interrompeva per affermare che nell’aula non c’era alcun elemento di turbativa al suo intervento e qui è partito il colpo ferale che ha colto di sorpresa la seconda carica dello Stato, notoriamente avvezzo a dichiarare che busti e statuette di Mussolini li tiene in casa: “Camerata La Russa… lei non mi può interrompere mentre c’è la diretta televisiva…”. Quel “camerata” si abbatteva sulla presidenza del Senato come una bomba inesplosa e La Russa cadeva nella trappola di battibeccare con Renzi “in diretta televisiva”. Il discendente di Machiavelli aveva colpito sotto la cintura e la seconda carica dello Stato aveva dovuto abbozzare. Non poteva contestare l’appellativo di “camerata” perché avrebbe dovuto considerarlo un oltraggio e non poteva impedire a Renzi di completare il suo intervento perché era un suo diritto. Successivamente ha cercato di spiegare che aveva capito la provocazione di Renzi e non ha inteso reagire. L’episodio in sé non ha effetti politici di rilievo appartenendo più al folklore del dibattito parlamentare che al merito della legge di bilancio approvata con il voto di fiducia, ma la riuscita performance di Renzi è anche un ulteriore segnale alla Meloni che, per quello che può valere il 2 per cento di Italia Viva, il suo governo è nel mirino. Si dirà che Renzi ce l’ha con la Meloni e la sorella per quella legge ad personam che tassa al 100% i compensi dei parlamentari per conferenze e consulenze tenute in altri Paesi e può anche darsi che sia così. Ma quel rivolgersi al “camerata la Russa” è un colpo di teatro degno dei grandi della Prima Repubblica.