Barbara Visentin per il “Corriere della Sera” – Estratti
I fan che l’hanno «sempre capito perfettamente». Il resto del mondo che, invece, agli esordi l’ha molto frainteso. I social, le fake news, i populismi e la politica. Ma, prima di tutto, i concerti «che sono un rito laico importantissimo», tanto che «dovrebbe passarli la mutua», e le canzoni «che sono state la mia psicoanalisi». Frustrazioni Vasco quando parla non si tira indietro su nulla. Generoso con il suo pubblico, che altrettanto generosamente e fragorosamente lo adora, ieri si è raccontato a 360 gradi al giornalista e critico musicale Andrea Laffranchi, in un incontro, organizzato da ViviMilano, che l’ha portato al Corriere della Sera per celebrare il suo lungo legame con Milano. Non è mancato neanche uno scambio di battute con il presidente e amministratore delegato di Rcs MediaGroup e editore di La7 Urbano Cairo, seduto in prima fila: «Io guardo sempre La7, e per fortuna che c’è La7», gli ha detto Vasco. «Le sue canzoni le ho adorate anche io, è la nostra rockstar number one», ha risposto Cairo. (…) Dovrei andare dallo psicoanalista, ma le canzoni sono state la mia psicoanalisi. Raccontare le cose che avevo dentro senza vergognarmene era fondamentale. Ho scritto cose che non avrei detto a un amico, ma l’artista deve fare quello, essere onesto». Frainteso Un’onestà che, almeno agli inizi, non è stata sempre bene accolta: «Sono partito frainteso, facevo ironia e venivo preso sul serio, ma i fan hanno sempre capito tutto perfettamente». La sua canzone più fraintesa, ha continuato, è stata «Vita spericolata»: «È stata la più male interpretata perché in realtà dico che voglio stravivere, non che voglio morire, non è che mi voglio fare delle pere». Da lì Blasco, definendosi «un provocatore», passa in rassegna senza timori il suo rapporto con gli stupefacenti: «Non ho mai usato l’eroina, l’ho sempre detto. Conoscevo il pericolo. Le sostanze che ho usato le ho prese per fare di più quel che volevo fare, cioè scrivere canzoni e stare sveglio. Negli anni 80 con le anfetamine ho preso il volo, ma ero sempre cosciente. Ho sempre usato le sostanze e non mi sono mai fatto usare da loro». Bollicine Di quel periodo Vasco cita anche «Bollicine»: «Ero stato preso a capro espiatorio di tutti i problemi degli anni 80, ma non si può dire che tutta la droga è uguale. Mettere tutte le sostanze nello stesso calderone è da criminali». Da «Gli spari sopra» che «dedico a tutti i farabutti che governano questo mondo» a «Jenny è pazza» che sarà la chicca del tour di quest’anno, Vasco spiega che ha costruito una «social setlist»: «Significa sociale, non legata ai social. Farò una scaletta strong, che parli del momento drammatico che viviamo. Se a 20 anni mi avessero detto che saremmo arrivati a un mondo come questo, non ci avrei creduto, stiamo tornando indietro, è la situazione più distopica che si potesse creare». L’attualità A preoccuparlo sono tanti fronti dell’attualità: «Dappertutto vedo il trionfo di questo populismo, di questo raccontare balle continuamente, dove contano solo le fake news. Ci stanno rimbambendo e già prima lo eravamo un bel po’, ma adesso con i social la gente si è incattivita. La pandemia ha fatto esplodere questo delirio totale collettivo e io sono allibito». La cattiveria social l’ha sperimentata anche lui, ultimo episodio di recente, quando ha commemorato il Giorno della memoria: «Lo si ricorda perché si spera che non succeda più, mio padre è quasi morto in un campo di concentramento e io sento molto questa cosa qui, neanche riesco a guardare i film sui campi di concentramento — ha detto —. Adesso sta accadendo un’altra cosa vergognosa, Netanyahu è un capo di governo criminale, non lo è tutta la popolazione, ma lui sta facendo cose non accettabili dal punto di vista umano. Ma al tempo stesso, non puoi dirmi che non posso ricordare l’Olocausto, perché non c’entra nulla». La guerra «andrebbe bandita dall’umanità», incalza Vasco: «Il delirio completo che sta succedendo in Palestina non è accettabile, ma secondo me la guerra dovrebbe diventare un tabù. Quando uno dichiara guerra, andrebbe messo subito in manicomio». Le crisi E se il rocker arriva a temere che «le democrazie comincino a essere un po’ in crisi», se si dice preoccupato anche dall’Intelligenza Artificiale perché «credo che l’homo sapiens non abbia l’equilibrio necessario per gestire certe cose», alla nostra premier, invece, durante i suoi show intende dedicare «Asilo Republic»: «L’ho scritta 40 anni fa, ma oggi è molto attuale. Adesso è il momento di Giorgia che dice che ci vuole più ordine e disciplina, quindi la cito dal palco — anticipa Vasco —. La canzone era un’allegoria degli anni 70, ma contiene concetti calzanti adesso che c’è questa direzione verso un certo tipo di autoritarismo e le libertà vengono derise. Il problema è questa derisione continua, tipica di quella che c’era negli Anni 20. Io vedo delle somiglianze notevoli».